Quale ruolo assegnare al caso nella Storia? Una domanda semplice per una risposta che riguarda il ruolo avuto dai personaggi di gran nome nelle vicende storiche di ogni tempo, e che dunque non può esaurirsi nei modi superficiali e sbrigativi in cui spesso oggi si risponde come se ogni questione fosse riducibile a qualsiasi altra.
L’intervento della casualità nell’ordine apparentemente immutabile delle cose non concerne solo il ruolo dei grandi personaggi, ma anche gli eventi che si compiono prescindendo dal ruolo e dalla volontà espressa dei singoli agenti.
La peste alla metà del Trecento, per esempio, fu un evento casuale che ebbe non poco impatto nell’accelerare la transizione da una formazione economico-sociale all’altra. Fenomeni storici quali la lotta per l’indipendenza americana o la rivoluzione francese del 1789, poi quella industriale, quindi la prima guerra mondiale (che almeno nel suo presupposto événementielle fu del tutto casuale), poggiano su dei presupposti oggettivi di lungo periodo o su fatti possibili ma inattesi.
Il caso regna sovrano nel suo esplicarsi, anche se da solo non può rendere ragione del processo storico per intero, né sulla base del caso si può ricorrere a spiegazioni artificiose, introducendo cause fittizie. Del rapporto dialettico tra caso e necessità se ne occupò a fondo soprattutto Hegel, e incidentalmente Marx, che sul tema lasciò campo libero a Engels (in particolare in Dialettica della natura).
Sul piano dei processi naturali la casualità è la causa prima della evoluzione del cosmo, e quando il caso connesso ai singoli elementi materiali si produce inizialmente come big bang, come inizio (chissà, forse come un sempre rinnovato inizio), esso genera casuali complessi che comportano la necessità dei processi naturali, che la scienza può rappresentare mediante leggi. La necessità immediatamente si fissa e diventa la base dello sviluppo di un processo universale, continuo e senza sosta.
Non di caso o di necessità assoluti si tratta, ma di caso e necessità relativi al movimento della materia, in tutte le direzioni, da cui tutto origina e dipende. La conoscenza delle diverse forme di movimento della materia è tutto ciò che possiamo sperare di ottenere, ed è più che sufficiente per riflettere la natura nella nostra coscienza.
Sul piano storico sociale opera la stessa dinamica caso-necessità, ma anche qui non si tratta di casualità e di necessità assoluti, indipendenti e che sussistono in sé (Aristotele sostituì la causa al caso, trasformando la necessità relativa dipendente dal caso in una necessità assoluta, divenendo di per sé sufficiente nell’effetto e nella causa, mentre il caso diviene in tal modo una nullità senza importanza).
È illuminante, perché lo spiega bene, quanto scriveva Marx il 17 aprile 1871 a Ludwig Kugelmann in seguito alla sconfitta della Comune di Parigi:
«Sarebbe del resto assai comodo fare la storia universale, se si accettasse battaglia solo alla condizione di un esito infallibilmente favorevole. D’altra parte, questa storia sarebbe di natura assai mistica se le “casualità” non vi avessero parte alcuna. Queste casualità rientrano naturalmente esse stesse nel corso generale dell’evoluzione e vengono a loro volta compensate da altre. Ma l’accelerazione e il rallentamento dipendono molto da queste “casualità” tra cui figura anche il “caso” del carattere delle persone che si trovano da principio alla testa del movimento» (MEOC, XLIV).
I singoli avvenimenti della storia sono soltanto realtà contingenti, o possibilità realizzate fra tante sfumate, perché alla loro realizzazione contribuisce il caso, nelle sue molteplici e imprevedibili manifestazioni. È però solo osservando il complesso degli eventi nel lungo periodo, che si può comprendere la differenza che passa tra la necessità della tendenza complessiva e la casualità dei singoli “zig zag” della storia, come li chiamava Engels, che stanno a simboleggiare risultati contingenti e casuali.
Sarà dunque ancora il caso a regalarci delle sorprese inattese, nel novero del possibile ovviamente. Sarà ancora una volta la necessità della tendenza complessiva a spingerci in una direzione o in un’altra, come già aveva ben compreso un giovane Marx non ancora comunista ma che sapeva vedere lontano:
« ... ciò che conta non è che cosa questo o quel proletario, o anche tutto il proletariato si rappresenta temporaneamente come fine. Ciò che conta è che cosa esso è e che cosa esso sarà costretto a fare in conformità a questo suo essere. Il suo fine e la sua azione storica sono indicati in modo chiaro, in modo irrevocabile, nella situazione della sua vita e in tutta l’organizzazione della società civile moderna» (La sacra famiglia, 1844, in MEOC, IV).
Per chi fosse interessato al tema e non temesse di affaticarsi, in questo post recente la questione è spiegata un poco più in dettaglio partendo a pretesto un’intervista di Ilaria Capua.
Molto interessante, grazie, e con il dettaglio di Ilaria Capua, sei riuscita a fare ordine nei miei pensieri.
RispondiEliminaA seguito di questi cosa saranno costretti a fare oggi?
https://english.almayadeen.net/news/politics/donetsk-lugansk-declare-general-military-mobilization
bonste
(spesso google mi restituisce un errore quando mi autentico nel tuo sito)
Ad Hong Kong lo descrivono così:
RispondiEliminahttps://www.dimsumdaily.hk/luhansk-peoples-republic-and-donetsk-peoples-republic-ready-for-full-scale-offensive-as-tension-in-ukraine-intensifies/
Credo che Biden fosse a conoscenza dell'esatta ora e giorno dell'offensiva contro Donetsk e Louhansk.
bonste
filosoficamente a Roma si dice: a chi tocca nun se 'ngrugna.
RispondiEliminaA proposito del ruolo del caso, Jacques Monod, l'autore di "Le Hasard et la Nécessité", racconta un suo caso personale, che non ha nulla a che fare con l'argomento del libro. Nel 1936 venne invitato a una spedizione scientifica nel mare Artico a bordo della nave Pourquois-Pas?. Poco prima della partenza cambio idea e se ne andò in California. La nave affondò in una tempesta vicino all'Islanda e ci fu un unico superstite.
RispondiEliminaMonod s'imbarcò nel 1934 sulla Pourquoi-Pas IV?. Visitò l’Islanda e la Groenlandia.
EliminaNel 1935, Charcot, sempre al comando della nave compì un'altra missione (Monod non c'era) affrontando un vero ciclone che devastò le coste islandesi ma la nave riuscì a rifugiarsi in un porticciolo.
Nel 1936, dunque ben due anni dopo l'esperienza di Monod, la nave in una nuova missione affondò al largo della costa islandese.