Leggo nell’articolo di Jacopo Giliberto: “Un’accelerazione potente per dare una riserva di energia all’Italia, alle famiglie e alle imprese prima della crisi annunciata e prima dei blackout bellici”. Un’accelerazione potente: da chi diavolo e quando si parte? Spiega Gilberto: “Il progetto del Governo per raddoppiare da 3,34 miliardi di metri cubi ad almeno 7 miliardi di metri cubi l’estrazione di metano dai giacimenti nazionali — da assegnare a prezzo convenzionato tramite gare — potrebbe chiedere 2 miliardi di investimenti dopo anni di blocco a causa della moratoria no-triv”.
Non voglio entrare nel merito economico, vale a dire sui 2 miliardi di investimenti, che poi in corso d’opera sappiamo diventare anche molti di più, come solito. Mi limito a delle considerazioni di buon senso. Scrive Gilberto precisando:
«Il Governo (a partire da Mario Draghi in prima persona, insieme con Daniele Franco all’Economia, Giancarlo Giorgetti allo Sviluppo economico e Roberto Cingolani alla Transizione ecologica) vuole raddoppiare l’estrazione di gas ad almeno 7 miliardi di metri cubi l’anno per ridurre le bollette del metano, come è ovvio, ma anche dell’elettricità, prodotta soprattutto bruciando metano».
Va da sé che ogni goccia d’acqua serve a riempire un vaso. La domanda è: vale la pena andare a prendere questa goccia d’acqua aggiuntiva nelle profondità della terra e del mare? Fuori di metafora, vale la pena trivellare cercando di estrarre fino all’ultimo metro cubo di gas con enorme impiego di risorse per ottenere risultati assai modesti e soprattutto molto limitati nel tempo?
Scrivevo l’altro ieri: le riserve certe di gas naturale rappresentano, tra terra (55,4% del totale) e mare, circa 43-45 miliardi di Sm3 (arrotondiamo pure in metri cubi normali). Le riserve probabili rappresentano altri 40-45 miliardi, mentre quelle possibili meno di 20 miliardi.
Secondo i dati ufficiali del Ministero della transizione ecologica. Altre fonti indicano le riserve totali accertate in Italia tra i 70 e i 90 miliardi di metri cubi, senza distinguere tra riserve certe, probabili e possibili.
Gilberto scrive: «10-12 miliardi di metri cubi sotto il fondale del Canale di Sicilia, dove sono già in corso gli investimenti dell’Eni per 700 milioni, ma potrebbe essere il caso — ma servirà molto più tempo e un dibattito dai toni che si annunciano feroci — l’Alto Adriatico tra Veneto e Istria (30-40 miliardi di metri cubi)».
Poi sottolinea che tale attività di estrazione “potrebbe impiegare troppo tempo, non prima di 10 mesi per riaprire i polmoni dei giacimenti più sfiatati”. Un ottimismo troppo alacre. Più realisticamente: 2-3 anni, per cominciare. Infatti, questo volume di gas non verrebbe estratto tutto d’un colpo, ma bene che vada in 10-15 anni circa, con una produzione media annuale tra i 5 e i 7 miliardi di metri cubi.
Secondo i dati ufficiali forniti dal MiSE-DGSAIE, nel 2021 il nostro paese ha consumato 76,1 miliardi di metri cubi di gas naturale, 5,1 in più del 2020.
Per quanto ne sappiamo, non siamo un paese particolarmente dotato di fonti tradizionali di energia, facciamocene una ragione. Dobbiamo importarla in gran parte, per poi trasformarla in merci. Chiaro che più costa l’energia e tanto minore è la competitività.
Abbiamo migliaia di chilometri di coste, eppure la burocrazia ostacola in ogni modo iparchi eolici offshore. Il nuovo parco eolico in Olanda è il più grande al mondo, si chiama Fryslan, si trova a circa 6 chilometri dalla costa e conta 89 pale, ognuna delle quali è dotata di turbine da 4,3 MWh. Può produrre circa 1,2 TWh di elettricità all’anno, una quantità pari all’1,2% del fabbisogno energetico totale dei Paesi Bassi ovvero una quantità di elettricità sufficiente alle necessità di circa 500.000 famiglie (e lì fa freddo 8 mesi l’anno).
I parchi eolici offshore non sono la soluzione, su questo siamo d’accordo, ma ancor meno vale la pena puntare su giacimenti di gas casalinghi che se va bene potranno sopperire in quota minima (4-5%) rispetto al gas importato e al massimo per due-tre lustri. Tale quota può essere sostituita con fonti alternative, quali appunto l’eolico, che anche economicamente sta diventando sempre più concorrenziale.
Proprio oggi il Parlamento europeo ha votato un rapporto in cui, tra l’altro, si legge: «l’Unione europea è leader tecnologico nel settore delle rinnovabili offshore e può aspettarsi notevoli ritorni economici sostenendo la crescita della produzione di energia pulita». Inoltre, le risorse del Next Generation Eu «rappresentano un’opportunità unica per muovere capitali, da sommare agli investimenti privati».
In realtà tra pochi mesi entrerà in funzione il primo parco eolico offshore nelle acque del porto di Taranto. 10 turbine da 3 megawatt l'una per 30 megawatt complessivi.
RispondiEliminaPoi, ci sono una marea di progetti eolici galleggianti (cioè senza fondazioni fisse e quindi meno impattante) presentati, compreso nell'adriatico proprio dove vogliono bucare il mare per il gas che non c è. Morale della favola: le trivelle si, l'eolico no!
Nel mio post che qui ho linkato dico proprio questo, citando Taranto. Grazie
Eliminahttps://zeroemission.eu/norvegia-addio-a-gas-e-petrolio-il-futuro-e-delleolico-offshore/
RispondiEliminaUn paese privo di fonti di energia che però ha mandato al macero gli impianti idroelettrici costruiti agli inizi del '900. Inoltre è fresca di giornata la Regione siciliana, struttura mafiosa per eccellenza si oppone al campo eolico previsto oltre le isole Eoliche. Mah!
RispondiEliminaIl Vajont è stato utilizzato come arma di distruzione di massa per l'idroelettrico italiano, industria compresa e ovviamente non è nemmeno considerato per il futuro. Fermo restando che le grandi dighe sono un casino, il piccolo / medio sarebbe un fattore molto importante, anche per la regimazione delle acque, ma il verduramen non ci sente. I norvegesi possono fare i bulletti soltanto perché hanno l'idroelettrico che lo permette. Serve un mix energetico ben calibrato, possibilmente senza mega impianti nucleari e con poco idrogeno (che è un aggeggio un po' nervosetto).
EliminaMorvan.
Nucleare. Nucleare. Nucleare.
RispondiEliminaAh, dimenticavo: nucleare.
https://officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/gas-italiano-linutile-piano-di-cingolani-da-il-manifesto/
RispondiElimina'vale la pena trivellare ...'
RispondiEliminaNaturalmente per il trivellatore vale sempre la pena trivellare, soprattutto con aiuti e sgravi da parte dello stato.
Pere non ci siano finanziamenti statali
EliminaC'è una cosa che non riesco a capire, siamo essenzialmente un paese da molti anni senza crescita demografica, da molti anni numerose grandi aziende e fabbriche hanno spostato all'estero le loro produzioni, abbiamo convertito totalmente l'illuminazione pubblica e privata, (la vecchia lampadina da 60 watt ora ne consuma 2 o 3), attraverso gli infiniti incentivi, stiamo lentamente costruendo e ristrutturando edifici a risparmio energetico, abbiamo in pochi anni quadruplicato il numero dei lavoratori seduti davanti ai terminali e senza stufetta ai piedi.
RispondiEliminaForse colpa del riscaldamento globale, abbiamo ora e solo adesso, bisogno di accendere condizionatori, incondizionatamente?
Ma si, forse abbiamo proprio bisogno del nucleare, in un paese dove si sotterrano i rifiuti tossici sotto le proprie colture, in un paese che riesce a sfruttare il proprio territorio fino all'osso per poi abbandonarlo putrescente alle nuove generazioni, il nucleare farebbe proprio al caso nostro, un bel giro di affari come autostrade e ponti, almeno per il periodo in cui ci siamo noi, per il futuro, provvederanno i futuri draghi.
bonste