lunedì 14 febbraio 2022

Ritorno all'atomo

 

L’energia nucleare ha indubbi vantaggi: non dipende dai capricci del vento o da quelli delle nuvole, e non emette CO2. Su questo punto non voglio perdere un secondo per convincere gli anti-nuclearisti. In attesa dell’energia di fusione, una prospettiva a cui mancano sempre trent’anni per diventare realtà, e se e quando arriverà non sarà mai troppo tardi, leggo su Le scienze di questo mese (anche Repubblica favoleggia, ma è il suo mestiere). Per me invece è sempre troppo tardi, ho una bolletta del 39 virgola qualcosa in più di costo nel bimestre dicembre-gennaio, nonostante il mio impegno di lungo corso per il risparmio.

Dallo stretto punto di vista della produzione d’energia, è necessario il nucleare? Per produrre piastrelle, per esempio, bastano le fonti eoliche, a biomasse, idroelettriche, fotovoltaiche?

Il 99,99% degli impianti a fissione di generazione III+ (o EPR2), ossia le centrali nucleari di ultima generazione, non presentano inconvenienti di rilievo. Certo, il nucleare produce scorie per un tempo incredibile, ma il volume è molto basso, dicono, anche se i costi di stoccaggio lo sono molto meno.

I costi per la costruzione di nuove centrali ammonta a decine di miliardi di euro. Vedi il caso della centrale nucleare francese di Flamanville, la fine dei lavori era prevista per il 2014, con un costo stimato di 5 miliardi di euro, successivamente il costo e le tempistiche di completamento sono notevolmente aumentate. Le ultime informazioni stimano l’avvio del reattore a fine 2022 con un costo finale di 19,1 miliardi di euro.

Ritengo illuminante in tal senso la lettura di Wikipedia a riguardo della centrale nucleare di Flamanville. Inoltre, i reattori nucleari europei ad acqua pressurizzata (sigla EPR, ossia centrali nucleari di terza generazione, dove la refrigerazione del nocciolo e la moderazione dei neutroni si ottengono con l’uso di acqua naturale in pressione in condizioni sottoraffreddate), presentano problemi non di poco conto. L’hanno sperimentato anche i cinesi dopo l’incidente di giugno scorso alla centrale nucleare di Taishan 1.

Leggo in un ormai vecchio documento dell’ENEA: «Gli EPR sono i reattori che l’Italia è intenzionata a costruire nel suo territorio per dare il via al nuovo piano di sviluppo nucleare, grazie alla joint venture formata dall’ENEL e dalla francese EdF. Il consorzio formato da ENEL e EdF ha preso il nome di Sviluppo Nucleare Italia».

Il documento dell’ENEA analizza i problemi legati all’identificazione degli stati di malfunzionamento del nocciolo degli EPR, ovvero procede alla valutazione probabilistica di rischio dell’impianto, in particolare, per quanto riguarda la fase che coinvolge il nocciolo del reattore. A leggere il documento sembra proprio che gli EPR riducano di molto i rischi rispetto alle centrali di precedente generazione, tuttavia, l’EPR confrontato con un sistema concorrente denominato AP1000, sembrerebbe fornire minori garanzie di sicurezza in caso d’incidente.

Di queste cose non ne capisco molto, ma già questi raffronti sui rischi dovrebbero far riflettere.

L’accordo tra ENEL e EdF è saltato a suo tempo. Oggi ENEL è diventata una “super major nelle energie rinnovabili”: parchi eolici e solari, reti elettriche digitali, stazioni di ricarica per veicoli elettrici e risparmi energetici.

EdF, invece, la società francese più importante in Europa nella gestione di centrali nucleari, è diventata “un peso“ per il sistema elettrico francese: fortemente indebitata, impegnata, con aiuti pubblici, nella ristrutturazione di 56 reattori nucleari e con poche risorse disponibili per investimenti nelle rinnovabili. Già nell’autunno scorso riportai la notizia delle forti perdite dovute a speculazioni finanziarie e ancora il mese scorso EdF ha annunciato un calo degli utili attesi.

Secondo il World Nuclear Industry Status Report, a metà del 2021, 32 paesi gestivano 415 reattori nucleari, 7 unità in più rispetto a un anno prima. Tuttavia, si tratta di 23 reattori in meno rispetto al picco di 438 raggiunto nel 2002. Inoltre, nel 2020, la produzione nucleare è diminuita del 4%. È nettamente superata dalle energie rinnovabili non idrauliche, la cui produzione di elettricità è aumentata del 13%. Ciò si spiega in particolare con la rapida perdita di competitività dell’energia nucleare: tra il 2009 e il 2020 i costi del solare sono diminuiti del 90% e quelli dell’eolico del 70%, mentre i costi di costruzione dei reattori nucleari sono aumentati del 33%. Questo spiega perché nell’Unione Europea le energie rinnovabili non idroelettriche hanno generato nel 2020, per la prima volta, più elettricità delle centrali atomiche.

Tuttavia in Cina, India e persino in Francia, il nucleare sta prendendo nuova vita, e anche in Italia il caro bollette sta dando sicuramente una mano, anzi una manona (c’è sempre ad accompagnare una manina). Un rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede una crescita mondiale del 26% dell’energia nucleare tra il 2020 e il 2050, mentre un rapporto di Rystad Energy prevede che gli investimenti nel nucleare raggiungeranno i 46 miliardi di dollari (circa 40 miliardi di euro) nel 2023, rispetto ai 45 miliardi di dollari del 2022 e ai 44 del 2021, un incremento lento ma costante.

Con il nucleare siamo presi in una serie di trappole. La prima riguarda il costo di costruzione e quello di manutenzione, quindi quello di smantellamento delle centrali, che per quanto ci riguarda lo scontiamo da decenni nelle nostre bollette. Una seconda trappola riguarda l’allungamento della vita delle centrali in ragione dei costi d’ammortamento e di massimizzazione dei “benefici”. Poi, per quando remoto, un incidente è sempre possibile.

Tecnicismi a parte, il rischio zero non esiste né per il nucleare né per altro. Solo che in caso di incidente grave i danni del nucleare possono essere tipo quelli di Cernobyl e di Fukushima. Certo, abbiamo centrali nucleari nei pressi dei nostri confini, ma chi vorrebbe crescere i propri figli vicino alle centrali o dove stoccano i rifiuti radioattivi?

Inoltre, possiamo fidarci del genio della nostra élite politica e politecnica che sarà chiamata a decidere, visto che non possiamo fidarci nemmeno di percorrere un tunnel o un ponte stradale?

Ci concentriamo sulla produzione di sempre più energia, in questo caso elettrica, ma quando inizieremo una riflessione seria sulla riduzione della quantità di energia consumata? In una cosiddetta società di mercato è possibile invertire certe tendenze?

13 commenti:

  1. Sulla riduzione della quantità di energia consumata, così come sulla riduzione dei consumi inutili in generale si rischia di beccarsi l'accusa di "decrescista" (più o meno felice) dato che una delle tante follie del mercato è quella di considerare la crescita come un feticcio. Anni e anni di partecipazione ad assemblee aziendali di fine anno che si possono riassumere nel mantra "Se abbiamo fatto male dovremo fare bene, se abbiamo fatto bene dovremo fare meglio" con istogrammi al contorno.
    Credo sia più probabile l'estinzione della specie per le bizze del clima che non una seria messa in discussione di questo modello di "sviluppo" demenziale.
    Giovanni

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    1. se faremo meglio il prossimo anno, poi faremmo meglio ancora. è la base del capitalismo, nel bene e nel male. possiamo fare diversamente, abbiamo i mezzi per farlo? certo.

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  2. Io continuo ad essere estremamente diffidente verso il nucleare, ammetto che sia un posizione in parte razionale in parte ideologica.

    Eolico e fotovoltaico, per quanto 'pulite', comportano esse stesse costi ambientali che spesso vengono sottovalutati o ignorati.
    Avendo molti amici e contatti in Grecia sto seguendo la lotta di alcune comunità locali contro la creazione di mega parchi eolici su alcuni rilievi montuosi.
    Per ciascuna pala di grosse dimensioni è prevista la copertura a cemento di una superficie pari, all'incirca, a un campo da calcio. Inoltre la costruzione di un parco eolico comporta la costruzione di decine di km di strade di servizio in aree naturali e montuose, quindi lavori molto pesanti (cè da chiedersi se nei bilanci ambientali siano considerati come meritano).
    A seguito della crisi greca sono fioriti progetti di società straniere (naturalmente per lo più crucche) per la creazione di grandi parchi eolici in molte zone del paese, comprese aree a regime 'Natura 2000', comprese alcune isole come Tinos.
    A Samotracia, dove ho molti amici, era prevista la creazione di un parco eolico nella parte sud dell'isola disabitata e stupendamente selvaggia e montuosa (monte Saos, 1600 m, fra le cime più alte dell'Egeo).
    L'ultima decisione del governo greco, pare preveda l'esclusione dei parchi che riguardano le zone più selvagge, ma si sa che quando ci sono di mezzo certi interessi le vittorie sono solo provvisorie.

    Concordo che la strada del risparmio e dell'ottimizzazione dovrebbe essere più centrale nelle politiche energetiche.

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    1. l'eolico marino non ha impatti simili a quello terrestre, basta investire

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    2. @Olympe
      Pensavo fossi per l'inutile spreco di energie a cui è sottoposto il sistema produttivo, e quindi ad un cambio di paradigma produttivo (per chi e per cosa produrre).
      Invece vedo che parli di investimenti nell'eolico marino. Mah!

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    3. eh no, non mi devi far dire cose che ...
      hai fatto l'esempio dell'eolico impattante, ebbene ho fatto l'esempio di un eolico diverso. L'energia da qualche parte bisogna pur produrla, o no?

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    4. @Olympe
      Non sono il nano.
      Comunque non è successo niente.
      Buona serata

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    5. L'energia bisogna produrla, sicuramente.
      Io facevo la considerazione che la produzione di energia a 'impatto zero' non esiste, nemmeno l'eolico marino (interferenza con l'avifauna). Spesso la 'transizione verde' è solo 'greenwashing' non di rado fine a se stesso.
      L'efficienza produttiva e soprattutto nel consumo sono altrettanto importanti.

      (sono io il nano)

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    6. con me trovi porta aperta, ma un nick te lo puoi dare?

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  3. Mo dico io, se il mio idraulico mi ha detto di usare la coca cola per tenere sturato il lavello di cucina, chiudiamo tutti gli stabilimenti che la producono, è veleno per l'organismo umano! Sarebbe inoltre un grande risparmio di energia, e poi immaginiamoci tante schifezze simili che vengono prodotte solo per inquinarci il corpo e ingrassare i profitti per contro. Ah, mi dicono che si perderebbero posti di lavoro (ma sopratutto si perderebbero i mega profitti di chi in quei stabilimenti non vi lavora, ossia e anche se non vi piace il termine, i... Padroni/proprietari).
    Ma allora belli miei, è di un cambio di paradigma che abbiamo bisogno.
    Produrre per i profitti dei padroni, ci porta a bere coca cola che serve per tenere stuprato il lavello della cucina.

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  4. https://www.cleanenergywire.org/news/german-economy-minister-calls-frances-focus-nuclear-outdated

    o
    NOTIZIE
    10 febbraio 2022, 13: 57 Sören Amelang
    Il ministro dell'economia tedesco definisce "obsoleta" l'attenzione della Francia sul nucleare
    Eliminazione graduale del nucleare AVUTO


    Il Tagesspiegel
    Il ministro tedesco dell'economia e del clima Robert Habeck ha denunciato l'attenzione della Francia sull'energia nucleare come "obsoleta". Il paese vicino stava perseguendo un "approvvigionamento energetico diretto dallo stato e limitato da un'industria obsoleta", il Partito Verde politico detto una conferenza a Berlino, ha riferito il quotidiano Der Tagesspiegel. Habeck ha detto che la Francia ha dovuto rinnovare le sue numerose vecchie centrali nucleari ad un costo di circa due miliardi di euro per impianto, aggiungendo che i vecchi reattori stanno diventando sempre più inclini al fallimento, con un reattore su cinque in Francia attualmente messo offline a causa di lavori di manutenzione. Anche gli investimenti in nuovi impianti non hanno dato i loro frutti, ha sostenuto: "Se ne costruisci di nuovi, tutto richiede quattro volte più tempo e i costi sono giganteschi". Habeck si è detto sicuro che l'energia nucleare non si trasformerà in un vantaggio competitivo per la Francia. Al contrario, scommettere sulle rinnovabili andrebbe a beneficio dell'economia tedesca. "Ci incontreremo di nuovo nel 2030", ha detto Habeck in vista della Francia.

    Il ruolo dell'energia nucleare sulla strada delle emissioni nette zero divide i due maggiori Stati membri dell'UE, Germania e Francia. Mentre la Germania ha deciso di eliminare gradualmente l'energia nucleare e spegnerà i suoi pochi impianti rimasti alla fine di quest'anno, la Francia sta scommettendo molto sulla tecnologia. La Germania è molto critica nei confronti della decisione della Commissione europea di etichettare l'energia nucleare come una tecnologia sostenibile nella sua tassonomia finanziaria. I ministri dell'economia dei due paesi all'inizio di questa settimana hanno convenuto che entrambi i governi cercheranno di superare le differenze nella politica energetica e di lavorare verso soluzioni a beneficio dell'UE nel suo complesso.

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