Scriveva il mese scorso Ilaria Capua (Corriere della Sera): «La pandemia ha trasformato l’impossibile nel necessario».
Nel linguaggio colloquiale una simile affermazione passa inosservata perché se ne coglie il senso spiccio e laterale. Anche pronunciata da un politico non suscita alcunché, data l’abitudine di sentire il peggio su ogni argomento. C’è però differenza se tale frase compare in un articolo giornalistico scritto da una persona di scienza, poiché può veicolare un concetto profondamente sbagliato.
Chiaro che la dottoressa Capua è ben consapevole che l’impossibile non solo non può diventare necessità, ma nemmeno realtà. Solo il possibile può diventare realtà. Può, appunto, ma non necessariamente!
Solo il possibile è determinato per necessità, e proprio per questo motivo Capua doveva evitare l’iperbole con la quale l’impossibile è trasformato in necessario.
Di seguito provo a rendere fruibili quelle che possono apparire come astrazioni pedantesche, ma che possono avere una grande rilevanza sia sul piano metodologico e sia su quello pratico. Non è un caso che non pochi dei più grandi errori politici, strategici, eccetera, siano stati compiuti in ogni epoca ignorando la dialettica di possibilità e realtà.
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Ogni aspetto della nostra vita individuale è connesso al caso. Il modo stesso nel quale i singoli individui s’incontrano, s’accoppiano e si riproducono è legato al caso. La possibilità che ciò avvenga a livello del singolo individuo può anche non tradursi in realtà. Invece per l’insieme dei singoli, per la nostra specie così come per qualsiasi altra specie, vale la necessità secondo legge, nel senso che il movimento casuale dei molti individui si manifesta come necessità complessiva, statisticamente determinabile, e in tal modo la realtà è assicurata necessariamente.
Riassumendo i principi “inauditi” di Hegel:
“Il casuale ha un motivo”, poiché nulla avviene senza motivo. Ma il motivo determina il reale soltanto come possibile (per es. il possibile incontro tra due individui, ecc.). “Il casuale, in pari tempo, non ha motivo alcuno”, poiché può essere come non essere (è casuale!). “Il casuale è necessario”, nel senso che nel fuggevole, nell’irripetibile e nel temporaneo compare per necessità il permanente e il duraturo (la continuità della specie), ma solo casualmente (l’incontro, l’accoppiamento individuale, ecc.). “La casualità è la necessità assoluta”: senza casualità (l’incontro, l’accoppiamento, la procreazione) tutto ciò che è irripetibile e transitorio sarebbe già necessità. Solo nella forma della casualità il necessario è assoluto.
Ciò che vale per gli individui di qualsiasi specie, comprese le specie vegetali, vale per ogni sfera delle scienze naturali, per il mondo fisico in generale. Le tesi hegeliane sulla dialettica di casualità e necessità valgono per i grandi fenomeni naturali e anche per ciò che riguarda le particelle più piccole della materia, su questo pianeta e in qualsiasi altro luogo dell’universo.
Ciò che noi impariamo sulla natura, sull’essenza più profonda delle cose, non è ciò che è accaduto, bensì il perché, perché ciò fosse possibile. Ciò che nella natura noi troviamo di durevole, di permanente, è ciò che è possibile in conformità alle leggi. In questo senso Hegel dice: il possibile è determinato per necessità. Esso è stabilito secondo leggi. Scoprire le leggi che determinano il reale significa conoscere ciò che è possibile.
Hegel trae la conseguenza che se una cosa è determinata secondo legge e per necessità soltanto come una cosa possibile, allora essa nella realtà può apparire solo casualmente. Poiché, come semplice possibile, può accadere o non accadere; essa, se accade, non accade per necessità ma solo casualmente. Se infatti accadesse per necessità, se la comparsa del possibile fosse retta dal principio che esso deve accadere per necessità, allora questa comparsa sarebbe determinata non come un semplice possibile, ma già come una necessità.
Proprio l’opposto di ciò che scrive la pur stimata e simpatica Ilaria Capua. Da qui in poi potrebbero seguire delle considerazioni a riguardo della presente epidemia e il suo rapporto con la dialettica caso-necessità, ma siamo ancora in piena soggezione mediatica, intimoriti da clamori e marasma contabile, e perciò è meglio evitare. E sperare nel vaccino, altrimenti con la strategia adottata nella maggioranza dei paesi, fra cinque anni parleremo ancora della “prossima ondata”.
Viste anche le misure adottate bisogna vedere di che ondate parleremo fra 5 anni. Perchè di questo passo vedo ondate di gente in mezzo alle barricate.
RispondiEliminahttps://www.corriere.it/economia/lavoro/20_settembre_11/lavoro-crolla-l-occupazione-3-mesi-perso-mezzo-milione-posti-b3787ad8-f3ff-11ea-8510-bc9735e39b6a.shtml
Nel paese della sensazione, serve un miracolo visibile anche per le persone istruite. Non può che essere un prodotto di laboratorio.
EliminaNegli uffici pubblici è tutto un proliferare di cartellonistica e segnaletica abbondante e prolissa. ENTRATA, USCITA, LAVATI LE MANI, MANTIENI LE DISTANZE, etc. L'arretratezza di una compagine sociale si vede anche da questi mezzucci inutili che gravano sulle spalle dei singoli senza sortire effetti positivi. GS
RispondiEliminaIo per la prima volta, forse, ho capito perché Hegel è così "centrale" nella storia della filosofia. Grazie
RispondiEliminaSi racconta che all'esame di maturità venga chiesto all all'alunno: ci parli di Georg Wilhelm Friedrich Hegel.
EliminaL'alunno esordisce così: i tre fratelli Hegel...
(non è riferito a te, ci mancherebbe. Dopo il pippone vado sul leggero). Baci