Ieri, visitando la Chiesa di San Giovanni e Paolo, a Venezia, una piccola lapide, alla quale non avevo prestato attenzione in visite precedenti, mi ha rammentato un curioso episodio storico che sa quasi di leggenda. La lapide è posta a margine della statua imponente dedicata all’ammiraglio Vettor Pisani. Bisogna dire che nella stessa chiesa v’è ben altro da vedere sia in fatto di statue e sarcofagi (numerosi quelli dei Dogi), sia in dipinti (Paolo Veronese, Giovanni Bellini, Palma il Giovane, ecc.). Oltre ai poveri resti di Marcantonio Bragadin, vi sono anche le sepolture dei fratelli Bandiera e di Pisacane.
A Nicosia, nell’ottobre 1372, sorse una disputa tra il console genovese Pagano Doria e il bailo veneziano Mario Malipiero per una questione di precedenze durante la cerimonia d’incoronazione di Pietro II di Lusignano quale re di Cipro. Secondo una consolidata tradizione, al console di Genova spettava tenere la redine di destra del cavallo del re mentre usciva a cavallo dal suo palazzo per recarsi nella cattedrale e ricevervi la corona, e la redine di sinistra spettava tenerla al bailo di Venezia. Ma in quel giorno a Nicosia i veneziani erano in maggioranza per la presenza di varie galere in porto e impedirono al console genovese di prendere la redine.
Ne nacque un tafferuglio in esito al quale entrambe le redini furono prese da nobili ciprioti (il terzo, gode). Tuttavia, alla fine del banchetto, i veneziani, con l’aiuto di alcuni nobili ciprioti, sopraffecero i genovesi, che furono perfino gettati da una delle finestre del palazzo reale. Ne seguì una vera e propria caccia ai genovesi in tutta l’isola, con aggressioni, massacri e saccheggi. Per rappresaglia Genova occupò Famagosta. Il confronto militare tra le due repubbliche degenerò in una vera e propria guerra nell’Adriatico tra il 1378 e 1381, detta guerra di Chioggia perché lì ebbe luogo l’azione risolutiva, che trasformò la quasi inevitabile rovina di Venezia in una clamorosa sconfitta dei suoi nemici.
Vettor Pisani in questa guerra svolse un ruolo di primo piano con alterne fortune. Dapprima, a capo dall’armata veneziana, vinse ad Azio una flotta comandata da Luigi Fieschi, poi fu sconfitto nel 1379 nelle acque di Pola da Luciano Doria (erroneamente la Treccani indica Pietro Doria, succeduto tempo dopo a Luciano che morì nella battaglia di Pola).
In seguito, liberato dal carcere dopo essere stato condannato per la sconfitta di Pola, Vettor Pisani armava con arruolamenti forzati tutte le navi disponibili nell’arsenale, e con i rinforzi di Carlo Zeno sopraggiunti dal levante, prese ad assediare i genovesi asserragliati a Chioggia. Il 24 giugno del 1380, i resti della potente armata genovese si arresero ai veneziani. Nello stesso anno Vettor Pisani morì di febbri malariche. Dopo altre vicende belliche, la pace tra i contendenti fu conclusa a Torino l’8 agosto 1381.
Scrive la Treccani: la guerra aveva stremato non soltanto Genova, ma anche Venezia, venuta a patti con gli alleati dei genovesi, e segnatamente col re d’Ungheria, rinunziando alla Dalmazia.
I padovani, con a capo Francesco da Carrara (latifondista e cospicuo usurario), puntando come sempre a uno sbocco sul mare, si allearono con gli ungheresi e i genovesi. La rivalità con Venezia non si risolse, dopo pochi anni, a favore dei padovani.
Quello descritto è un altro esempio di come il caso, ossia una mera questione di precedenze tra diplomatici, possa fare da innesco a una guerra tanto distruttiva. Ovvio che alla base di tutto vi fosse una ben più nutrita rivalità commerciale già esplosa in precedenti scontri e scorrerie. Alla fine genovesi e veneziani decisero di spartirsi le zone d’influenza. Furono più saggi, lungimiranti e meno ingordi degli imperialisti d’oggi.
Oggi si gioca la partita Venezia-Genoa, uno scontro diretto per la salvezza dall’esito incertissimo, anche se sarà sicuramente meno cruento di quello combattuto nel XIV secolo. Purtroppo arbitrerà un tizio di Schio, che per sua stessa ammissione è tifosissimo del Vicenza (oggi in serie B, ultima in classifica). L’antica rivalità tra la città lagunare e la terraferma, sia pure espressa calcisticamente, è assai viva e a volte aspra.
Scusate se vi ho annoiato.
Duri i banchi.
RispondiEliminatradotto: rema e tasi
EliminaAl contrario: mollare i remi e aggrapparsi ai banchi (ordine dato ai rematori nell'imminenza dello speronamento)
EliminaReduce da Lepanto
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