domenica 26 luglio 2020

Nel disinteresse e nell’istupidimento generale



In un discorso di giovedì scorso intriso di bugie, ipocrisia e demagogia, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha ufficialmente capovolto decenni di politica americana nei confronti della Cina, ponendo le basi per un’ulteriore escalation del confronto tra Washington e Pechino.

Pompeo per questo suo attacco ha scelto la Richard Nixon Presidential Library, fatto di per sé significativo. Fu Nixon, insieme all’allora consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger, a progettare un riavvicinamento con la Cina. Nixon volò a Pechino nel 1972 e incontrò il leader del Partito comunista cinese Mao Zedong in una visita che aprì la strada a relazioni diplomatiche complete nel 1979.

Fu una cosa non da poco per la situazione geopolitica e diplomatica di quei tempi, con la guerra nel Vietnam ancora in corso, i bombardamenti sulla Cambogia (solo sul territorio cambogiano furono sganciate dai bombardieri americani quasi tre milioni di tonnellate di bombe, pari a una volta e mezza le bombe sganciate dagli alleati nel II conflitto mondiale, atomiche comprese; sul Laos quasi due milioni di tonnellate).

Pompeo ha dichiarato che “se vogliamo avere un XXI secolo libero, e non un secolo che sogna Xi Jinping, il vecchio paradigma del coinvolgimento a prescindere della Cina negli affari internazionali non può più essere applicato”, dovrebbe essere sostituito da una strategia “che protegga l’economia americana e il nostro stile di vita” e “il mondo libero deve trionfare su questa nuova tirannia”. E ancora: “Se pieghiamo le ginocchia adesso, i nostri nipoti potrebbero essere in balia del Partito comunista cinese, le cui azioni sono oggi la sfida principale nel mondo libero”.


Il segretario di Stato americano ha anche motivato la decisione di chiudere il consolato cinese di Houston, in Texas, definendo la sede diplomatica come un “un covo di spie” per ottenere soprattutto segreti industriali. Secondo il presidente della commissione intelligence del Senato, il repubblicano Marco Rubio, a Houston si troverebbe il nodo del network del Partito comunista cinese sul suolo statunitense.

La Cina ha reagito alla richiesta statunitense di chiudere il proprio consolato a Houston con un’iniziativa di pari entità: a Washington è richiesto di chiudere il consolato di Chengdu come risposta “legittima e necessaria agli atti ingiustificati da parte degli Stati Uniti”.

La chiusura del consolato di Houston è solo l’ultima azione di ritorsione perpetrata ai danni della Cina, dopo la disputa commerciale sui dazi, il cui obiettivo finale sarebbe quello di ridurre il surplus commerciale cinese, e non va dimenticata l’ostilità americana al progetto della nuova via della seta, all’installazione di infrastrutture 5G di marca cinese nei vari Paesi alleati di Washington, nonché la chiusure e le sanzioni ai danni di compagnie come Zte e Huawei o a social network come TikTok (in quest’ultimo caso, siamo ancora a livello di avvertimenti).

La propaganda del “mondo libero” contro il “comunismo” è stata il leitmotiv americano della guerra fredda, inclusa la guerra neo-coloniale in Vietnam, ma oggi suona come un travestimento logoro. Una simile reazione non ha alcuna relazione con la realtà: il riavvicinamento del 1972 ha spianato la strada al capitalismo in Cina e alla sua trasformazione nella più grande piattaforma di lavoro a basso costo del mondo. La paura a Washington non è quella del “comunismo” cinese, ma di un capitalismo cinese in crescita che minaccia le ambizioni e gli interessi globali dell’imperialismo USA.

La litania di Pompeo ci parla molto di più del declino storico del capitalismo americano e della crisi dell’amministrazione Trump che della presunta malvagità cinese. Del resto la Cina fa esattamente ciò che hanno fatto gli USA per conquistare la loro egemonia mondiale, e lo fa anche più pacificamente.

Quanto alle accuse, ancora non provate, di spionaggio cinese e “furto di proprietà intellettuale”, possiamo ignorare lo spionaggio globale dell’Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti? Il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei non è tanto “una minaccia alla sicurezza nazionale”, ma un pericolo per le aziende concorrenti statunitensi.

Allo stesso modo, l’outsourcing della produzione americana non è dovuto a un complotto cinese, ma è motivato dal calo della redditività delle imprese statunitensi. Le misure protezionistiche della guerra commerciale di Trump non mirano solo a proteggere i posti di lavoro americani, ma fanno parte dei preparativi di vasta portata degli Stati Uniti per la guerra.

L’accelerazione della campagna anti-cinese è ovviamente in parte dettata da motivi elettorali, come chiunque può intuire, ma ha anche un significato oggettivo molto più ampio.

Pompeo non a caso ha dichiarato che non ci sarebbe stato ritorno alla politica di “contenimento”, poiché la Cina rappresenta “una nuova sfida complessa che non avevamo mai affrontato prima”. Mentre “l'URSS era chiusa dal mondo libero”, ha detto, “la Cina è già all’interno dei nostri confini”, un riferimento esplicito al complesso intreccio economico di Cina e Stati Uniti.

L’osservazione di Pompeo ricorda il dibattito nei circoli dominanti americani nei primi anni Cinquanta, che ebbe un culmine durante la guerra di Corea. L’alternativa al contenimento era il “rollback”, ovvero una strategia di rovesciamento dei regimi stalinisti legati all’Unione Sovietica, nell’Europa orientale e in Cina, attraverso tutti i mezzi disponibili, compresa la guerra.

Escludendo un ritorno alla diplomazia precedente, Pompeo sta implicitamente dichiarando non l’inizio di una nuova guerra fredda protratta, ma una politica volta al cambio di regime a Pechino. “Non possiamo affrontare questa sfida da soli”, ha dichiarato, “Le Nazioni Unite, la NATO, i paesi del G7, il G20, il nostro potere economico, diplomatico e militare combinato sono sicuramente sufficienti per affrontare questa sfida se la dirigiamo chiaramente e con grande coraggio”.

Pompeo ha indicato che gli Stati Uniti non tollererebbero alcuna deviazione dalla linea di Washington da parte dei suoi partner strategici. Ha criticato la Germania in modo velato per non aver preso una chiara posizione “rispetto a Hong Kong perché teme che Pechino limiti l’accesso tedesco al mercato cinese”. “Questo è il tipo di timidezza che porterà al fallimento storico, e non possiamo ripeterlo”, ha continuato il segretario di Stato (e questo chiarisce la posizione della Germania in questo momento con i suoi partner europei, il suo tentativo di costruire un “terzo polo” tra Usa e Cina).

In vista del discorso di Pompeo, il Pentagono ha organizzato i suoi soliti giochi di guerra provocatori su larga scala e segnatamente nel Mar Cinese Meridionale, alle porte della terraferma cinese e delle sensibili basi navali cinesi sull’isola di Hainan. Due portaerei statunitensi e le loro squadre hanno effettuato dimostrazioni “di fascia alta”, a cui sono seguite ulteriori esercitazioni militari nel vicino Mar delle Filippine con navi da guerra australiane e giapponesi.

Trump ha messo in discussione la base delle relazioni diplomatiche con la Cina, la cosiddetta politica One-China che riconosce Pechino come governo legittimo di tutta la Cina, compresa Taiwan. Tema bollente per i cinesi, da sempre. La fine di questa politica porrà fine alle relazioni diplomatiche con la Cina. Siamo già in una fase avanzata sulla strada della guerra, e ciò prescinde da chi vinca le prossime presidenziali: questa strategia non muterà sostanzialmente.

Il predecessore di Trump, Obama, non solo aveva affrontato la Cina diplomaticamente ed economicamente in tutta l’Asia, ma aveva avviato un massiccio concentramento militare, destinando il 60 per cento delle navi e degli aerei da guerra statunitensi nella regione entro il 2020.

L’intero establishment politico di Washington, democratico e repubblicano, è impegnato in questa pericolosa contesa, che porterà inevitabilmente e sicuramente a un conflitto militare aperto. Ancora una volta la pace mondiale è minacciata dagli interessi di potenza americani. Tutto ciò accade nel disinteresse e nell’istupidimento generale.

12 commenti:

  1. Però a mio giudizio, in tutto il post non si tiene conto della Russia di Putin come ago della bilancia tra i diversi imperialismi dominanti sul pianeta Terra. E non credo che sia di poco conto la Russia. O lei ritiene che gli americani abbiano già chiuso la partita con zar Putin?

    Saluti

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    1. ottima osservazione.
      del ruolo della russia ho già parlato in passato. Kissinger auspicava migliori rapporti con la russia, se non proprio in chiave anticinese, quantomeno per non far avvicinare troppo mosca e pechino. evidentemente non gli danno retta.

      la prossima eventuale volta, per cortesia usi un nome (qualsiasi)

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  2. https://www.thenation.com/article/politics/china-consulate-executive-orders-trump/

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    1. ovvio che The Nation dia peso solo a motivazioni politiche interne, cioè elettorali. c'è anche questo, ma non solo.

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  3. Direi che gli USA hanno comunque i loro guai interni. Al link uno dei tanti
    https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2020/07/26/usa-portland-in-piazza-i-federali-vadano-via_884da461-edb4-4ebe-96ef-f6e9fce3890e.html

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  4. Pompeo è quello che in una intervista ridendo spiegava che all'accademia militare gli avevano insegnato a non mentire mai, l'onore etc e poi si era trovato a fare il capo dei servizi dove la bugia regna sovrana e quindi doveva dire bugie: si vedeva chiaramente che era ancora colpito da questa contraddizione, ci aveva dovuto lavorare molto, immagino. Oppure riteneva sin dall'inizio gli insegnamenti della sua accademia militare sciocchezze.
    In un senso o nell'altro, comunque un figurone.

    Per quanto riguarda Putin, credo che al momento tutto desideri salvo cacciarsi in una guerra tra Russia e Cina.

    Trobo

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  5. Il suo post si regge in piedi su una gamba.
    Non credo sia possibile ignorare le inimmaginabili atrocita' compiute, oggi, sul corpo dei musulmani, ieri, su quello dei tibetani.
    Per fortuna ci sono i cinesi di hong kong a tenere in vita la verita' sul " comunismo " della cina, dove i diritti umani, sono violati, oltre ogni immaginazione.

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    1. cara Silvana, spero che lei abbia con sé un congruo quantitativo di fazzolettini

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  6. L'instupidimento e il disinteresse sono delle classi dirigenti? O dell'opinione pubblica? Nel primo caso (specie in Europa) potrebbe essere dovuto a un atteggiamento di neutralità interessata (tra i due litiganti...)?
    Pietro

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  7. Non esistono giornali come il NYT in cina. Su internet passa solo cio che la propaganda cinese ritiene accettabile.
    Lei, Signora Olimpe, non protrebbe scrivere i suoi interessanti post. Non esiste liberta' di opinione, ne' di religione. C'e repressione psicologica e fisica.
    I Praticanti di falung gong, cinesi, vengono rapiti, uccisi e i loro organi venduti. Colpevoli di praticare tolleranza fratellanza. Il tibet occupato dopo avere sterminato e torturato un milione di tibetani pacifici.
    In tibet sorgono i almeno 4 grandi fiumi che arrivano fino in nepal india blangladesh burma.
    Promettono aiuti economici ai paesi poveri,ma sono i loro interessi che soddisfano.
    Gli interessi di 1,439,323,776 persone. Se avessero avvertito in tempo, la gestione del covid 19 sarebbe andata meglio. Il medico cinese che ha provato a dire qualcosa,non e' stato creduto.




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    1. e poi mangiano cani, topi e pipistrelli
      fanno una politica di potenza, non gli interessi di 1,439,323,776 persone, così come gli Usa e altri fanno la loro
      stiamo attenti ala propaganda, da qualsiasi parte arrivi

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    2. puoi prendere atto di come gira il mondo leggendo questo:

      https://www.welt.de/wirtschaft/article212391957/Nord-Stream-2-Mit-dieser-Attacke-wollen-die-USA-die-Pipeline-beerdigen.html

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