Sono ormai cinquant’anni che mi occupo degli scritti di Marx ed Engels, senza avere mai avuta l’intima e balorda convinzione di saperne abbastanza. Mi è capitato di leggere sull’argomento un po’ di tutto, e però in tutti i casi incontrati, nei quali autori di destra (ma spesso anche tra i “liberali”) si sono presi la briga di citare frasi e mezze frasi attribuite a Marx o ad Engels, queste non trovavano mai indicato un preciso riferimento bibliografico.
Il più delle volte si trattava di brevi citazioni sgangherate di quarta e maldestra mano. Mi ricordo un episodio in particolare, quando mi fu posto tra le mani un libello a firma di un noto esponente politico di destra nel quale rincorrevano quasi ad ogni pagina frasi attribuite a Marx, alle quali l’autore dedicava le sue supponenti chiose. Mi si chiese di farne una critica puntuale, cosa che mi fa sorridere ancor oggi. Ebbene, in quel librino scalcagnato, laddove compariva una frasetta attribuita a Marx, a piè di pagina figurava sempre la stessa indicazione bibliografica: “K. Marx, Opere Complete, Roma”.
Il più delle volte si trattava di brevi citazioni sgangherate di quarta e maldestra mano. Mi ricordo un episodio in particolare, quando mi fu posto tra le mani un libello a firma di un noto esponente politico di destra nel quale rincorrevano quasi ad ogni pagina frasi attribuite a Marx, alle quali l’autore dedicava le sue supponenti chiose. Mi si chiese di farne una critica puntuale, cosa che mi fa sorridere ancor oggi. Ebbene, in quel librino scalcagnato, laddove compariva una frasetta attribuita a Marx, a piè di pagina figurava sempre la stessa indicazione bibliografica: “K. Marx, Opere Complete, Roma”.
Lo scaltro autore di quel libro non aveva bisogno di prestare troppa cura a ciò che diceva e citava, dato l’ambiente al quale si rivolgeva, e sicuramente non aveva mai sfogliato nemmeno uno dei 50 poderosi tomi previsti per le opere complete. Ogni qualvolta leggo recriminazioni verso “l’egemonia comunista esercitata nel mondo editoriale e culturale”, mi viene in mente questo episodio che ho appena raccontato.
Non va molto meglio con un articolo pubblicato su Il Giornale a firma di tale Spartaco Pupo: Ecco il Marx colonialista e razzista. Anche il Pupo è molto disinvolto nelle sue citazioni, per esempio laddove afferma che Marx nel «Capitale parla addirittura dell’esistenza di “caratteristiche razziali innate” come agenti di sviluppo sociale da accertarsi attraverso “un’attenta analisi”». È pur vero che Pupo scrive articoli per un foglio di tal fatta e non saggi per paludate riviste marxiste, che il suo scopo è quello di dimostrare quanto fossero razzisti e colonialisti Marx ed Engels, tuttavia da un docente universitario ci si aspetterebbe almeno l’indicazione del volume e del capitolo dal quale ha tratto la citazione, in modo che i lettori de Il Giornale, che sicuramente hanno sottomano i tre volumi de Il Capitale, possano controllare in quale volume e in quale contesto Marx ebbe a scrivere quelle due o tre paroline citate da Pupo come merce sfusa.
Più prodigo di dettaglio bibliografico Pupo lo diventa quando scrive «Nel bilancio dell’attività del 1847, pubblicato su Deutsche-Brüsseler-Zeitung, nel gennaio 1848, la posizione ufficiale del marxismo venne espressa con queste parole: “Siamo stati spettatori della conquista del Messico e ne abbiamo gioito. È un progresso per un Paese che fino ad oggi si è occupato esclusivamente di se stesso, dilaniato da eterne guerre civili e alieno a qualsiasi forma di sviluppo (...). Nell’interesse del proprio sviluppo in futuro esso verrà posto sotto la tutela degli Stati Uniti. E nell’interesse di tutta l’America gli Stati Uniti, grazie alla conquista della California, raggiungeranno la padronanza dell'Oceano Pacifico”».
Non fu quella citata “la posizione ufficiale del marxismo del gennaio 1848”, allorché Engels, autore dell’articolo, aveva 27 anni e nell’ambito della Lega dei comunisti era ancora poco più di nessuno, e del resto il “marxismo” nel 1848 era ancora di là da venire. Ciò che è davvero interessante, ma non per i lettori de Giornalino di Berlusconi, è il seguito di quella citazione, che Pupo omette e che ribalta completamente la tesi che vorrebbe dimostrare.
L’articolo, pubblicato il 23 gennaio 1848, a firma di Engels, si può rinvenire nella MEOC, VI, alle pp. 531-540. Il passo citato da Pupo è a pagina 538, tuttavia il suo non è tratto dalla stessa traduzione italiana, ma desunto e tradotto da un autore in lingua inglese, forse da Carlos Moore, nel suo Were Marx and Engels White Racists?, nel quale Marx ed Engels sono presentati come razzisti di tipo arianista!
Quello di Moore è uno dei libri in inglese che Pupo cita nel suo articolo, dolendosi che non siano stati tradotti “in lingua italiana, per varie ragioni, in gran parte legate alla egemonia comunista, esercitata nel mondo editoriale e culturale e alle conseguenti strategie inquisitorie e censorie dei suoi rappresentanti ufficiali”. Come se in Italia mancassero, soprattutto negli ultimi decenni, editori tutt’altro che legati alla egemonia comunista! Segnalo a Pupo un classico da far tradurre e che egli non cita: Kaplan Francis, Marx antisémite?, Imago, Paris, 1990.
Laddove Pupo inserisce i puntini di sospensione vi è scritto: «un paese al quale tutt’al più era riservata la sorte di finire nel vassallaggio industriale dell’Inghilterra» . La frase omessa chiarisce che cosa intendeva dire Engels a riguardo del Messico. Ma ancora più espressivo a tal fine è il seguito del brano, verso il quale Pupo ovviamente non aveva alcun interesse: «Ma, ci chiediamo di nuovo, a chi giova innanzitutto la guerra? Solo alla borghesia. In California e nel Nuovo Messico i nordamericani acquistano un nuovo terreno per produrvi nuovo capitale, cioè per far nascere nuovi borghesi e per arricchire quelli già esistenti: infatti tutto il capitale che oggi si produce finisce nelle mani della borghesia. Il vagheggiato taglio dell’istmo di Tehuantepec, a chi altri giova se non agli armatori americani? Il potere sul Pacifico, a chi giova se non agli stessi armatori? I nuovi acquirenti di prodotti industriali, che si formano nei paesi conquistati, chi li rifornirà se non i fabbricanti americani?».
Come si può notare, Pupo, omettendo il contesto dal quale ha estrapolato alcune frasi di Engels, fa di costui un dichiarato e convinto colonialista per il godimento dei lettori de Il Giornale.
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Il razzismo si fonda sull’arbitrario presupposto che alcune caratteristiche fenotipiche superficiali come il colore della pelle (ma non solo) siano ereditariamente correlate a tratti caratteriali inferiori o superiori. Ciò che concettualizziamo come razzismo era nel XIX secolo in piena fioritura nel mondo occidentale, tuttavia il termine è entrato nell’uso corrente solo nel ventesimo secolo.
Tale definizione s’attaglia a ciò che hanno scritto al riguardo Marx ed Engels? Le osservazioni di Marx ed Engels sulla “razza” sono sparse e non sistematiche, tuttavia ce ne sono moltissime e la loro coerenza reciproca è abbastanza forte da suggerire una visione d’insieme e ricostruibile, sia pure nel breve spazio di un post.
Nell’uso del XIX secolo, il termine razza poteva riferirsi a qualsiasi tipo di collettivo umano di numero sufficiente, come nazioni, abitanti di una particolare regione, lignaggi o persino classi sociali. Marx ed Engels hanno seguito l’ampio uso di tale accezione. Il semplice fatto che si riferissero a un particolare gruppo di persone come a una “razza” non è significativo e certamente non può servire a imputare loro motivazioni razziste.
Si riferivano agli umani nella loro specifica capacità di esseri naturali, cioè biologici. In accordo con lo spirito lamarckiano dei tempi, consideravano la razza come adattamento umano alle condizioni naturali circostanti, come modifiche del materiale umano emergenti a causa di fattori geologici, climatici e di altro tipo.
Ovvio che per gli standard odierni il “razzismo” mostrato da Marx ed Engels risulti scandaloso e persino estremo. Per gli standard del diciannovesimo secolo, tuttavia, non lo era, e, with all that and all that, nemmeno per gli standard di mezzo secolo fa.
Marx ed Engels hanno concepito la razza come elemento delle condizioni naturali dell’umanità, dandogli un posto specifico nella loro interpretazione materialista della storia: definendo la razza come parte delle condizioni naturali su cui poggia e dipende la produzione, hanno reso teoricamente possibile che lo sviluppo delle economie nazionali e la produttività del lavoro siano influenzate dal materiale umano disponibile.
Marx considerava i tratti del carattere etnico non immutabili o innati ma come un prodotto di fattori economici e ambientali e permanentemente in flusso, motivo per cui non era molto interessato alla razza e alla biologia quale era invece intesa presso altri autori. Marx ed Engels erano dell’avviso che il carattere umano è flessibile e dipendente dall’ambiente, e ciò esclude che essi fossero dei razzisti (tra l’altro, il genero di Marx, com’è noto, non aveva la pelle chiara).
Del resto è contro-intuitivo supporre che gli autori di una concezione del mondo che definisce la produzione e la lotta delle classi sociali come forze motrici della storia possano aver alimentato ipotesi razziste. Concettualizzarono invece la razza come parte delle condizioni naturali, cioè come l’aspetto soggettivo delle condizioni oggettive su cui poggia la produzione e le condizioni di vita di un dato organismo sociale umano.
Poi i vari Pupo possono estrapolare qui e là delle parole e delle frasi per “dimostrare” quel che desiderano gli editori e direttori di certi fogli, nonché i loro lettori che altro non s’aspettano di leggere che questa robaccia. Per quanto mi riguarda non voglio prendermi la briga di stabilire per altri quali siano i modi più onorevoli e dignitosi per guadagnarsi il companatico.
Qui il vero problema non è leggere i Pupo, ma leggere la carta straccia che viene denominata...giornali!
RispondiEliminaBuona giornata
Voglio fare lo stesso giochino demenziale di Spartaco Pupo:
RispondiElimina"Il nostro movimento ha pure questo compito, di annunciare gia oggi un'epoca che darà al singolo ciò di cui ha bisogno per vivere..."
Questa frase vi ricorda per caso: "..a ognuno secondo i suoi bisogni”. ?
La seconda citazione non credo abbia bisogno di riferimenti bibliografici ma la prima?
Pag.123 di "La mia battaglia" - Adolf Hitler
(http://der-fuehrer.org/meinkampf/Mein%20Kampf-Italienisch.pdf)
Con certi mezzi disonesti si può dimostrare qualunque cosa.
ma certo
EliminaCara Olympe, di recente ha per caso letto qualcosa di valido per quanto riguarda l'Islam soprattutto di argomento sociale (soprattutto la condizione della donna)? grazie e saluti GS
RispondiEliminami spiace ma di recente non ho letto nulla su quel tema. saluti cordiali
EliminaMa per fortuna esistono, resistono, persone come lei.
RispondiEliminaScrive Musto in "Ripensare Marx" a pagina 127:
“Piegato da più parti in funzione di contingenze e necessità politiche, venne a queste assimilato e nel loro nome vituperato.
La sua teoria da critica qual era, fu utilizzata a mo’ di esegesi di versetti biblici. Nacquero così i più impensabili paradossi.
Contrario a “prescrivere ricette (...) per l’osteria dell’avvenire, fu trasformato, invece, illegittimamente, nel padre di un nuovo sistema sociale.
Critico rigoroso e mai pago di punti d’approdo, divenne la fonte del più ostinato dottrinarismo.
Strenuo sostenitore della concezione materialistica della storia, è stato sottratto al suo contesto storico più d’ogni altro autore.
Certo che “l’emancipazione della classe operaia deve essere opera dei lavoratori stessi”, venne ingabbiato, al contrario, in una ideologia che vide prevalere il primato delle avanguardie politiche e del partito nel ruolo di propulsori della coscienza di classe e di guida della rivoluzione.
Propugnatore dell’idea che la condizione fondamentale per la maturazione delle capacità umane fosse la riduzione della giornata lavorativa, fu assimilato al credo produttivo dello stakanovismo.
Convinto assertore dell’abolizione dello Stato, si ritrovò ad esserne identificato come suo baluardo.
Interessato come pochi altri pensatori al libero sviluppo delle individualità degli uomini, affermando contro il diritto borghese che cela le disparità sociali dietro una mera uguaglianza legale, che “il diritto invece di essere uguale, dovrebbe essere disuguale”, è stato accomunato a una concezione che ha neutralizzato la ricchezza della dimensione collettiva nell’indistinto dell’omologazione”.
Complimenti madame Olympe per aver risvegliato l'attenzione.
Marcello Musto, uno dei pochi che si salva.
EliminaOttimo antidoto allo sbracamento il suo libro, chiarissimo e ben fatto.
In merito al brano citato da Musto, sarebbe il caso di ricordare che:
Elimina1. Marx fu fondatore, insieme ad Engels, di avanguardie rivoluzionarie. Di quei Partiti rivoluzionari tanto detestati da Musto.
2. Marx propone un nuovo Stato proletario per la transizione al socialismo. E soltanto in quest'ultima società lo Stato non esisterà più in quanto entità politica.
3. Engels, nell'articolo "Dell'autorità", spiega bene le ragioni antianarchiche del marxismo mettendo bene in evidenza come il Partito rivoluzionario debbe conquistare e mantenere il nuovo potere.
Forse, invece di "ripensare Marx", sarebbe il caso di ripensare Musto.
d'accordo, anch'io ho criticato Musto in un altro post, però consideriamo il contesto storico nel quale viviamo. ben vengano i Musto rispetto al resto.
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