Risposta esatta!
Il secondo trimestre 2020 sarà ricordato tra i più strani della storia finanziaria.
Con l’economia americana in recessione profonda, dopo aver subito una contrazione ancora più rapida rispetto alla crisi degli anni 1930, Wall Street ha registrato il suo miglior trimestre da più di 20 anni.
L’indice S&P 500 ha chiuso con più 20 per cento, il suo miglior risultato trimestrale dal 1998. Il Dow è salito del 18 per cento, il suo più marcato aumento dal 1987. L’indice Nasdaq ha registrato un’impennata anche maggiore, in aumento del 31 per cento per il trimestre e il 12 per cento dall’inizio dell’anno.
L’inversione di tendenza è arrivata dopo che i mercati finanziari avevano toccato il minimo a metà marzo. Secondo alcune stime la capitalizzazione di mercato che era di 21,8 trilioni il 23 marzo, è balzata a 28,9 trilioni il 4 giugno. Com’è potuto succedere a fronte di milioni di disoccupati e di un’economica in picchiata? Semplice, la Fed è intervenuta massicciamente annunciando una serie di misure, in parte inedite, a sostegno di Wall Street e dell’intero sistema finanziario.
In meno di tre mesi, la Fed è intervenuta in tutti gli ambiti finanziari con la sua riduzione dei tassi d’interesse a zero e acquisti di debito su tutta la linea, compresi anche i junk bond, ha messo più di settemila miliardi di dollari nelle mani di investitori e speculatori.
Tra il 18 marzo e il 4 giugno, la ricchezza dei miliardari statunitensi è aumentata di 565 miliardi, raggiungendo i 3,5 trilioni in totale, con un aumento del 19 per cento. Il proprietario di Amazon, Jeff Bezos, ha aumentato la sua ricchezza di 34,6 miliardi, in crescita del 19 per cento, mentre il boss di Facebook, Mark Zuckerberg, ha guadagnato altri 25 miliardi.
I trader obbligazionari hanno realizzato ricavi per 7,3 miliardi di dollari, con un incremento del 120 per cento rispetto all’anno precedente, superando la proiezione di 5,84 miliardi. I ricavi delle negoziazioni azionarie sono stati di 2,4 miliardi, rispetto a una stima di 2,07 miliardi. Le entrate delle banche d’investimento sono aumentate del 91 per cento, raggiungendo i 3,4 miliardi di dollari grazie alle commissioni di consulenza di clienti aziendali che cercano di accumulare liquidità per contrastare gli effetti della pandemia.
Non è tutto rose e fiori, anzi. I rapporti pubblicati da quattro principali banche statunitensi questa settimana (vedi qui una sintesi) hanno posto in evidenza la crescente dicotomia tra l’economia reale e il sistema finanziario. A fronte della peggiore recessione dalla Grande Depressione, con livelli elevati di disoccupazione e un’ondata di fallimenti che si preannunciano, le banche stanno raccogliendo miliardi di dollari attraverso operazioni speculative finanziate grazie al massiccio intervento della Fed. E guai se non fosse così.
Anche se JPMorgan, Citigroup e Wells Fargo hanno registrato importanti aumenti dei ricavi derivati dalla negoziazione sui mercati finanziari, le tre banche hanno previsto un totale complessivo di 28 miliardi per perdite attuali e attese sui loro prestiti. Goldman Sachs ha registrato un utile di 2,4 miliardi di dollari nel secondo trimestre, invariato rispetto all’anno precedente, che ha compensato gli accantonamenti per perdite su prestiti.
Citando gli elevati accantonamenti per perdite su crediti, i dirigenti delle banche hanno messo in rilievo l’evidenza, ossia il peggioramento dello stato dell’economia reale. Le loro osservazioni sono anche dirette a garantire che la Fed mantenga il suo supporto senza precedenti per i mercati finanziari di cui le banche hanno beneficiato ampiamente.
Dopo che JPMorgan ha registrato un accantonamento record di 10,5 miliardi per perdite su prestiti, il suo amministratore delegato, Jamie Dimon, ha dichiarato: “Non sappiamo quale sarà il futuro, questa non è una recessione normale”. Ha aggiunto che la banca “si sta preparando per lo scenario peggiore”.
Le prospettive delle principali banche, che hanno tutte rivisto al ribasso le loro proiezioni per l’economia e fatto accantonamenti superiori alle attese per crediti inesigibili, sono in netto contrasto con le dichiarazioni della Casa Bianca. Parlando a Fox News, il direttore del Consiglio economico nazionale, Larry Kudlow, ha dichiarato: “Non vedo un’interruzione della ripresa a forma di V”. Con le “dita incrociate e alcune preghiere” gli Stati Uniti sono “sulla buona strada per una seconda metà dell’anno molto forte”, ha aggiunto.
La sua è stata una spolverata d’ottimismo e tanta fede (ha sostituito cocaina e alcol con la religione) in attesa delle elezioni di novembre. Resta solo da vedere quando scoppierà la bolla, se prima delle presidenziali o il prossimo anno, oppure se il sistema reggerà ancora un po’ di più. La questione, come sempre, non è sé, ma quando. Quando ciò accadrà, nessuno sul pianeta sarà risparmiato.
Per una risposta intelligente a Mantellini, vedo 45 asini. 1 a 45 non è un gran rapporto.
RispondiEliminaPardon, 1 a 46.
esilarante il sottinteso del numero che segue il pardon
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