martedì 14 luglio 2020

L’ultimo modello



Partiamo dalle origini, ossia dagli inizi del Novecento e da Zwickau, una città circondariale della Sassonia, che diede i natali a Robert Schumann. Sorge su una vallata dei Monti Metalliferi ed è stata in passato un centro minerario importante per l’estrazione del carbone.

Nel 1904 August Horch fondò a Zwickau la sua prima fabbrica di automobili con marchio Horch, che cinque anni dopo divenne Audi. Dal periodo imperiale attraverso il Terzo Reich e la RDT fino alla Repubblica federale, in quegli stabilimenti sono stati prodotti 9,5 milioni di veicoli con i marchi Horch, Audi, DKW, IFA, Trabant e Volkswagen, ossia un ampio panorama della storia automobilistica germanica.

L’ultimo modello con un motore a combustione interna è uscito dalla catena di montaggio di Zwickau alla fine del giugno scorso, si tratta di una variante della Golf 7. La prima auto elettrica VW ID.3 è uscita dagli stabilimenti di Zwickau a novembre 2019. D’ora in poi di nuovi modelli verranno prodotti solo quelli elettrici per Volkswagen e i suoi marchi gemelli Audi e Seat.

Mentre nell’Italia pseudo giacobina ci si attarda in defatiganti diatribe sul Recovery Fund e nella gara al tweet più gagliardo, altrove si pensa e lavora in prospettiva del futuro. Un futuro che porrà gravi problemi di occupazione in Europa e negli altri paesi produttori di autoveicoli. Ma anche problemi nella spartizione tra le diverse componenti produttive dei volumi di plusvalore, ossia un cambiamento strutturale nella catena del valore tra i produttori di automobili e società fornitrici dei relativi componenti (e sotto tale aspetto tra questa sfera della produzione e le altre).

Per quanto riguarda l’occupazione, Stefan Bratzel, fondatore e direttore del Center of Automotive Management di Duisburg, sostiene che “in Europa esiste attualmente una sovraccapacità di produzione pari  a circa 1,5-1,6 milioni di veicoli l’anno, che corrisponde a 5-6 impianti” (*). Ciò significa la necessità di una riduzione della capacità produttiva, che solo in Germania comporterà, secondo Bratzel, ben 100.000 posti di lavoro in meno nel settore automobilistico e dell’indotto, ossia il 15-20% dei circa 830.000 posti entro il 2030.

Ci si è messo di mezzo anche il coronavirus, cosicché in Germania quest’anno si prevede che verranno prodotte solo circa 3,4 milioni di automobili, quasi la metà della produzione tedesca del 2011, anno in cui raggiunse il suo picco con 5,9 milioni di veicoli.

I posti di lavoro andranno persi anche a causa di un maggior grado di automazione negli stabilimenti per le auto elettriche. Sempre sull’esempio della Volkswagen di Zwickau, circa 8.000 dipendenti producono 300.000 veicoli l’anno. In futuro, calcola l’azienda, la produzione di auto elettriche dovrà essere almeno il dieci per cento in più per mantenere lo stesso livello di addetti.

Anche lo stabilimento Mercedes-Benz di Hambach, in Francia, passerà di mano, se qualcuno se lo compra. Attualmente l’impianto produce la quarta generazione di smart EQ fortwo e smart EQ fortwo Cabrio. Circa 1.600 dipendenti lavorano per il sito francese. La nuova generazione di auto Smart sarà progettata dal network Mercedes Design e sviluppata dal network di ingegneria di Geely (cinese), con la localizzazione della produzione in Cina. La prima gamma dei nuovi modelli elettrici Smart sarà lanciata dal 2022.

Convertendo l’auto tradizionale in quella elettrica e aumentando la digitalizzazione, le società fornitrici di propulsori elettrici e di software per i sistemi operativi dei veicoli vedono aumentare notevolmente la propria quota di prodotto. Pertanto, dal lato della spartizione dei profitti tra i diversi attori della produzione, le case automobilistiche stanno già cercando di riportare nelle proprie fabbriche parte della produzione dei componenti, e anche in tal caso i posti di lavoro corrispondenti andranno persi presso le società fornitrici.

La perdita massiccia di posti di lavoro, non solo nel settore auto, diventerà nel corso del decennio un dato che riguarderà anche paesi industrialmente robusti come la Germania, e in modo più drammatico quei paesi strutturalmente e finanziariamente deboli come l’Italia, dove disoccupazione e sottoccupazione sono già fenomeni di dimensioni ragguardevoli.

Il passaggio delle nuove tecnologie determinerà in ogni caso seri problemi per tutti i paesi, di sostenibilità fiscale e sociale, entro una cornice di crisi finanziaria latente e minacciosa.

Pertanto, l’impatto delle nuove tecnologienonostante le apparenze e le credenze opportunamente instillate, non sarà tale da comportare generali vantaggi sul livello di libertà e di benessere, non fintanto che la nostra attività lavorativa e con essa la nostra vita saranno subordinati alla produzione e riproduzione dei rapporti sociali che le sottomettono alle esigenze di valorizzazione del capitale.

Del resto va osservato che la contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione ha un carattere oggettivo ed è alla base della crisi generale del modo di produzione capitalistico, e dunque molto del nostro destino dipenderà dal tipo di risposta che le oligarchie capitalistiche intenderanno dare a questo passaggio d’epoca. A partire dall’oligarchia statunitense, se deciderà di far saltare il banco prima che la Cina diventi troppo forte e la Germania (e i suoi satelliti) troppo indipendenti dagli Usa.

(*) All’inizio di questo mese, la Volkswagen ha rinunciato alla costruzione dello stabilimento turco di Manisa, vicino a Izmir (Smirne), per la produzione di modelli tradizionali. Questa volta per ragioni completamente diverse da quelle che in un primo tempo avevano interrotto il processo decisionale per un nuovo stabilimento automobilistico, ossia per l’atteggiamento bellicoso del governo turco quando aveva invaso il nord della Siria con le sue truppe per combattere una milizia curda. Questa volta la decisione è definitiva e riguarda il crollo della domanda automobilistica globale, a causa del coronavirus ma non solo per questo: “Dal punto di vista odierno, non è necessario sviluppare capacità aggiuntive [di auto a combustione]”, dice un comunicato ufficiale VW.

Tesla ha avviato le procedure per realizzare un nuovo stabilimento di automobili elettriche a Grünheide, vicino a Berlino. Tesla è molto più avanti rispetto alle case automobilistiche tedesche non solo in termini di vendite, ma anche nella produzione di auto elettriche. L’industria automobilistica tedesca deve recuperare terreno in tempi stretti.

6 commenti:

  1. E di tali "questioncelle" le miserrime fazioni politiche in lotta del nostro suolo patrio non hanno alcuna contezza. E sprofondar non sarà dolce nel nostro turisticamente deserto mar.

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  2. Insomma, dobbiamo attendere che i nostri padroni (le oligarchie) non saranno così stupidi da scannarsi tra di loro (il che equivale che noi faremo tutti una brutta fine) e trovino un equilibrio (tra loro) nel tirare la carretta capitalistica fondata sul lavoro degli schiavi (ossia noi).
    Bello sforzo cara Olympe, congratulazioni!

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    1. offrimi una alternativa reale, hic et nunc, e ti solleverò il mondo

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  3. Purtroppo la realtà mi pare che sia quella di un Paese in cui un' intera classe dirigente si appresta a spolparsi integralmente ciò che rimane della torta e anche tutto ciò che le capiterà sotto tiro, compresi i fondi europei tanto attesi. In pieno stile democristiano e craxiano. Nulla di nuovo da almeno 40 anni a questa parte. Solo che adesso non siamo molto lontani dal fallimento di tutto il sistema. Le alternative (teoriche) al merdaio verso cui corriamo a spron battuto ci sarebbero ancora a mio avviso. Mancano le forze sociali in grado di ribaltare il tavolo su cui si gioca. Fossi un giovane sarei incazzato nero pensando al futuro miserabile che mi sta riservando l'Italia.

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