mercoledì 8 giugno 2016

L'ordinaria mitomania


Le élite politiche sia europee e sia americana si comportano come se non avessero capito nulla della fase che stiamo vivendo, e tuttavia nulla o poco possono opporre a quelle che sono tendenze necessarie del capitalismo. E non mi riferisco solo alla cosiddetta globalizzazione o alla crisi nei suoi aspetti più evidenti. Ciò di cui non hanno alcuna cognizione riguarda i motivi, o, se si preferisce, le cause più profonde, della crisi. Perché dalla crisi, checché ne possano argomentare le anime belle con grafici alla mano, non siamo usciti e non se ne verrà a capo, tantomeno tagliando la spesa sociale e taglieggiando di tasse chi non può evaderle.

In ciò, di riflesso, sta anche la crisi dei partiti tradizionali, quelli di governo, che rischiano effettivamente di essere spazzati via, dalla crisi e dalla propria insipienza. A tutto vantaggio di quelle forze che giocano a fare opposizione con le parole d’ordine più ovvie. La questione dirimente, sollevata da un notorio analfabeta, sembra essere: olimpiadi sì o no? A ciò si risponde con furbizia: prima l’ordinaria amministrazione.



Ma di quale ordinaria amministrazione si va cianciando? È vero che le risorse possono essere impiegate più vantaggiosamente, e si può ridurre la corruzione e il furto a livelli più fisiologici (i dubbi sono leciti), così come la ricchezza può essere distribuita in modo un po’ meno smaccatamente classista (i dubbi sono robustissimi). E pure le buche presenti nelle strade possono essere rappezzate, e, sia pure con iniziative audaci, pensare di recuperare qualcosa in efficienza e trasparenza presso l’apparato burocratico, fino al punto da sapere a quanto ammonta il debito accumulato dal comune. Addirittura – ma ci vorrà del tempo, molto ancora – far pagare il biglietto dell’autobus e riuscire a stabilire una meno ridicola pigione per l’appartamento di proprietà pubblica.


Tutte cose belle, utili, e ben vengano. La stampa non mancherà di enfatizzare: il dott. Rossi e l'on. Bianchi pagheranno l'equo canone! Però non si tratta di ordinaria amministrazione, ma di straordinaria amministrazione, soprattutto sotto un certo parallelo. Non bastano le buone intenzioni, sarebbe invece necessaria una rivoluzione cruenta e non occasionale. Quando sento dire in radio che un terzo della popolazione adulta di Platì è composta da persone con precedenti penali, in tal caso anche Robespierre perderebbe speranza. Quando vedo, per fare un esempio banalissimo, il personale di negozi e ristoranti di Roma ramazzare cicche e cartacce dal marciapiede antistante o dal proprio plateatico per depositarle in strada e magari gettarle in un tombino (visto coi miei occhietti), ebbè, allora l’ordinaria amministrazione diventa mito. E a proposito di mitomanie, si abbia il coraggio di abbinare le olimpiadi e un nuovo, ennesimo, giubileo.  

8 commenti:

  1. Che significa: sarebbe invece necessaria una rivoluzione cruenta e non occasionale?

    Saluti

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    1. Ma cruento significa sanguinoso, e quindi più che rivoluzione mi ha richiamato alla mente una sollevazione, una ribellione, non certo una rivoluzione dunque.

      Poi, su permanente dovrebbe spendere due parole se può.

      La saluto

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  2. Il notorio analfabeta ripete a pappagallo, dietro lauto compenso, caxxate spaziali, come se quel bordello di città, a tutti i livelli ormai cloaca maxima, fosse in grado di darsi un governo e far funzionare le cose........Alice in wonderland.

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  3. già, la famosa " rivoluzione permanente" è l' ultimo mito di cui resta da verificare il "fallimento permanente" :-)

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    1. vedo che lei ha capito perfettamente l'allusione. complimenti.

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    2. A parte ogni altra considerazione sull'inutilità di questa tipologia di commenti totalmente superficiali, l'estensore sembra del tutto ignorare le forze umane che attorno al mito si coagulano e da esso si scatenano, succube della vulgata catto-positivista.

      A meno di allinearsi all'input pauloviano martellato dai mainstrean padronali, per cui l'unica interazione intellettuale con la realtà concessa è quella di crozza.
      ...che tristezza...g

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