La
vita è una sola, lo sappiamo bene, eppure la vendiamo per un lavoro di merda
con orari di merda. In genere chi vuole creare nuovo lavoro salariato è gente
che non ha mai lavorato. È cosa arcinota, ma se glielo dici s’incazzano.
Ormai
anche nei paesi di più antica industrializzazione si tratta di gestire la
miseria (assoluta e relativa, materiale e spirituale) di masse sempre più
grandi. La crescita economica diventa sempre più crescita del capitale inerte,
e la nostra vita viene considerata solo dal punto di vista del calcolo
economico, tanto che gli speculatori se la giocano in borsa.
La
potenza totalitaria del capitale rivela la sua impotenza: niente funziona più e
tutto andrà per il meglio.
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«Dovrebbe rinascere un Keynes, ma si
può imitarlo non scavando buchi nella terra ma creando nuovi posti di lavoro.
Ci vuole un taglio nel cuneo fiscale di almeno 30 punti. Non è granché, ma
aiuta. Ci vuole un taglio della pressione fiscale che sta crescendo di continuo».
Così
scrive Eugenio Scalfari, dimentico che il keynesismo, finita la fase alta del ciclo
postbellico, ha fallito. Non poteva andare diversamente, poiché anche Keynes
non era immune dalla fantasia che sia possibile risolvere la crisi intervenendo
nella sfera del mercato, in definitiva agendo “sul movimento del denaro”.
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Quanto a creare nuovi posti di lavoro la
ricetta è semplice: ridurre la giornata lavorativa normale, ossia redistribuire
il lavoro che c’è. Ciò, sia ben
chiaro, non risolverebbe comunque il problema fondamentale, poiché la crisi ha
afferenza con la contraddizione valore / valore d’uso.
Altro
mito da sfatare: non è la rivoluzione tecnologica in atto, di per sé, a
produrre scarsità di posti di lavoro, poiché, come detto, basterebbe
distribuire quello che c’è. In altri termini, dietro ai fenomeni del mercato si
cela la produzione capitalistica del plusvalore, ed è essa a determinare la
domanda, non viceversa.
Tuttavia,
si è talmente abituati a credere alle ideologie politiche con cui si travestono
gli interessi del capitale, insomma di credere alle frottole di gente come
Scalfari, il quale al pari degli altri vuole solo creare false speranze, che
non è più il caso d’insistere con altri dettagli.
brexit o meno, l'unica exit strategy pertinente ai nostri problemi è dal capitalismo
RispondiEliminami piacciono tanto i tuoi ultimi post, il punto di vista umano rimane il punto di vista più radicale e potente
grazie, un po' d'incorragiamento non guasta
Eliminail resto è quello che è. pace
Per vedere qualcosa di serio dovrà sfumare la memoria del boom economico post bellico, a cui pure i giovani precari di oggi fanno riferimento per costruirsi un immagine di società minimamente soddisfacente. Come se la crisi fosse causata dal mal funzionamento di qualcosa che ha funzionato bene per trenta o cinquanta anni. Non c'è soluzione di continuità fra keynesismo di pace e il neo-liberismo, la crisi capitalistica di uno ha risposta nell' altro, altro che in un primo momento ha risposto meglio non solo alle aspettative del grande capitale ma anche a quelle piccolo proprietarie, quelli che oggi piangono per la svalorizzazione dei loro beni e si organizzano a destra, a sinistra o nel de-ideologizzato per ripristinare il -loro- governo nel recinto statale. Conflittualità fra interessi particolari piccoli e grandi, guerra in Europa, siamo nel nostro.
RispondiEliminaL'attore oggi latente e silenzioso uscirà dal cono d'ombra?