Certi
navigatori filosofi hanno per fine la verità pratica, e pertanto si prendono la
briga, con un’autorità di giudizio che ha motivo valido nel loro lume e nella
propria coscienza, di segnalare alle anime sprovvedute il verso esatto in cui il
mondo stancamente si rigira. Posano a coscienze infelici, figure nelle quali –
per dirla con Hegel – la coscienza della vita, la coscienza dell’esistere e
dell’operare della vita stessa è soltanto il dolore per questo esistere e per
questo operare.
Sui
temi che riguardano la condizione sociale e la volontà di riscatto, hanno buon
gioco nel mostrare scetticismo e distacco, paghi per il fallimento che regna nella
generazione della quale loro malgrado fanno parte. Guai a eccepire poiché ti
sbattono in faccia, con il sarcasmo di cui sono capaci, ogni dettaglio che
confermi ciò che la loro rabbia può cogliere in un’epoca che vuole essere
detestata.
Sono
quelle coscienze autarchiche che il potere può tollerare perfettamente, anzi,
incoraggia senz’altro di allungare il vino con l’acqua sporca. Si conosce il
detto di Socrate rivolto a un giovane: “Parla un po’, così che possa vederti”. E
dunque basta leggere poche frasi di questi filosofi per dirsi sicuri che i
nostri occhi sanno vederli nelle loro confuse miserie quotidiane.
Sembrano
aver rinunciato alle passioni, tranne una che è un disturbo del loro ego, ossia
il riflettere sulla propria superiore intelligenza. E ai sogni, loro bersaglio
preferito, non sospettando che quanto più la necessità viene ad essere
socialmente sognata, tanto più il sogno diviene necessario. Non sospettano
nemmeno di sognare essi stessi, ma di un cattivo sogno, quello di una società
sempre uguale, ossia una società incatenata. E ciò esprime in definitiva il
loro desiderio di dormire e basta. Buon sonno, dunque.
di solito fumano la pipa, ci credo che s'addormono
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