mercoledì 20 gennaio 2016

Buon sonno, dunque


Certi navigatori filosofi hanno per fine la verità pratica, e pertanto si prendono la briga, con un’autorità di giudizio che ha motivo valido nel loro lume e nella propria coscienza, di segnalare alle anime sprovvedute il verso esatto in cui il mondo stancamente si rigira. Posano a coscienze infelici, figure nelle quali – per dirla con Hegel – la coscienza della vita, la coscienza dell’esistere e dell’operare della vita stessa è soltanto il dolore per questo esistere e per questo operare.

Sui temi che riguardano la condizione sociale e la volontà di riscatto, hanno buon gioco nel mostrare scetticismo e distacco, paghi per il fallimento che regna nella generazione della quale loro malgrado fanno parte. Guai a eccepire poiché ti sbattono in faccia, con il sarcasmo di cui sono capaci, ogni dettaglio che confermi ciò che la loro rabbia può cogliere in un’epoca che vuole essere detestata.

Sono quelle coscienze autarchiche che il potere può tollerare perfettamente, anzi, incoraggia senz’altro di allungare il vino con l’acqua sporca. Si conosce il detto di Socrate rivolto a un giovane: “Parla un po’, così che possa vederti”. E dunque basta leggere poche frasi di questi filosofi per dirsi sicuri che i nostri occhi sanno vederli nelle loro confuse miserie quotidiane.


Sembrano aver rinunciato alle passioni, tranne una che è un disturbo del loro ego, ossia il riflettere sulla propria superiore intelligenza. E ai sogni, loro bersaglio preferito, non sospettando che quanto più la necessità viene ad essere socialmente sognata, tanto più il sogno diviene necessario. Non sospettano nemmeno di sognare essi stessi, ma di un cattivo sogno, quello di una società sempre uguale, ossia una società incatenata. E ciò esprime in definitiva il loro desiderio di dormire e basta. Buon sonno, dunque.

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