A
che cosa serve accanirsi per aumentare la produttività e dunque lo sfruttamento
del lavoro se ciò si traduce in condizioni di vita e di lavoro peggiori
rispetto a prima? A che serve l’ampliamento della produzione se questa non può
seguire quello dell’accumulazione, generando un capitale speculativo che ha
raggiunto forme e livelli demenziali? A che serve l’accumulazione se essa non
può essere totalmente impiegata nell’allargamento dell’attività produttiva,
come dimostra la crisi e il sottoutilizzo degli impianti? Non solo la
produzione e la grande proprietà immobiliare, ma gli Stati stessi sono passati
in mano al grande capitale, alle Banche e agli azionisti.
Scartata
ignominiosamente l'idea che si possa costruire una società basata sulla
razionalità e una redistribuzione secondo gli effettivi bisogni di ognuno, che
idea ci siamo fatti di questo sistema? Lo consideriamo davvero definitivo ed
inevitabile? Se a tale stato di cose non vediamo alternativa, se consideriamo
l’attuale mondo come il miglior mondo possibile nonostante le sue devastazioni
economiche, sociali e ambientali, allora rassegniamoci anche a subire le
magnifiche e progressive sorti che tale sistema ci riserva. E se le Borse
crollano, la crisi persevera e anzi diventa infinita e più aspra, se il lavoro non c’è
ed è quello che è quando c’è, se gli echi di guerra s’approssimano, dobbiamo
sapere anzitutto chi ringraziare: noi stessi.
Oh,
ma come parli facile, e allora quale sarebbe la soluzione? La soluzione viene
dalle cose, e per quanto ci riguarda singolarmente e per prima cosa è
necessario smetterla di dare credito a questo sistema e ai suoi galoppini, e
approcciarci ad un rovesciamento di prospettiva. Che cosa bisogna intendere
esattamente per rovesciamento di prospettiva?
*
Due
fratelli molto legati l'uno all'altro avevano una mania curiosa. Essi
indicavano con una pietra gli avvenimenti della giornata: una pietra bianca per
i momenti felici, una nera per i momenti d'infelicità e i dispiaceri. Scesa la
sera, quando confrontavano il contenuto del loro orcio, l'uno non trovava che
pietre bianche, l'altro che pietre nere. Incuriositi da una tale costanza nel
modo di vivere differentemente la stessa sorte, furono d'accordo di chiedere
consiglio ad un uomo reputato per la saggezza delle sue parole. “Voi non vi
parlate abbastanza” disse il saggio. “Che ciascuno spieghi le ragioni della sua
scelta, che ne ricerchi le cause”. Così essi fecero da quel momento.
Come
constatarono presto, il primo restava fedele alle pietre bianche e il secondo a
quelle nere, tuttavia in entrambi gli orci il numero delle pietre era
diminuito. Invece di una trentina, se ne contavano appena sette o otto. Poco
tempo era trascorso che il saggio vide ritornare i due fratelli. I loro volti
esprimevano una grande tristezza.
"Non
molto tempo fa", disse l'uno, "il mio orcio si riempiva di sassi
color della notte, la disperazione mi abitava in permanenza, ero ridotto, lo
confesso, a vivere per inerzia. Ora, depongo raramente più di otto pietre, ma
ciò che rappresentano questi otto segni di miseria mi è intollerabile a tal
punto che ormai non posso vivere in un simile stato". E l'altro: “Quanto a
me, io ammucchiavo ogni giorno delle pietre bianche. Oggi ne conto soltanto
sette o otto, ma queste mi affascinano tanto che non mi succede mai di
rievocare quegli istanti felici senza subito desiderare di riviverli più
intensamente e, per dire tutto, eternamente. Tale desiderio mi tormenta”.
Il
saggio sorrideva ascoltandoli. “Suvvia, va tutto bene, le cose stanno prendendo
forma. Perseverate. Ancora una parola. All’occasione, ponetevi la domanda:
perché il gioco dell’orcio e delle pietre ci appassiona in tal modo?”. Quando i
due fratelli incontrarono di nuovo il saggio, fu per dichiarare: “Ci siamo
posti la questione; nessuna risposta. Allora l'abbiamo posta a tutto il
villaggio. Vedi l'animazione che vi regna. La sera, accovacciati davanti alle
loro case, delle famiglie intere discutono di pietre bianche e di pietre nere.
Solo i capi e i notabili si tengono in disparte. Nera o bianca, una pietra è
una pietra e tutte si equivalgono, essi dicono sfottendo”.
Il
vecchio non nascondeva la sua soddisfazione. “La faccenda segue il suo corso, così
come previsto. Non v’inquietate. Ben presto la questione non si porrà più; essa
è divenuta senza importanza, e forse un giorno dubiterete d'averla posta”. Poco
dopo le previsioni del vecchio furono confermate nel modo seguente: una gran
gioia si era impadronita della gente del villaggio; all'alba di una notte
agitata, il sole illuminò, conficcate sui pali affilati di una palizzata, le
teste tagliate di fresco dei contabili e dei capi.
Lo consideriamo davvero definitivo ed inevitabile?
RispondiEliminabeh la schiavitu' ,considerando anche i " benevoli" periodi in cui essa e' stata sostituita dalla piu' "umana" servitu, e' stata la prassi di tutte le societa' fino a poco tempo fa ; e il suo rapido ritorno mi fa temere che sia stato il pur imperfetto "socialismo" dello scorso secolo , l' eccezione e non la regola.
Lo consideriamo davvero definitivo ed inevitabile?
RispondiEliminaL’analisi economica marxiana sempre presente in filigrana – e per quel che ne capisco in gran parte corretta - non tiene conto della componente entropica, e non lo poteva essere contestualmente. Il ‘sottile ottimismo teleologico’ del Nostro penso sia innegabile, e qualche meme ebraico avrà fatto anche la sua parte.
Però moriremo/moriranno - le future generazioni - prima nelle nostre/loro scorie, onda peristaltica compresa.
La ‘razionalità’ del bimbo consumatore, che è pervasivamente internazionale, non prevede la valutazione costi/ricavi mentre la tassonomia 'devastazione economica, sociale e ambientale' viene articolata da ognuno di noi come meglio crede. Per quel che vale.
La psiche dei veri e pochi gestori qualificanti del Sistema ormai non esce più dal proprio perimetro criminale dove assoldare galoppini è cosa semplicissima mentre il numero dei soggetti non in vendita sul mercato è veramente esiguo.
Ci accontentiamo – ahimè - della Rete come ricettacolo di livori e rancori o la palestra di tic ideologici ed esercitazioni intellettualistiche. La soluzione viene dalle cose e ci riguarda personalmente. Da sempre.
La soluzione viene dalle cose.
Parliamo delle piccole, piccolissime, quasi microscopiche cose: delle Grandi ne tratta bene l’articolo sopra (ogni tanto potremmo essere un po’autarchici come alternativa al “Post”) e poi domani è domenica, ci alleggeriamo.
Come pensiamo di favorire la complessa palingesi nostrana quando il saluto interpersonale, anche nelle occasioni più cogenti, è assente o si limita allo squallido: Salve ? Si dimentica anche l’ABC cara Compagna. :-) Non ci resta che ritirarci in una nomadelfia per pochi:
pochi, per litigare ci vuole un attimo. La Storia è maestra.