Crollano
le borse, come del resto annunciato e facilmente previsto da mesi. Sui motivi
del crollo c’è ampia scelta di motivazioni. Ve ne fosse uno che dicesse: è il
capitalismo, bellezza. Non sarebbe uno scandalo, ma servirebbe a mettere il
discorso sul binario giusto. Chi può dire di queste cose oneste su un giornale
o in televisione?
Tuttavia
prevedo che tra non molto – mesi, anni, lustri, non importa – si tornerà a
pronunciare, obtorto collo, la parola
tabù.
Secondo
l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), citata nel sito del World
Economic forum, complessivamente i disoccupati globalmente considerati sono 200
milioni. Se non siete tra questi poveracci e godete di buon reddito, della cosa,
per ora, probabilmente v’interessa un fico.
La
classe dominante (esiste, o non risulta neanche questo?) riunita a Davos
prevede da qui al 2020 altri milioni di disoccupati nelle 15 economie più
sviluppate ed emergenti (pari al 65% della forza lavoro mondiale), ossia altri
5,1 milioni di posti di lavoro in meno.
«Senza azioni urgenti e mirate compiute
oggi tali da gestire la transizione a breve termine e costruire una forza
lavoro con capacità “a prova di futuro”, i governi dovranno fronteggiare la
crescita della disoccupazione, della diseguaglianza e delle imprese con una
base di utenza calante.»
Non avevo mai sentito chiamare gli schiavi "base d'utenza". Soprattutto i governi dovranno preoccuparsi del crescente “disordine” sociale. Ad ogni modo non
avranno difficoltà a gestirlo e incanalarlo.
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