venerdì 27 marzo 2015

“L’entusiasmo dei giorni d’agosto”


Se s’impone una scelta fra ingiustizia e disordine, diceva Goethe, il tedesco sceglie l’ingiustizia.

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Quando pensiamo alla distruzione di una biblioteca, può venire in mente quella, mitica quasi, di Alessandria d’Egitto. Altri potrebbero citare la biblioteca descritta in un romanzo poi trasposto in peplum medievale. Più raro venga in mente la biblioteca di Sarajevo. Quando invece pensiamo al rogo doloso di libri ammonticchiati nelle piazze è quasi automatico pensare alle immagini dei falò organizzati negli anni Trenta in Germania. Quei libri eretici furono bruciati dai nazisti, e però dentro alle divise c’erano dei tedeschi. Un popolo che quasi ha stupito per la capacità di risollevarsi dalle distruzioni della seconda guerra, ma forse dovrebbe stupire molto di più che a questa nazione e alle sue classi dirigenti, macchiati dei più gravi crimini contro l’umanità, sia stata data la possibilità di ricostruirsi come grande potenza europea e mondiale, al punto che oggi il loro atteggiamento sprezzante e altero non è in sostanza molto dissimile dal passato.

Ed è per tale motivo che sta riemergendo e diffondendosi nel resto d’Europa e per converso in Germania quel sentimento di ostilità e risentimento fatto di reciproche accuse che già più volte è stato foriero di catastrofi. Non per questo si può tacere di quanto è accaduto in passato più volte, per esempio in un periodo in cui un importante storico berlinese così descriveva il clima emotivo della società tedesca: “L’entusiasmo dei giorni d’agosto del 1914 costituisce per tutti coloro che li hanno vissuti un elemento di altissimo valore, degno di ricordo perenne …..”.

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Luciano Canfora, in un suo lodevole volumetto dal titolo eloquente, 1914, accenna ad un episodio accaduto in quel fatidico anno e che oggi non molti conoscono, ossia la distruzione di una delle più importanti biblioteche europee. Scrive:

«[…] la Germania viene accusata di condurre un tipo di guerra di carattere terroristico, un tipo di guerra che non risparmia nemmeno i beni preziosi dell’umanità – il famoso bombardamento della biblioteca di Lovanio, per esempio, una delle più preziose biblioteche del mondo, che fu attuato dai tedeschi, al solito si dice per errore ...


Propaganda bellica del nemico, scrissero gli intellettuali tedeschi nel noto appello dei 93 professori universitari rivolto al mondo civile (Aufruf an die Kulturwelt) in replica a ciò che era seguito soprattutto con le notizie che giungevano dal Belgio invaso. Il Manifest der 93 fu pubblicato il 4 ottobre del 1914 su un periodico, intitolato Europäische Geschichts-Kalender, e fu diffuso nelle principali lingue del mondo, indirizzato alle principali personalità europee e americane (*).

In particolare, come nota lo stesso Canfora, i firmatari di quel Manifesto affermavano sicuri che:

«Non è vero che le nostre truppe abbiano commesso eccessi contro la città di Lovanio» – e qui, dice Canfora, è un po’ difficile riuscir credibili perché la biblioteca fu bruciata – «al contrario i soldati tedeschi si sono prodigati per salvare opere d’arte, quale per esempio il municipio della città. Naturalmente per quanto amanti dell’arte, i tedeschi non baratteranno mai la salvezza di un’opera d’arte, in cambio di una sconfitta tedesca».


Non va dimenticato, tra l’altro, che la neutralità del Belgio era sancita dal Trattato di Londra (1839) e garantita dal Regno di Prussia che ne era uno dei co-firmatari, garanzia assunta e confermata nel 1871 dal Reich tedesco. Ad ogni modo prendiamo per buono tale assunto, e cioè che un esercito – non solo quello tedesco – non baratterà mai la salvezza di un’opera d’arte in cambio di una sconfitta, e andiamo a vedere come si svolsero i fatti, sui quali Canfora, credo per ragioni di spazio, non allude, così come non offre cifre sui danni e le atrocità commesse a Lovanio.

Però prima di passare al dettaglio di cosa accadde nella città belga in quell’agosto del 1914 sarà bene rammentare che la stessa biblioteca fu poi distrutta daccapo all’inizio della seconda guerra mondiale, nella seconda invasione del Belgio da parte tedesca.  

Sempre per la storia, rilevo che tra i firmatari di quel Manifesto c’erano personaggi del calibro di Max Planck, il premio Nobel per la chimica Adolf von Baeyer, il benemerito medico e ricercatore Paul Ehrlich, Nobel per la medicina, quindi Max Liebermann, che come artista romantico non ha bisogno di presentazioni, il noto teologo cattolico Adolf von Harnack (che proprio in quell’anno poté fregiarsi della preposizione von). Eccetera. E che cosa scrissero e firmarono, tra l’altro, questi chiarissimi e raffinatissimi intellettuali germanici?

«Non è vero che la condotta tedesca della guerra contravvenga alle norme del diritto internazionale; semmai è incredibile che coloro i quali si atteggiano a paladini della civiltà europea si siano coalizzati coi russi e coi serbi, e offrano al mondo l’ignobile spettacolo dei negri e dei mongoli aizzati contro la razza bianca» (**).

Qual è la differenza tra queste parole e ciò che ebbero a sottoscrivere una generazione più tardi in quella stessa Germania altri intellettuali tedeschi?

Forse c’è anche del comico in questo Manifesto, di là delle palesi falsità, è cioè questa frase:

«Senza il militarismo tedesco la cultura tedesca sarebbe stata da tempo cancellata dalla faccia della terra.»

*


Lovanio è una città medievale vicino a Bruxelles, nel centro delle Fiandre, famosa per la sua università e per un’incomparabile biblioteca fondata nel 1426, quando Berlino era un villaggio di capanne di legno. La biblioteca, allora, aveva sede nella casa trecentesca della corporazione dei mercanti della lana, ospitava circa 300.000 volumi tra i quali una raccolta unica al mondo di circa 750 manoscritti e oltre 1.000 incunaboli. La facciata del municipio era un “gioiello di arte gotica”, di una straordinaria ricchezza nel suo genere. Nella chiesa di san Pietro erano conservate pale d’altare di maestri fiamminghi. Dunque non s’è trattato solo l’incendio della biblioteca, ma i danni e il saccheggio di una parte cospicua del patrimonio architettonico e artistico della città, nonché di oltre un migliaio di abitazioni private.  L’uccisione di centinaia di persone.

Le motivazioni che portarono a tali distruzioni e atrocità sembrano perfino incredibili nella loro dinamica. Il secondo giorno di occupazione tedesca della città, un soldato tedesco rimase colpito a una gamba presumibilmente da un franco tiratore. Il borgomastro s’appellò alla città perché fossero consegnate le armi. Lui e altri funzionari furono presi come ostaggi, e cominciarono le fucilazioni di civili dietro la ferrovia. Intanto le truppe dell’armata del generale Kluck continuavano a sfilare attraverso la città.

Il 25 agosto le forze regolari belghe a Malines fecero un’improvvisa sortita contro la retroguardia dell’armata di Kluck sospingendola disordinatamente verso Loviano. Nella confusione della ritirata un cavallo senza cavaliere entrava nella notte nella città e spaventò un altro cavallo che fece cadere un carro. Partirono dei colpi di fucile, un soldato tedesco, preso dal panico, si mise a gridare che c’erano dei franchi tiratori, e iniziò una sparatoria. Pare – ma non è stato mai chiarito ­– che i soldati tedeschi si spararono tra di loro. Il fatto in sé ebbe esiti irrilevanti, e tuttavia il comando tedesco decise non di punire i pretesi misfatti ma di dare un esempio che incutesse paura alla popolazione belga.

Queste le motivazioni che portarono alla distruzione e al saccheggio, all’uccisione di centinaia di innocenti, e non già che qualche atto di sabotaggio da parte di un paese invaso proditoriamente potesse paventare, di per sé, “una sconfitta tedesca”. Ciò che non tollerarono i tedeschi in tale frangente, così come un quarto di secolo dopo con la seconda distruzione della biblioteca (e, per esempio, con l'immotivato bombardamento dell’antica Rotterdam) fu la fiera resistenza apposta all’invasore teutonico dal popolo belga. È la sorte riservata, in ogni momento storico, a chi si oppone alla volontà di predominio germanica.



(*) Seguì al Manifesto la Dichiarazione dei docenti universitari dell'Impero tedesco, con più di tremila firmatari.

(**) «Sich als Verteidiger europäischer Zivilisation zu gebärden, haben die am wenigsten das Recht, die sich mit Russen und Serben verbünden und der Welt das schmachvolle Schauspiel bieten, Mongolen und Neger auf die weiße Rasse zu hetzen.»


(***) «Ohne den deutschen Militarismus wäre die deutsche Kultur längst vom Erdboden getilgt.»

6 commenti:

  1. Letture sempre interessanti.

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  2. sono stato in Belgio quest'estate. Quanta tristezza a leggere questi tuoi scritti.

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  3. Cara Olympe,
    suvvia,in fondo ,il mite popolo belga,nel suo piccolo,ebbe modo di rifarsi ampiamente nelle sue colonie ,in particolar modo nel Belgio,senza per questo aver avuto il conforto di un grande intellettuale del calibro di Ghoete..
    O forse si ,ignoro la letteratura belga..o forse magari solo perche'i negri ,erano sub umani,per cui non valeva nemmeno la pena,di glorificare le imprese contro i mau mau..

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  4. e del bombardamento dell' abbazia di cassino che si dice ? :-)
    Non per polemica naturalmente,ma per evidenziare che la guerra e' un " gioco bestiale"spinto dall' "imperativo categorico" della "vittoria" ( insomma il football moltiplicato per un milione :-)) , e guai per tutti quando le elites decidono di giocarlo.

    Poi naturalmente chi ha vinto sara' " il giusto " e " chi ha perso " sara' " il dannato"; e' la regola.

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  5. Intervento della Linke in parlamento sulla politica estera tedesca:

    http://www.pandoratv.it/

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  6. La vera guerra ...e' quella tra le classi sociali..ultimo frase del post di Olympe ,quindi a mio avviso e' in parte inutile soffermarsi sui militarismi reciproci e su chi sia stato in piu'o in meno..."feroce"..
    Parlare di popoli e nazioni puo'diventare oltre un certo livello "fuorviante",se si vuole mantenere un atteggiamento razionale e fuori da ogni aspetto "moralistico"..
    Nemmeno Marx ,poteva ai suoi tempi immaginare il livello tecnologico distruttivo di eseciti ed armi moderne a partire dalla 1 Gm,ma almeno ci ha fornito una chiave interpretativa sulle guerre ..in piu' il metodo dialettico ci puoaiutare a comprende il livello dello scontro prossimo futuro,in fondo le forze produttive in qualche misura spiegano pure il livello degli armamenti.. (lo sviluppo)
    Tra un po' ci verranno magari a dire che la 1 Gm ,da noi,fu combattuta per la nostra liberta'..sui confini orientali...ci risiamo ..bisogna tenere alta la guardia,almeno per quanto possibile..
    Poi ovviamente ect,ect

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