giovedì 11 luglio 2013

La sommità della società borghese


Per chi segue questo blog da più tempo, sa che alla fine del 2011 dissi, sulla base dei primi provvedimenti economici addottati dal signor Monti Mario, che questi sarà pure un mago per quanto riguarda gl’intrecci finanziari della banda bassotti, ma che di economia reale non capisce un cazzo. Proprio così: un cazzo. Erano i tempi nei quali il signor Monti Mario, divenuto senatore a vita, stava sugli scudi e appariva ora come il salvatore della patria e ora come l’angelo vendicatore. Perciò affermare che egli non capisse un cazzo di economia significava esporsi al reato di lesa maestà.

Venivamo da due manovre, nel 2011, quella di giugno e quella di agosto, “per una cifra complessiva astronomica di 195 miliardi di euro in tre anni”, come scrisse allora il Corriere della sera. E Monti che fa? Inasprisce la fiscalità generale, dunque soprattutto quella a carico di salariati e pensionati. Era, nel novembre-dicembre 2011, nelle condizioni di dettar legge ai partiti, di varare misure di autentica e incisiva riforma. O almeno di provarci. Colpì solo i poveracci. Disse che i grandi patrimoni da tassare erano di difficile individuazione. Simpatico Monti.



Bisogna attendere precisamente il dicembre 2012 per leggere negli editoriali domenicali di Eugenio Scalfari che il suo ex pupillo non “è sensibile ai problemi della crescita”. E altri cori di questo genere s’erano già levati da più parti nei mesi immediatamente precedenti. Come può un bocconiano comprendere di economia politica? Non può per diverse ragioni. Essi sanno recitare in inglese tutte le cialtronerie del raggiro speculativo, ma di economia essi sanno solo ciò che hanno letto nei manuali universitari. L’economia che s’insegna nelle università – basta prendere in mano un manuale di economia politica per rendersene conto – è una pseudoscienza, da un lato, una congerie di empirismi, dall’altro, apologia del capitale.

Ecco per esempio cosa scrive uno di questi fenomeni sulle pagine del Fatto quotidiano:

«La più alta forma di mercato concorrenziale si esprime attraverso l’equità dei salari: questo dovrebbero ricordarsi più spesso i teorici del libero mercato. Se le retribuzioni non sono commisurate al lavoro, alle capacità, all’impegno, alla qualificazione professionale e solo a queste caratteristiche il mercato non esiste. Non è vero che i salari devono rispondere solo alla domanda e all’offerta. È invece vero che la domanda e l’offerta devono coincidere con delle dinamiche razionali di distribuzione del reddito. Il merito retributivo è alla base del sistema di mercato.»

Questo tizio insegna all’università. È chiaro che non ha la più pallida idea di come si determino i salari e come essi non possano commisurarsi al lavoro e la loro “equità” sia un non senso in termini di produzione capitalistica (non dunque di “mercato concorrenziale”). Auspicare poi che la distribuzione del reddito (redditi e salari non sono peraltro la stessa cosa) debba “coincidere con delle dinamiche razionali”, significa non sapere di cosa si parla. Chiusa parentesi.

E del resto a cosa serve sapere con molti dettagli che cos’è un cds o un derivato? Un contratto di derivati è una truffa e solo un demente può firmarlo. Non c’è altro da sapere su questi strumenti del raggiro. E il signor Mario Draghi ne ha sottoscritti per diversi miliardi. Ormai è il segreto di Pulcinella.

I numeri come solito sono impietosi: gli stessi documenti previsionali del signor Monti Mario – al quale andrebbe ritirato il laticlavio e vietato l’ingresso sul territorio nazionale – dimostrano il fallimento totale della sua politica economica. Al netto degli aiuti all’estero, secondo il Def presentato ad aprile del 2012, quest’anno il rapporto debito/pil sarebbe dovuto essere del 117,9%. Ad aprile scorso, come ultimo atto prima di lasciare Palazzo Chigi, la stima è stata aggiornata: siamo al 126,9% e veleggiamo verso quota 130% del Pil. Invece di diminuire rispetto all’anno precedente, il rapporto debito/Pil è aumentato di nove punti. L’Italia è in ginocchio, tra tasse, tagli e credit crunch, e solo dal maggio scorso il credito ai privati è diminuito di 51 miliardi.

Perché nonostante i tagli della spesa sociale, il rapporto debito-Pil, invece di scendere sale? Perché, appunto, si tratta di un rapporto, ed esso varia in base all'andamento del numeratore e del denominatore. Agendo solo sul numeratore, ossia sulla spesa pubblica, si provoca recessione, cioè calo degli investimenti e dei consumi, cosa che comporta evidentemente una riduzione del denominatore a causa di un minor gettito fiscale.

Questa è cosa che sanno benissimo sia a Palazzo Chigi che in via XX Settembre e negli altri covi del potere. Ma si tratta di gente orientata ideologicamente, con precisi interessi, gente che fa approvare il pareggio di bilancio in costituzione in una situazione di recessione come l’attuale, quando serve aprire il rubinetto della spesa pubblica per gli investimenti e la riconversione industriale. O sono dei matti che si sono accordati con altri matti in Europa, oppure un’accolita di malandrini che s’è accordata con altre bande. Propendo per entrambe le ipotesi.

Vediamo altri numeri: è bene sapere che nonostante tutto il settore industriale dell’auto incide sul nostro Pil per oltre il 10%, poiché non poca della componentistica istallata sulle auto “straniere” è made in Italy. Nel giugno 2012, in piena èra dominata dal salvatore della patria, il mercato dell’auto segnava, secondo l’Unrae, un -24%. E per quanto riguarda il primo semestre 2013, esso si chiude così con 731.203 auto immatricolate, il -10,3% rispetto alle 815.213 dell’anno precedente e una perdita in volume di 84.000 unità. Ciò si traduce – e veniamo al Pil – in sei mesi in 270 milioni di euro di Iva persi e 1,6 miliardi di fatturato in meno! Eccolo qui il denominatore: meno Iva, bollo auto, marche da bollo, accise sui carburanti, imposte provinciali, contributo SSN sulle RCA, ecc.

Scrive il rapporto dell’Unrae: II mercato dell’auto è al suo quinto anno di una crisi che nessuno nel settore aveva mai sperimentato prima. I numeri ci riportano indietro di quasi quaranta anni. Il calo del mercato ha i contorni ben delineati dalla pressione fiscale, dalla difficoltà di accesso al credito e dai costi di gestione del possesso fuori dalla nostra possibilità di controllo.

Il rapporto non dice soprattutto una cosa, peraltro risaputa, e cioè che siamo in presenza di un mercato saturo, ai primi posti a livello mondiale come numero di auto per abitante, nel 2010 ne avevamo circa 600 ogni 1000 persone.

Che si fa? Investiamo ancora nel mercato dell’auto? È una partita persa, si sente dire con qualche ragione, perché non è mai stata seriamente giocata. E si doveva giocarla almeno 20 anni fa invece di puntare tutto sulla riduzione dei salari – i quali, peraltro, incidono poco sui costi complessivi – , sulla svalutazione competitiva (che è poi la stessa cosa per quanto riguarda i salari) e sulle vecchie posizioni di quasi monopolio del mercato nazionale.

E tuttavia non partiamo da zero e il settore auto può dire ancora qualcosa in termini industriali, ma se lasciamo fare non ai tecnici e alle persone effettivamente competenti (ma a chi, visto che non c’è uno straccio di piano?), ma ai finanzieri, cioè a Marchionne, è notte fonda.

Altri numeri della disfatta economica italiana riguardano il settore immobiliare. L’edilizia è ovviamente un settore strategico, perché trainante di tutto il resto. Anche in questo caso il mercato è saturo, la penisola cementificata dalle Alpi a Triscina (il commissario Montalbano di lì non passa mai!). Nel primo trimestre 2013, il calo degli scambi rispetto al corrispettivo trimestre 2012 è pari al -13,8%, ed è il quinto calo tendenziale consecutivo.

In quindici anni – scrive un rapporto congiunto di Legambiente e CGIL – sono state costruite circa 4 milioni di abitazioni delle quali 450.000 abusive. Il rapporto non dice dove siano localizzate tali abitazioni abusive, ma costruire nel Trivento – realtà che conosco – non dico un’abitazione abusiva ma anche solo un camino abusivo, è cosa assai difficile. In compenso la Regione Sicilia ha legalizzato, in varie fasi, con alcuni colpi di bacchetta magica decine di migliaia di abitazioni abusive. Posso testimoniare personalmente che da Gela ad Agrigento, interi quartieri sono popolati da palazzoni senza finestre né infissi, facciate senza intonaco, scheletri di ferro e cemento, strade non asfaltate. Anche in questi luoghi non si effettuano riprese del commissario Montalbano.

In Campania i dati sono impressionanti: 170mila case illegali, 6mila ogni anno, 500 al mese, 16 al giorno, si aspetta una sola parola d’ordine: sanatoria. Il Popolo della Libertà punta a riaprire i termini del condono edilizio, compresi gli immobili edificati senza licenze e in aree vincolate.  Nella sua prima uscita pubblica da presidente della commissione Giustizia, quel galantuomo di Francesco Nitto Palma ha detto: “I cittadini non possono vedere la loro casa andare giù”.

Secondo l’Agenzia del territorio nel 2012 in Campania sono state censite 2.222 case abusive ogni 100mila abitanti. Napoli città ha anche un altro record, oltre a quello di città più criminale d’Europa. Nell’ufficio condoni del Comune si sono accumulate 110mila pratiche di sanatoria, 70 del solo quartiere di Pianura, 58mila abitanti, il quartiere con il più alto indice di abusivismo d’Italia.

Per la Campania si sono fatte delle simulazioni contabili arrivando a scoprire che se le 170mila case illegali già censite dall’Agenzia del territorio pagassero tutte le imposte, porterebbero nelle casse dei comuni oltre 120 milioni di Imu e 53 milioni per il recupero dell’Ici non pagata.

Anche queste sono scelte politiche, poiché migliaia di famiglie in abitazioni abusive e fiscalmente esenti si traducono in decine di migliaia di voti.

Dice la Banca d’Italia che: una delle principali criticità che caratterizza il sistema di tassazione immobiliare in Italia riguarda le rendite catastali utilizzate per determinare la base imponibile dell’Imu, oltre che di numerose altre imposte (di registro, ipotecarie e catastali e di successione e donazione, nonché sui redditi e IRAP).

Questo fa sì che un appartamento popolare posto in periferia di una grande città venga a trovarsi gravato di un’imposizione maggiore rispetto a un rustico restaurato con le note agevolazioni fiscali. E, mentre da un lato s’è posta molta cura e a più riprese sulla previdenza, nessun provvedimento è stato adottato per l’aggiornamento delle rendite catastali. È anche questa una scelta di politica economica di classe.

La stessa Banca d’Italia entra anche nel merito dell’imposta di successione – un tema che ho trattato più volte in questo blog a proposito della asserita “sfuggevolezza” della ricchezza – che pure ha notevoli effettivi sulle entrate fiscali e sulla tassazione immobiliare:

Resta decisamente inferiore nel nostro paese il peso del prelievo sulle successioni e donazioni.

Anche questa è una scelta politica di classe da parte del governo dell’”equità”.

L'aristocrazia che sgoverna questo paese, nelle sue forme parassitarie così come nei suoi piaceri, non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommità della società borghese.

Ora pare, secondo un rapporto di Mediobanca, che entro sei mesi l’Italia dovrà dichiarare default (chiamare default il fallimento, fa più fino). Non sarà così, ma i rischi aumentano e con essi le tensioni di tutti i tipi. Scrivevo il 5 aprile:

Siamo presi in una tagliola, non per l’euro (se non fosse per la crisi, le facezie sulla moneta unica non galleggerebbero), ma per le politiche economiche e fiscali demenziali perseguite anzitutto dalla Germania, la quale per nessun motivo rinuncerebbe a un solo decimale del suo surplus. Rimanere in questa trincea, significa morire dissanguati; cercare di uscirne per scorciatoie, porta a lacerarsi fino a morte. E tutto ciò in un quadro internazionale nel quale covano cose che non sappiamo e stentiamo a comprendere.


11 commenti:

  1. GRILLO IL POMPIERE

    «Dovreste essere orgogliosi di questo Movimento che ha mantenuto un po’ di democrazia in questo Paese: la gente vorrebbe i fucili, vorrebbe sparare ma io dico no, abbiamo i metodi democratici, proviamo ancora con quelli».

    Saluti

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  2. Si è osteggiato il leghismo a livello nazionale, che secondo me aveva una sua ratio (vedi abusivismo e sprechi o ruberia del meridione), ma lo si tollera a livello europeo! Quando un industriale (?) in televisione afferma: "Un lavoratore a Bologna mi costa circa 34 mila euro, in Argentina e Croazia circa 7 mila, in Romania 3 mila scarsi" è possibile che nessuno gli chieda? "Ma lei, in quei paesi riuscirebbe a vendere i suoi prodotti agli stessi prezzi che li vende in Italia?" Per quanto riguarda M.M. sono d'accordo sul fatto che non capisca un cazzo di economia reale, secondo me non era il suo compito se il Britannia aveva e ha una sua ratio, il compito assegnatogli lo ha svolto egregiamente bene aumentando il debito pubblico e rendendoci ancora più schiavi e ricattabili dalle banche che sono i suoi reali datori di lavoro. Ciao e grazie, Fabio

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    1. ciao Fabio, sicuramente i leghisti qualche ragione ce l'hanno, così come i nazisti avevano qualche ragione per dolersi del trattato di versailles. purtroppo gli uni e gli altri sbagliavano soprattutto su tutto il resto. che non era poco.
      grazie a te

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  3. "ancora" non è né sempre né solo, da altre frasi della conferenza stampa mi sembra di capire che ipotizza l'avvicinarsi del limite in cui lo scontro per il M5S cambierà di livello.

    Che una parte della "gente vorrebbe i fucili" non è certo una condizione sufficiente. Senza un piano, un'organizzazione, una massa critica, sarebbe puro masochismo in quanto porterebbe diritti alla repressione e restaurazione. Tutte cose in cui in questi ultimi anni si sono attrezzati, conoscendo benissimo i rischi e le opportunità che questi scenari comportano per loro.

    Grillo non è la soluzione. La soluzione è il comunismo. Ma, in italia, il M5S potrebbe essere un passo avanti. E sottolineo potrebbe. Soprattutto nelle molteplici sfere in cui si sono mossi i movimenti dal basso.
    Saluti

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    1. Gentile Anonimo, non per rispolverare la vecchia e nota questione, ma il comunismo in un solo Paese - a maggior ragione in un sistema mondiale come l'attuale - non è utopia, è sogno allo stato puro.

      O la storia fa un passo avanti dappertutto o non lo fa da nessuna parte (come infatti sta accadendo).

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    2. Mah..

      Ogni viaggio, anche il più lungo, comincia con il primo passo.

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    3. Per l'appunto i movimenti cosidetti dal "basso" sono stati e sono a seconda delle sfere e delle rivendicazioni da cui e per cui si sono sviluppati molto differenti ma si è preferito e si ha avuta molta convenienza nel generalizzare,accumunare ed appiattire le diversità secondo il proprio tornaconto.
      M5S? Diciamo che ci sarebbero esempi migliori ;-)

      Il M5S è una macchina di accumulazione di consenso in grado di agire in ambito interclassista ,un'azienda di marketing ,un catalizzatore di seguaci acritici con sindrome da accerchiamento che si credono protagonisti di un cambiamento che sui presupposti enunciati non ci sarà mai e che nella realta svolge funzione conservativa,reazionaria e di mediazione con gli interessi ed i fini volubili del capitale.

      Vendono indifferentemente al proletario come al piccolomedio borghese in crisi identitaria falsi obiettivi rivoluzionari e sbandierano nemici che rappresentano solo gli effetti.
      Le prospettive e la massima aspirazione per migliorare la propria vita e "lo stato di cose presente" sarebbero poi quelle per una nuova fase con al centro un capitalismo "buono",decrescente con tanto di pseudolibertà di informazione e voto democratico digitale, esimendosi naturalmente dall'accennare a contraddizioni irrisolvibili ed a possibili uscite in blocco dello e dallo stesso.

      Grillo(e chi lo gestisce),per come la vedo,cavalca il confine fra autorità ed esempio,fra leader maximo e "consigliere",utilizza la leggera rete ma non disdegna la vecchia e pesante piazza per lanciare proclami,impone una linea economico-politica ed al tempo stesso cerca di accordarsi e sintonizzarsi ai desideri della massa,attira la protesta salvo poi prestarsi alla dispersione degli obiettivi primari delle classi antagoniste,è contro i partiti e rappresenta esso stesso un partito( privato).

      Non solo non rappresentano nessun passo verso una qualsivoglia sinistra o comunismo o fantomatica DD, ma stanno soddisfando al meglio le nuove esigenze "liquide" delle borghesie ,nell'immediato in chiave di esperimento ed accontentandosi di una posizione volutamente ed esclusivamente antagonista e di sfogo ed in prospettiva nell'aprire un percorso ed un modus operandi di riferimento.

      Saluti
      Filippo

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    4. E.C. soddisfacendo (soddisfando)

      Filippo

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    5. Bene, Filippo. Il Movimento potrebb’essere da ultimo un esperimento effimero e però preparatorio, o il vero battesimo politico degli sciami, una sovrastruttura elastica piú adeguata a raccogliere e contenere i flutti scomposti della piccola borghesia —come s’autorappresenta, soggiungo per non irritare Olympe— in rovina, senza sbavature rivoluzionarie.

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    6. sull'autorappresentatività, sono favorevole alla precisazione, perciò accolta! :)

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    7. Un altro punto di vista su Grillo:

      http://sollevazione.blogspot.it/2013/07/noi-siamo-la-rabbia-buona-non-quella.html

      Saluti Marco

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