Il consiglio superiore di difesa ha mandato a dire al
parlamento – in realtà a buona parte del paese – che in materia di difesa il
parlamento stesso non è competente. In base ad argomentazioni giuridiche assai
curiose. Dice in sostanza che la competenza in tali materie è del governo, del
quale si compone, con il suo presidente del consiglio e i ministri “forti” del
gabinetto, il consiglio superiore di difesa stesso.
Insomma, in materia di difesa, il consiglio superiore
di difesa stabilisce – in modo chiaro e di là dei formalismi della
comunicazione diramata – non solo la sua competenza “tecnica”, bensì la sua esclusiva prerogativa a trattare di tali
cose e anzi pone il veto al parlamento di occuparsene – cioè di discuterne – già
semplicemente nelle forme d’indirizzo politico.
E, si badi bene, nella nota del consiglio superiore
di difesa non si parla della mozione
della maggioranza parlamentare che aveva deciso di sospendere l’acquisto di
decine di cacciabombardieri in attesa di un approfondimento della questione. La
presa di posizione del consiglio superiore di difesa è in via generale. Mai un
organismo dello Stato era arrivato a una simile presa di posizione, mai un organismo dello Stato era arrivato a porre veti del genere al parlamento, espressione – almeno sulla carta – della sovranità popolare.
In materia di armamenti, e poi chissà in quali altre
materie “tecniche” riguardanti le forze armate e la difesa, il parlamento deve
stare muto e attenersi alle decisioni degli organi “tecnici”, in definitiva
degli stati maggiori delle forze armate.
Quanti aerei, quante navi, quanti carri armati di cui
si deve dotare la nazione, lo decide il governo e i militari. Dal punto di
vista propriamente tecnico, la tipologia di una nave da guerra o di un aereo,
non è indifferente al suo impiego. La tipologia degli F-35, cacciabombardieri,
è tipicamente vocata per l’attacco. E così le portaerei, esse non servono per
la difesa del territorio, ma in appoggio ad azioni d’attacco lontane dal
territorio nazionale (peraltro sono vietate all'Italia in base a trattati internazionali).
Se non è materia questa di cui può e deve discutere
il parlamento, se non può occuparsi – per il veto posto dal governo e dai
vertici militari – della verifica sulla compatibilità delle spese militari, perché di questo in sostanza si tratta, c’è da chiedersi a
cosa serva un parlamento, ossia la
funzione legislativa, e il valore degli artt. 76 e 77 della costituzione.
Questa vicenda, non meno di altre, rivela in realtà quale sia
la natura effettiva di questo sistema e quanto aleatoria la cosiddetta
sovranità popolare. E, soprattutto, cosa si va preparando.
Un parlamento che avesse ancora un residuo di dignità,
chiamerebbe il governo alle camere per sentirsi dire direttamente dal
presidente del consiglio ciò che invece ha affidato a un comunicato stampa. Voterebbe
una mozione di sfiducia al governo se non recedesse nelle sue decisioni di far
acquisire nuovi sistemi d’arma fino a nuova pronuncia del parlamento sulla
compatibilità di tali provvedimenti, e non sostituisse immediatamente gli
attuali vertici militari, assai inaffidabili sotto il profilo democratico. Con
l’occasione non sarebbe inopportuno che il parlamento insediasse una
commissione d’inchiesta per indagare, sotto tutti i profili, la faccenda dei
contratti di fornitura per le forze armate. Forse, in tal modo, si verrà a capo
tra l’altro del perché certi papaveri della difesa, non appena dismessa l’uniforme,
inforchino la porta di importanti società.
Non conosciamo ancora,a distanza di 70 anni,gli accordi presi per la Guerra Fredda,figuriamoci se ci dicono cosa ha firmato d'alemoni per poter, noi Cappadocia dell'impero, scodinzolare alla corte del Prence
RispondiEliminaCi siamo venduti l'Anima per cupidigia di servilismo.