Questo
sistema afferma nelle sue carte fondamentali di garantire i cosiddetti “diritti
naturali”, di salvaguardare i diritti di libertà e, di conseguenza, di promuovere
l'autonomia creativa dell'individuo. Sono principi quanto mai auspicabili e la
cui applicazione concreta configurerebbe un sistema sociale quasi perfetto. Tuttavia
nella pratica ciò avviene, quando avviene, con non poche distorsioni, eccezioni e
limitazioni.
Infatti, non risulta che i “diritti naturali” – lavoro,
istruzione, salute, abitazione, partecipazione, ecc. – della maggioranza dei
viventi siano garantiti da questo sistema economico-sociale. Certo, oggi in
genere molti vivono meglio di quanti tiravano a campare un secolo fa, ma di
questi risultati è difficile dare grande merito particolare al sistema
politico-sociale in sé, essendo tali risultati piuttosto il portato degli
enormi progressi del lavoro e dell’intelligenza, della tecnica e della scienza.
Per
di più, proprio a fronte delle enormi capacità e possibilità della produzione
moderna, tali diritti così come elencati, non sono garantiti o sono accessibili
solo in parte a miliardi di esseri umani. Ecco quindi che il richiamo ai
sacrosanti “diritti naturali”, della libertà e dell’autonomia creativa
dell'individuo, non di rado serve a mascherare che una piccola minoranza di
persone, una determinata classe sociale, domina su tutti gli altri.
Inoltre,
si assume come principio cardine della dottrina economica sociale quello di
permettere ad ognuno di agire secondo il proprio interesse individuale, solo
che non si tiene conto che solo pochi possiedono i mezzi materiali per
esercitare tale diritto, e perciò il perseguimento di tali scopi individuali –
di pochi – va a detrimento – come spesso accade – di quello collettivo.
* * *
L’antico
contadino fu espropriato del piccolo appezzamento di terra dal quale ricavava
sostentamento, e pure le terre comuni gli furono tolte, dove andava a far legna
o a caccia. I grandi proprietari che espropriavano la piccola proprietà agivano
secondo legge, per esempio quella delle cosiddette “recinzioni”, che essi stessi
avevano fatto promulgare. E laddove non bastava la legge, agivano con
l’inganno, la rapina e la violenza. Senza voler fare, per contrappunto, una
“poesia della terra”, si tratta di un processo storico reale che ha determinato
la cosiddetta accumulazione originaria del capitale. Che i capitalisti siano
diventati tali con il proprio lavoro e per parsimonia è una balla colossale che
trova smentita nei fatti e in intere biblioteche.
Al povero
contadino che sarebbe diventato dopo qualche secolo individuo ricco di “diritti
naturali”, non restava altro da fare che vendersi, se non voleva morire di fame.
Ma in nome dei famosi e sacrosanti diritti naturali che aborrano la schiavitù,
il poveraccio non poteva vendersi per essere acquistato da un padrone così come
accadeva specialmente nell’evo antico. Nell’epoca moderna, lo sviluppo storico
imponeva una nuova forma – mediata e più sviluppata – di schiavitù.
Nei
modi di legge i poveracci firmano un regolare contratto con il proprio padrone,
un contratto sinallagmatico sentenziano gli azzeccagarbugli, il quale implica
uno scambio tra una cosa, una prestazione, e un corrispettivo. In cambio di una
certa somma, il proletario attuale – così come già l’ex contadino di un tempo –
cede al capitalista l’unica cosa che possiede, se ancora in salute, ossia la
propria forza-lavoro. Non tutta in una volta ovviamente, poiché ciò condurrebbe
l’operaio all’antica condizione di schiavo, e soprattutto non sarebbe nell’interesse
del capitalista che dovrebbe mantenerlo direttamente e, per non estinguere il
suo capitale, mantenere anche la sua prole.
I
padroni ci tengono a pagare la carne umana al suo giusto prezzo, ossia secondo
la legge della domanda e dell’offerta. Più poveracci ci sono, minore è il prezzo
della carne umana. È per questo motivo che i padroni hanno sempre avuto tanto a
cuore la famiglia, soprattutto quella altrui, e la produzione di marmocchi. In
ciò ricevono aiuto dalle religioni, non ultima quella cattolica. Anche in
questo senso possono essere lette le encicliche pontificie che su questo tasto
battono forte.
Quando
poi la carne dei poveracci diventa troppa, sorgono dei gravi problemi sociali. Un
modo drastico e assai efficace per risolverli è stringere direttamente sulla
causa, ossia quella che chiamano “sovrappopolazione”. I padroni trovano
parecchi sostenitori di questa stravagante teoria pronti a dire, con grafici inoppugnabili
alla mano, che effettivamente siamo troppi. Naturalmente i troppi sono sempre
gli altri. Mai letto un editoriale o uno studio che finalmente dica: “Troppi
ricchi, essi non producono e scialano in modo scandaloso, perciò bisogna
ridurne il numero”. Per molto tempo il “problema” della “sovrappopolazione”,
cioè delle bocche considerate di troppo, è stato risolto facendo ammazzare tra
loro i poveracci. Soprattutto loro.
Nella
nostra epoca è sorto un problema tecnico in riferimento a tale questione. Le
guerre è ben noto non si fanno più con le armi di un tempo, oggi sono
disponibili arsenali di migliaia di testate nucleari, ciascuna delle quali può
annientare una città e il loro impiego multiplo cancellare la nostra presenza
sul pianeta. La detenzione di queste armi non è bilanciata e, anche quando lo
fosse, la situazione cambierebbe poco, così come moltiplicherebbe i rischi di
catastrofe la loro ulteriore proliferazione.
Per
fortuna c’è ancora la possibilità di coltivare conflitti armati locali, e
perciò stando attenti che le faccende di tal genere non sfuggano di mano, si
possono uccidere ancora diverse decine di migliaia di persone in ognuno di
questi conflitti e abbassare il numero dei poveri. E tuttavia ciò evidentemente
non basta. Qualcosa dunque prima o poi
le grandi menti pensanti della politica, i padroni del mondo economico, dovranno
escogitare.
Buonasera ai tuoi pensieri, che tratteggiano con grazia le magnifiche sorti e progressive del migliore dei mondi possibili. ;-)
RispondiEliminaper fortuna ci sei tu stasera. pensa che qui piove, poco, ma piove. piove sempre. piove.
Elimina"Qualcosa dunque prima o poi le grandi menti pensanti della politica, i padroni del mondo economico, dovranno esogitare".
RispondiEliminaForse voleva scrivere..."escogitare".
Saluti
sì, grazie
EliminaMagari l'hanno già escogitato: la decrescita. È tempo di stringere la cintura per noi, ma solo per noi. Buona fine di settimana.
RispondiEliminaanche a te, grazie e ciao
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