lunedì 29 luglio 2013

Nulla è stato fatto e nulla faranno


Sul Sole 24ore di ieri, si poteva leggere, in prima pagina e poi a seguire a pagina 14, un articolo di Simon Johnson, docente alla Sloan School of Management del Mit. L’articolo ha per titolo eloquente il tema trattato, ovvero La finanza senza regole è la zavorra sulla ripresa. Con il suo blasone, può pensare il lettore, chissà quali verità avrà da svelarci il professore americano e soprattutto quali rimedi da proporci. Sorvolando sul fatto che la finanza non è l'unica causa della crisi, di verità il docente ne ha una sola da comunicarci, fattuale e incontrovertibile:

La Volcker Rule (la limitazione dell'attività di compravendita titoli in proprio da parte delle banche) ancora non c'è, le regole per i derivati restano in via di elaborazione e non è stato fatto nessun intervento sui fondi monetari.
Ma c'è di peggio: le nostre banche più grandi sono diventate ancora più grandi e nulla sembra indicare che abbiano abbandonato quel tipo di struttura di incentivi che incoraggia eccessive assunzioni di rischio. E le grandi distorsioni provocate dalle banche "troppo grandi per fallire" incombono minacciose su molte economie.



Le cause di questa impasse vengono motivate in tre modi, i primi due dei quali scartati dallo stesso articolista data la loro assoluta improbabilità, la terza spiegazione – quella che al professore sembra essere plausibile – nasconde la realtà con un’altra mistificazione:

[…] le autorità cui tocca riformare il settore finanziario in realtà non vogliono progressi rapidi. Sia negli Usa che in Europa, i leader politici sono attanagliati da una paura che prevale su tutto il resto, che le loro economie possano tornare in recessione o peggio ancora. Le grandi banche giocano su questa paura sostenendo che con la riforma non riuscirebbero più a fare profitti e non sarebbero più in condizione di prestare denaro.

Posto che sono state le stesse autorità politiche a togliere ogni vincolo alla circolazione dei capitali e all’attività speculativa delle banche e alla connessa produzione di strumenti finanziari, e che perciò è in tali premesse de-regolative che vanno individuate alcune delle cause della crisi economica e finanziaria attuale, c’è dunque da osservare che gli stessi interessi e l’ideologia d’accompagno non sono venuti meno da allora. Pertanto, quelle stesse autorità politiche e monetarie non vogliono progressi rapidi poiché pesantemente coinvolte nei meccanismi finanziari, politici e sociali che consentono il loro stesso potere.

Potere politico e potere economico finanziario sono due facce di un sistema intimamente interconnesso, due àmbiti del potere borghese legati al medesimo destino, il cui dominio è mantenuto con l’apporto sostanziale di un’ideologia che ha pervaso l’intero universo culturale, tanto che ormai anche chi dice di volere un cambiamento non lo invoca in opposizione alle manifeste contraddizioni organiche del sistema, bensì nell’illusione – poco importa se convinta o solo strumentale – di irreggimentarle in un “nuovo” quadro di supposta razionalità e compatibilità.


Le autorità politiche e monetarie, anche qualora riuscissero a stabilire un margine di effettiva autonomia decisionale in capo a queste questioni, sono ben consapevoli che la grande finanza è una polveriera in procinto di esplodere con a capo dei piromani che vanno assecondati. Perciò solo una rivoluzione sociale che abbia come scopo e obiettivo di annientare questo sistema criminale e corrotto e la classe sociale mortifera che lo governa, che ripensi e progetti un nuovo ordine sociale e un nuovo internazionalismo, potrà determinare un effettivo cambiamento ed evitare gli scenari futuri quali drammaticamente si profilano a causa della crisi e della contesa tra le diverse potenze in lotta per l’egemonia mondiale.

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