In quest’afa
di luglio non c'è rischio d'essere presi da qualche fremito di godimento intellettuale a seguire le
cronache politiche di un paese in bancarotta (in tutti i sensi) e che tuttavia
trova sempre modo di dividersi fintamente ed equamente tra laici e cattolici,
reazionari e liberal, puttanieri e semplici guardoni, trombettieri e trombati,
arnesi seminuovi e vecchie suole, pezzi della propaganda femminista e froci
usurati dall’orgoglio.
Le
potenzialità esilaranti e fermentanti tra ambienti e individui del mondo
politico, giornalistico e variamente mondano sono praticamene inesauribili nel
rituale figé di controversie
inventate di sana pianta. Mancano solo i marziani, i quali se dovessero
scegliere un sito acconcio per infiltrarsi non farebbero mancare la loro
preferenza per una terrazza romana, pregustando le dolci abitudini della città.
Ci
siamo assuefatti a una sorta di glorificazione della putrefazione e dell’orrido,
tanto che se c’è qualcosa di serio sui media, ciò è frutto del casuale, una
stortura dell’ordinario che non trova seguito. Dovrebbe prevalere un senso di
nausea universale, ma non mi pare. Spero, almeno per quanto mi riguarda, nelle
cose che passano, che svaniscono se non altro per sfinimento. E invece tutto
l’orrido sembra proprio non dover tramontare mai.
Sorseggiando
il necessario m’immergo in una lettura antica che mi tiene alla larga da ogni
tentazione di dover commentare qualche dettaglio di questa vacuità. Almeno per
oggi.
Chapeau
RispondiEliminaciao
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