venerdì 19 luglio 2013

Mussolini: suo figlio e la sua ex amante morti in manicomio



Poco nota al grande pubblico – fino all’uscita del film Vincere di Bellocchio – fu la vicenda del legame sentimentale tra Mussolini e una delle tante donne della sua vita, ossia Ida Dàlser.

Giordano Guerri rimproverò aspramente, in un articolo del 2009, al regista quanto segue:

È un falso grave […] una delle scene centrali di Vincere, quando Mussolini e la Dalser vengono fatti sposare (addirittura in chiesa), durante la Prima guerra mondiale. 

Nei film di costume, di falsi molto più gravi di quello lamentato da Guerri se ne possono contare a migliaia, e tuttavia gli storici non pare se ne preoccupino. E anche per quanto riguarda i documentari televisivi l’elenco potrebbe essere molto lungo (le stronzate imprecisioni che racconta Bisiach, per esempio, potrei citarle a memoria). Tuttavia la cosa ha poca importanza e non cambia in nulla il giudizio storico sul dittatore, e assai poco anche il giudizio su Mussolini in rapporto alla vicenda Dàlser.

Scrive ancora Guerri:

Come si vede, ce n’è abbastanza perché Mussolini non ne esca affatto bene, e non occorreva che Bellocchio calcasse la mano.





Bellocchio sposa la tesi della Dàlser che ha sempre dichiarato di essersi sposata in chiesa con Mussolini. Ma quello che non sta in tasca a Guerri è, appunto, il fatto che il regista "calchi la mano", rappresentando Mussolini per quello che effettivamente fu e ciò non piace a taluni che venga raccontato.

In chiusa dell’articolo, Guerri ribadisce e precisa:

E davvero non c’era bisogno di forzare la mano, per dimostrare che il potere - nella sua essenza più pura, quella dittatoriale – non può essere intrinsecamente, evangelicamente «buono».

Insomma, senza tanti giri di parole si capisce bene che a Guerri il film di Bellocchio gli sta proprio in culo e perciò si appiglia a una dichiarazione del regista per stigmatizzare un giudizio morale che questi aveva dato sulla figura del dittatore. C’è da immaginare che secondo Guerri un tale giudizio debba essere un corrimano valido non solo a riguardo di Harry Truman (“nonostante le due atomiche fatte sganciare su Hiroshima e Nagasaki, è passato alla storia come un uomo sostanzialmente buono”), ma per tutti i dittatori, Hitler e Stalin compresi.

Parentesi. È sicuro Giordano Guerri, nei suoi articoli su Cuba, per fare un esempio, di non esprimere dei giudizi morali personalissimi sull’essenza più pura della società cubana e di non esprimersi con pregiudizio intrinsecamente evangelico al riguardo?

Bellocchio ha fatto male a sposare la tesi della Dàlser sul suo presunto matrimonio con Mussolini, e tuttavia non si può ridurre il compito dei registi, dei romanzieri o dei drammaturghi che si occupano di una certa vicenda storica, a quello di raccontatori di meri fatti (peraltro in ogni racconto di questo tipo c’è interpretazione, la quale sfocia spesso nella finzione). Resta dunque, dal mio punto di vista, esagerata la polemica giornalistica innescata su tale aspetto particolare del film, il quale falsa non già la sostanza della storia, che resta autentica, ma solo un episodio che sposa la tesi della Dàlser. È un fatto scontato, però, che Giordano Guerri in simili polemiche si trovi sempre dallo stesso lato della barricata.

Il giornalista avrebbe invece dovuto chiedersi, oltre che rilevare il “grave falso” compiuto dal regista, se Mussolini ha fatto uccidere i due congiunti o invece non si sia curato di impedirne la morte. Che per un uomo della sua posizione non fa grande differenza. Vale la pena ricordare che i due morirono in manicomio in circostanze perlomeno sospette.

Infine, c’è da considerare che da un film non si può pretendere quell’impegno didattico e purismo filologico la cui carenza è altresì ravvisabile in molti storici di professione, per tacere dei giornalisti che s’improvvisano storici. Lo spettatore che vuole approfondire un tema, oggi ha molti e agevoli mezzi per farlo. Che è poi quello che sto cercando di fare.

* * *

Alla “voce” di Wikipedia intestata a Benito Albino Dalser, si legge:

Secondo la ricostruzione di Zeni, basata su un'intervista che questi afferma di aver avuto con la Dalser, sarebbe stato riconosciuto a Milano  dal padre l'11 gennaio del 1916. Tuttavia il documento di riconoscimento non è mai stato trovato.

Dunque, il documento di riconoscimento non è mai stato trovato. Il riconoscimento del padre, pertanto, sarebbe dovuto alla ricostruzione che ne fa il giornalista Marco Zeni, basata su un'intervista che questi affermerebbe (quando mai?) di aver avuto con la Dàlser.

Che Marco Zeni possa aver intervistato la signora Dàlser (1880-1937) è da ritenersi quantomeno improbabile per un semplice fatto anagrafico (Zeni, infatti, non era ancora nato alla morte della Dàlser).

Si dà però il caso che lo stesso giornalista, nel suo libro (L’ultimo filò, ed. Effe e Erre, 2000) nel quale ricostruisce la vicenda, riporti nel cap. X (p. 261), il testo di una lettera scritta dallo stesso Mussolini in data 15 febbraio 1920, dove lo stesso capo dei fascisti dichiara, tra l’altro, di aver riconosciuto il figlio nato dalla nota relazione. Ma non è tutto.

La voce di Wikipedia dedicata al figlio di Mussolini contrasta, paradossalmente, con la voce della stessa Wikipedia che tratta invece della madre, cioè di Ida Dàlser. Si legge, a proposito del figlio, che vi è un documento notarile che prova questo riconoscimento”. Il documento è quello sottoscritto l’11 gennaio 1916 presso il notaio Buffioli di Monza, nel quale Mussolini attesta la paternità.

Di là di questo, come si evince dalla sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano (presidente Giovanni Maria Antonioli, giudici Vincenzo Porro e Luigi Serra), durante il processo nella causa promossa dalla Dàlser il 19 maggio 1916 contro Mussolini, per essere stata «sedotta e resa madre con promessa di matrimonio non mantenuta», l'imputato ammise di avere avuto una relazione con la Dalser, riconobbe pure di essere il padre del bambino e si offrì di provvedere al suo mantenimento versando alla madre la somma di lire 200 mensili. Il tribunale accolse la proposta con sentenza del 31 luglio 1916, depositata il successivo 7 settembre.

Dunque, il riconoscimento non è asserito solo dal giornalista Marco Zeni, in assenza peraltro di riscontro documentale e in base a una fantomatica intervista, così come si legge in Wikipedia, ma secondo una sentenza di tribunale. C’è poi il famoso rapporto dell’ispettore generale di PS, Gasti, il quale informa il presidente del consiglio che il figlio fu poi riconosciuto legalmente dal Mussolini il 16 gennaio 1916.




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