Poco nota al grande pubblico – fino all’uscita del
film Vincere di Bellocchio – fu la
vicenda del legame sentimentale tra Mussolini e una delle tante donne della sua
vita, ossia Ida Dàlser.
Giordano Guerri rimproverò aspramente,
in un articolo del 2009, al regista quanto segue:
È un falso grave […] una
delle scene centrali di Vincere, quando Mussolini e la Dalser vengono fatti
sposare (addirittura in chiesa), durante la Prima guerra mondiale.
Nei film di costume, di falsi molto più gravi di
quello lamentato da Guerri se ne possono contare a migliaia, e tuttavia gli
storici non pare se ne preoccupino. E anche per quanto riguarda i documentari
televisivi l’elenco potrebbe essere molto lungo (le stronzate imprecisioni che racconta
Bisiach, per esempio, potrei citarle a memoria). Tuttavia la cosa ha poca
importanza e non cambia in nulla il giudizio storico sul dittatore, e assai
poco anche il giudizio su Mussolini in rapporto alla vicenda Dàlser.
Scrive ancora Guerri:
Come si vede, ce n’è
abbastanza perché Mussolini non ne esca affatto bene, e non occorreva che
Bellocchio calcasse la mano.
Bellocchio sposa la tesi della Dàlser
che ha sempre dichiarato di essersi sposata in chiesa con Mussolini. Ma quello che
non sta in tasca a Guerri è, appunto, il fatto che il regista "calchi la mano", rappresentando
Mussolini per quello che effettivamente fu e ciò non piace a taluni che venga raccontato.
In chiusa dell’articolo, Guerri
ribadisce e precisa:
E davvero non c’era bisogno
di forzare la mano, per dimostrare che il potere - nella sua essenza più pura,
quella dittatoriale – non può essere intrinsecamente, evangelicamente «buono».
Insomma,
senza tanti giri di parole si capisce bene che a Guerri il film di Bellocchio
gli sta proprio in culo e perciò si appiglia a una dichiarazione del regista
per stigmatizzare un giudizio morale che questi aveva dato sulla figura del
dittatore. C’è da immaginare che secondo Guerri un tale giudizio debba essere un
corrimano valido non solo a riguardo di Harry Truman (“nonostante le due atomiche fatte sganciare su
Hiroshima e Nagasaki, è passato alla storia come un uomo sostanzialmente buono”),
ma per tutti i dittatori, Hitler e Stalin compresi.
Parentesi. È sicuro Giordano Guerri,
nei suoi articoli su Cuba, per fare un esempio, di non esprimere dei giudizi
morali personalissimi sull’essenza più pura
della società cubana e di non esprimersi con pregiudizio intrinsecamente evangelico al riguardo?
Bellocchio ha fatto male a sposare la
tesi della Dàlser sul suo presunto matrimonio con Mussolini, e tuttavia non si
può ridurre il compito dei registi, dei romanzieri o dei drammaturghi che si
occupano di una certa vicenda storica, a quello di raccontatori di meri fatti (peraltro
in ogni racconto di questo tipo c’è interpretazione, la quale sfocia spesso nella finzione). Resta dunque, dal mio punto di vista, esagerata la polemica
giornalistica innescata su tale aspetto particolare del film, il quale falsa non
già la sostanza della storia, che resta autentica, ma solo un episodio che
sposa la tesi della Dàlser. È un fatto scontato, però, che Giordano Guerri in
simili polemiche si trovi sempre dallo stesso lato della barricata.
Il giornalista avrebbe invece dovuto
chiedersi, oltre che rilevare il “grave falso” compiuto dal regista, se Mussolini ha fatto uccidere i due congiunti o invece non
si sia curato di impedirne la morte. Che per un uomo della sua posizione non
fa grande differenza. Vale la pena ricordare che i due morirono in manicomio in
circostanze perlomeno sospette.
Infine, c’è da considerare che da un
film non si può pretendere quell’impegno didattico e purismo filologico la cui
carenza è altresì ravvisabile in molti storici di professione, per tacere dei
giornalisti che s’improvvisano storici. Lo spettatore che vuole approfondire un
tema, oggi ha molti e agevoli mezzi per farlo. Che è poi quello che sto cercando
di fare.
* * *
Alla “voce” di Wikipedia intestata a Benito Albino Dalser, si legge:
Secondo la ricostruzione di Zeni, basata su un'intervista che
questi afferma di aver avuto con la Dalser, sarebbe stato riconosciuto a Milano dal
padre l'11 gennaio del 1916. Tuttavia il documento di riconoscimento non è mai
stato trovato.
Dunque, il documento di riconoscimento non è mai stato
trovato. Il riconoscimento del padre, pertanto, sarebbe dovuto alla
ricostruzione che ne fa il giornalista Marco Zeni, basata su un'intervista che
questi affermerebbe (quando mai?) di aver avuto con la Dàlser.
Che Marco Zeni possa aver intervistato la signora Dàlser
(1880-1937) è da ritenersi quantomeno improbabile per un semplice fatto
anagrafico (Zeni, infatti, non era ancora nato alla morte della Dàlser).
Si dà però il caso che lo stesso giornalista, nel suo libro (L’ultimo filò, ed. Effe e Erre, 2000) nel
quale ricostruisce la vicenda, riporti nel cap. X (p. 261), il testo di una lettera scritta dallo stesso Mussolini in data 15
febbraio 1920, dove lo stesso capo dei fascisti dichiara, tra l’altro, di aver
riconosciuto il figlio nato dalla nota relazione. Ma non è tutto.
La voce di Wikipedia dedicata al figlio di Mussolini
contrasta, paradossalmente, con la voce della stessa Wikipedia che tratta
invece della madre, cioè di Ida Dàlser. Si legge, a proposito del figlio, che “vi è un documento notarile che
prova questo riconoscimento”. Il documento è quello
sottoscritto l’11 gennaio 1916 presso il notaio Buffioli di Monza, nel quale
Mussolini attesta la paternità.
Di là di questo, come si evince dalla sentenza pronunciata dal Tribunale
di Milano (presidente Giovanni Maria Antonioli, giudici Vincenzo Porro e Luigi
Serra), durante il
processo nella causa promossa dalla Dàlser il 19 maggio 1916 contro Mussolini, per essere stata «sedotta e resa madre con promessa di matrimonio non mantenuta», l'imputato ammise di avere avuto una relazione con la Dalser, riconobbe pure di essere il padre del bambino e si offrì di provvedere al suo mantenimento
versando alla madre la somma di lire 200 mensili. Il tribunale accolse la
proposta con sentenza del 31 luglio 1916, depositata il successivo 7 settembre.
Dunque, il riconoscimento non è asserito solo dal giornalista Marco
Zeni, in assenza peraltro di riscontro documentale e in base a una fantomatica
intervista, così come si legge in Wikipedia, ma secondo una sentenza di
tribunale. C’è poi il famoso rapporto dell’ispettore generale di PS,
Gasti, il quale informa il presidente del consiglio che il figlio fu
poi riconosciuto legalmente dal Mussolini il 16 gennaio 1916.
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