sabato 6 aprile 2024

Le armi segrete di Hitler

 

Quale modo migliore per far decollare la fantasia se non dipingendola con i colori del Terzo Reich? Tra i tanti capitoli della storia della II Guerra Mondiale, quello delle armi segrete tedesche occupa sicuramente un posto speciale (le Wunderwaffen di Goebbles). Sebbene il loro impatto sul corso del conflitto sia stato molto limitato sul piano strettamente operativo, la loro eredità tecnologica e psicologica è invece considerevole.

Non si tratta di una immagine reale, però è molto suggestiva.

Il razzo V2, è stato il primo missile balistico della storia. Faceva parte delle Vergeltungswaffen, “armi di ritorsione”, schierate dal Terzo Reich nel tentativo di volgere le sorti della guerra a vantaggio della Germania e poi per rispondere ai devastanti bombardamenti delle città tedesche da parte dell’aviazione anglo-americana.

La bomba volante V1, il cannone a carica multipla V3, gli aerei Me 262, il Me 163 Komet e l’Arado E.555, i sottomarini tipo XXI, eccetera. La fantasia di progettisti e sviluppatori non ebbe limiti: nel 1943, più di un anno dopo la sua entrata in azione, Albert Speer, ministro dell’Industria e degli Armamenti del Reich, benché pragmatico e buon pianificatore, doveva ancora gestire nella Luftwaffe non meno di 425 tipi e versioni di aerei!

Tuttavia i numeri sono chiari: di queste armi, il 41,5% non è mai andato oltre la fase di progettazione, il 28,8% ha raggiunto la fase di prototipo, il 7,6% è riuscito a raggiungere la produzione in fabbrica, ma non ha avuto il tempo di essere utilizzato dopo il crollo della Germania. Solo il 22% riuscì effettivamente a essere utilizzato in combattimento, fino a un certo punto e con alterne fortune.

Oltre allo sviluppo e all’uso strategico e tattico di armi innovative, il progetto più segreto fu certamente il tentativo di produrre una bomba nucleare. Il fallito tentativo tedesco di costruire un’arma atomica fu tanto reale quanto quello, pienamente riuscito, del progetto Manhattan, del quale conosciamo l’esistenza, altrimenti segretissima, dopo che le bombe furono sganciate sulle città giapponesi (contrariamente all’opinione di Eisenhower che riteneva il Giappone comunque prossimo alla resa).

Subito prima dei tedeschi, i francesi stoccarono dell’ossido di deuterio norvegese (la famosa acqua pesante, che fungeva da moderatore per neutroni nei reattori), che servirà nel dopoguerra a De Gaulle per la realizzazione della sua force de frappe. Inoltre i tedeschi disponevano delle risorse scientifiche e dell’uranio necessario (l’Uranverein è già nel 1939).

Per quale motivo, o serie di motivi, gli scienziati tedeschi si erano occupati solo dello sviluppo di un reattore nucleare, mentre i loro colleghi, a volte loro allievi e compagni di studi, negli Stati Uniti, erano riusciti, in un tempo ancora più breve, a realizzare la bomba atomica? In ciò a cui si credevano impegnati, la corsa alla bomba, aveva avuto luogo davvero?

Non lasciamoci influenzare troppo dalle ricostruzioni degli storici e tantomeno da quelle giornalistiche che tanta presa fanno sul pubblico. Veniamo ai fatti fisici puri e duri: la fissione nucleare è resa possibile nei nuclei pesanti del plutonio o dell’uranio 235. Il loro nucleo contiene tanti protoni i quali tendono ad allontanarsi tra loro (per la loro repulsione elettrica), che aggiungendo appena una modesta quantità di energia – ceduta da un neutrone addizionale lanciato sul nucleo – l’intero nucleo si spezza in due frammenti carichi positivamente. Questi si separano abbastanza da non tornare mai più indietro – al contrario, la repulsione elettrica li spinge ancor più ad allontanarsi tra loro, liberando una grande quantità di energia.

Durante il funzionamento di un reattore all’uranio si forma un nuovo elemento con 94 protoni, ossia l’“elemento 94”. Questo elemento è più fissile dell’uranio 235, a sua volta l’isotopo più fissile dell’uranio. L’elemento 94 fu scoperto solo nel 1940 negli Stati Uniti (Lawrence Berkeley National Laboratory), dove venne chiamato plutonio (era stato identificato il primo elemento transuranico, poi chiamato nettunio Np239 che a sua volta decade emettendo elettroni dando luogo a un isotopo di massa 239 dell’elemento di numero atomico 94, appunto il Plutonio (Pu239); si ritenne per decenni non esistesse in natura), e i ricercatori tedeschi ne vennero a conoscenza solo nel 1946. Come avrebbe potuto essere altrimenti? I loro reattori sperimentali non potevano produrre plutonio!

Perché i ricercatori tedeschi (né inizialmente gli americani!) non riuscirono a creare pochi microgrammi di plutonio in uno degli acceleratori circolari – un ciclotrone – utilizzato nella fisica nucleare? Negli anni ’30 diversi paesi europei li avevano costruiti, ma la Germania non ne aveva uno. Avrebbero potuto requisire i ciclotroni della Francia e della Danimarca occupate, ma nulla è stato fatto in questa direzione. I ricercatori tedeschi quindi non potevano conoscere le proprietà dell’elemento 94.

Qui è necessaria una spiegazione più tecnica ancora: gli scienziati tedeschi hanno dovuto seguire ancora la traccia della bomba all’uranio, ma anche lì non hanno fatto ciò che era necessario. L’idea, quella del Progetto Manhattan, consiste nell’instaurare una reazione esplosiva a catena nell’uranio. Per questo è necessario, invece di utilizzare neutroni rallentati, utilizzare neutroni ad alta energia, quindi veloci.

Per un fisico nucleare dell’epoca, l’utilizzo di neutroni lenti per ottenere un’esplosione aveva senso. Già nel 1934 Enrico Fermi aveva scoperto che i neutroni (i neutroni possono raggiungere con maggiore facilità il nucleo che li può assorbire dando luogo a nuovi isotopi o elementi) di energia ridotta innescano reazioni nucleari più efficienti. Il fatto che per produrre una reazione a catena esplosiva siano necessari neutroni veloci diventa evidente solo se si studia la termodinamica della reazione.

In effetti, i fisici pensavano di utilizzare neutroni lenti perché la loro probabilità di innescare la fissione è 500 volte superiore a quella dei neutroni veloci. Tuttavia, i neutroni veloci innescano le fissioni molto più rapidamente, tanto che, lanciati in una popolazione abbastanza densa di uranio 235, innescano una reazione a catena esplosiva: la fissione di un primo nucleo bombardato da un neutrone produce neutroni che innescano numerose nuove fissioni (Niels Bohr e John Wheeler ipotizzarono che solo U-238 subiva fissioni con neutroni veloci di alta energia, mentre neutroni termici lenti potevano produrre fissione solo nell’U- 235; per fare una bomba all’uranio, è necessario separare l’U-235 dall’U-238, ottenibile solo con metodi fisici – le famose “centrifughe” – e non chimici, poiché i due isotopi hanno identiche proprietà chimiche).

Per questo motivo, con i neutroni veloci, la reazione a catena può procedere prima che l’espansione dell’esplosivo nucleare dovuta al calore abbia fatto scendere la densità degli atomi fissili fino al punto in cui il processo si interrompe. Valutare la densità minima richiesta dell’uranio 235 equivale a calcolare la massa critica. Per fare ciò, dobbiamo ancora conoscere la probabilità di innescare la fissione da parte di un neutrone veloce. In termini fisici ciò equivale a misurare le “sezioni trasversali” dell’uranio 235 bombardato da neutroni veloci. Non vi è alcuna indicazione che i tedeschi lo abbiano fatto (*).

Oggi capiamo perché i fisici tedeschi non tentarono di determinare le sezioni d’urto della fissione dei neutroni ad alta energia utilizzando un ciclotrone: non sapevano che i neutroni veloci erano essenziali per il principio di una bomba. I fisici dell’Uranverein non aveva capito la differenza tra una bomba e un reattore nucleare. La fisica nucleare tedesca era superata.

Certamente il reattore che tentarono di far funzionare avrebbe potuto essere un primo passo verso la bomba al plutonio. Tuttavia, poiché non comprendevano la fisica della bomba, le ricerche da loro effettuate avevano in realtà solo un obiettivo civile. Non furono quindi i limiti economici a impedire a Hitler di ritrovarsi dotato di una bomba atomica; in ogni caso, i fisici tedeschi non si avvicinarono mai ad ottenerne una.

Realizzate le armi nucleari sempre più potenti e i loro lanciatori sempre più precisi e gittanti, possiamo pensare realisticamente che da allora le maggiori potenze belliche, scientifiche e tecnologiche come gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna e anche la Cina, non abbiano mai pensato e progettato la costruzione di altre armi “segrete”, ovvero “armi speciali”, e altri dispositivi in tutto lo spettro delle funzioni militari? Qui la fantasia si può sbizzarrire senza approdare a nulla di concreto, ma non per questo diventa azzardato pensare che quelle potenze si siano dedicate allo studio e realizzazione di nuove e segrete armi (**).

In realtà lo stato dell’arte nel primo dopoguerra era ben diverso da come lo immaginano certi mattacchioni che vorrebbero, per esempio, gli Ufo essere velivoli sviluppati da prototipi nazisti.

Andiamo ai fatti. Solo i bombardieri Silverplate B-29 erano in grado di trasportare armi nucleari Fat Man e dei 65 B-29 Silverplate prodotti, solo 32 erano ancora operativi all’inizio del 1948, tutti assegnati al 509th Bombardment Group, che aveva sede presso l’aeroporto militare di Roswell nel New Mexico.

Fino al 20% delle città bersaglio erano oltre la portata di 3.000 miglia nautiche (5.600 km) del B-29, e un attacco richiedeva missioni di sola andata, che avrebbe sacrificato l’equipaggio e l’aereo. C’erano anche dubbi sulla capacità del B-29 di penetrare nello spazio aereo sovietico; come bombardiere a elica, e senza scorta, non poteva competere con i caccia a reazione sovietici, nemmeno di notte.

Vennero varati i B36 e anche i B50, e tuttavia, sulla base dei diversi piani di guerra statunitensi (Operation Unthinkable, piano Pincher, Trojan, Offtackle) si era tutt’altro che certi che si sarebbero potuti conseguire gli obiettivi pianificati, senza dire dello scontro interno tra la marina e l’aeronautica noto come la rivolta degli ammiragli (Revolt of the Admirals).

Lo scoppio della prima atomica sovietica e poi il conflitto coreano furono una manna per l’apparato militare-industriale statunitense: il bilancio della difesa da 14,258 miliardi di dollari nell’anno fiscale 1950 (equivalenti a 143 miliardi di dollari nel 2023) passò a 53,208 miliardi di dollari nel 1951 (501 miliardi di dollari nel 2023) e poi a 65,992 miliardi di dollari nel 1952 (equivalenti a 608 miliardi nel 2023). In tre anni fu più che quadruplicato.

Stanziamenti mostruosi, che non andarono solo alla costruzione di altre unità militari, di navi e aerei, carri armati e nuovi equipaggiamenti. Il concetto di deterrenza nucleare non figurava ancora nei piani di guerra; le armi nucleari erano viste esclusivamente come armi da guerra. I test nucleari dell’Operazione Sandstone dell’aprile e del maggio 1948 avevano dimostrato i miglioramenti ottenuti; la nuova bomba nucleare Mark 4, entrata in servizio nel marzo 1949, era un ordigno più pratico rispetto al suo predecessore, e il suo nucleo composto di uranio-plutonio faceva un uso più economico del materiale fissile disponibile. Nel maggio 1948, il Laboratorio Scientifico di Los Alamos iniziò a lavorare alla progettazione della bomba nucleare Mark 5, un’arma più piccola e leggera. Lo sviluppo delle bombe atomiche sovietiche fornì l’impulso allo sviluppo di armi termonucleari ancora più distruttive.

(*) Ci solo altri aspetti della questione che portano a pensare che per i fisici dell’Uranverein un reattore e una bomba avrebbero dovuto funzionare secondo lo stesso principio e avere la stessa forma. Tuttavia tali reattori non possono esplodere come una bomba. I fisici tedeschi si occupavano solo delle sezioni effettive immediatamente utili al funzionamento di un reattore: quelle dell’uranio naturale bombardato da neutroni lenti. Poiché Niels Bohr aveva dimostrato che l’uranio 238 non può produrre fissione da neutroni di questa energia, si sono concentrati sulle fissioni dell’uranio 235, la cui abbondanza naturale è solo dello 0,7202%. Quando l’uranio naturale viene bombardato con neutroni veloci, le fissioni dell’uranio 235 vengono soffocate da quelle, molto più numerose, dell’uranio 238. Una separazione isotopica sufficientemente avanzata da ottenere campioni sufficientemente arricchiti in uranio 235 avrebbe potuto consentire ai fisici tedeschi di ottenere la sezione dell’uranio 235 bombardata da neutroni veloci. Questo non è stato fatto.

Per determinare la sezione trasversale dell’uranio 235, i ricercatori tedeschi avrebbero potuto prendere anche un’altra strada, ossia separare alcuni microgrammi di uranio 235, poi utilizzati per determinare le sezioni d’urto utili nei ciclotroni di Parigi o Copenaghen. Nulla è stato fatto in questa direzione.

Tuttavia, nessuno storico si è accorto che l’Uranverein non conosceva le sezioni effettive necessarie per calcolare le masse critiche delle bombe all’uranio o al plutonio, né che aveva la possibilità di determinarle, ma non lo fece.

L’altra condizione necessaria per costruire la bomba è conoscerne il principio di funzionamento. I resoconti segreti delle ricerche tedesche ci dicono di no. Fino al 1942, i suoi ricercatori li inviavano all’Heereswaffenamt. Colpisce notare che in tutta questa massa di documenti, pochissimi riguardano la bomba.

Per farla breve: dopo la guerra, Heisenberg affermò di aver sempre saputo che la bomba era possibile solo con l’aiuto di neutroni veloci. Tuttavia, fino alla fine della guerra, non discusse mai con nessuno di questa possibilità e, in seguito, non ammise mai di aver fallito nella costruzione della bomba atomica. Heisenberg non era neanche lontanamente vicino all’obiettivo. Stava appena cominciando a comprendere la fisica della bomba, mentre negli Stati Uniti i fisici l’avevano già padroneggiata nel 1940.

Rinchiuso assieme ai suoi colleghi nella Farm Hall, in Inghilterra, apprese dell’esplosione della bomba di Hiroshima e alcuni particolari su di essa. Il suo seminario a Farm Hall dimostrò che una settimana di lavoro gli era sufficiente per realizzare il principio fondamentale della bomba, ma che fino ad allora aveva commesso degli errori che riflettono il fatto che non aveva mai fatto certi calcoli esatti prima d’allora.

Tutto ciò contraddice l’affermazione secondo cui non avrebbe potuto farcela, così come la teoria secondo cui ci sarebbe riuscito presto. Inoltre, anche i mezzi personali e finanziari erano ridicoli rispetto al compito prefissato. Va notato che molti dei ricercatori, soprattutto i più giovani, potevano temere, se il loro progetto fosse stato interrotto, di non essere riassegnati ad altre ricerche, ma mandati al fronte. Le piccole équipe disperse che portavano avanti progetti parziali e dei quali facevano parte rappresentavano quindi altrettante possibilità di rimanere in vita. Essi capirono chiaramente che al regime nazista si poteva solo tacere ciò che non si sapeva. Non aver mai indagato seriamente sul corretto funzionamento della bomba durante la guerra non era un segno di incompetenza, ma piuttosto di lungimiranza.

(**) Prima ancora della fine del conflitto, americani, inglesi e francesi intendevano beneficiare dei progressi tecnologici del Terzo Reich. In questa caccia agli scienziati tedeschi, gli alleati occidentali si consideravano concorrenti dei russi.

Gli americani presero l’iniziativa con l’operazione Paperclip. Nell’aprile 1945, il generale Patton inviò d’urgenza la sua 3a armata a conquistare la Turingia, dove si trovava la fabbrica V2 Mittelwerk Dora vicino a Nordhausen. Le truppe americane erano accompagnate dagli scienziati della commissione Alsos, incaricata di valutare la rilevanza dei vari progetti di armamenti. Soprattutto, gli americani volevano recuperare quanti più scienziati possibile prima dei sovietici e sembravano interessati soprattutto ai progetti aeronautici di ogni genere.

Gli americani inviarono ad Anversa una trentina di treni carichi di V2 e pezzi di ricambio che caricarono su 14 navi Liberty. Gli inglesi, che si sentirono ingannati dagli americani, salirono a bordo delle navi Liberty in alto mare. Dopo trattative segrete, il convoglio poté ripartire per gli Stati Uniti.

Lo stesso dicasi per i francesi. Il 18 novembre 1944, il generale de Gaulle creò la Missione militare per gli affari tedeschi (MMAA) guidata dal generale Koeltz. Comprendeva la Direzione generale degli studi e delle ricerche (DGER), responsabile del recupero degli scienziati tedeschi e aveva come emanazione la DEFA (Direzione degli studi e della fabbricazione degli armamenti). La DEFA reclutò i primi scienziati tedeschi il 1° agosto 1945 e, tra l’altro, integrò la fabbrica Mauser di Oberndorf che, ribattezzata, divenne DEFA, il centro di sviluppo di Oberndorf.

Fu in questo periodo che la Francia recuperò anche l’ingegnere Heinz Bringer, specialista in propulsione e collaboratore di Wernher von Braun, che sviluppò il motore Wiking per il razzo Ariane .


10 commenti:

  1. Chiedo scusa per l'OT volevo chiederle se lei era a conoscenza del fatto che sia Gramsci che Togliatti furono sostenitori dell'interventismo? Mentre Amedeo Bordiga che fu il vero fondatore del PC d'I invece fu durante la guerra sostenitore di Mussolini ed Hitler contro le democrazie borghesi e capitaliste come l'Inghilterra etc?

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    1. Cosa dicono le sue fonti al riguardo?

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    2. Su Gramsci c'è una biografia molto interessante di Luigi Nieddu. Si parla anche di Togliatti nel libro di Nieddu. Sulla Treccani Togliatti viene citato come fautore dell'interventismo democratico. Su Bordiga non ho testi, ma articoli che ho letto su internet ma che non hanno bibliografia. Bisognerebbe indagare su questo. La saluto e la ringrazio. Lei è una persona corretta. A buon intenditore.

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    3. è noto che Gramsci e Togliatti furono interventisti (quest'ultimo prestò anche servizio militare); Amadeo fu un grande personaggio, poco adattabile al settarismo stalinista e non duttile ai compromessi e al tatticismo (questo in certe situazionipuò essere anche un difetto). Non ricordo, nei suoi scritti, alcun accenno di sostegno al fascismo o al nazismo, sia pure in chiave anticapitalista.
      Cordialità.

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    4. ho letto ora il motivo del suo commento e la richiesta di una mia opinione al riguardo: trattasi di fatti accertati e non di opinione: Gramsci e Togliatti furono indubbiamente interventisti. Ricordo che persino uno sceneggiato Rai dedicato a Gramisci citava ampiamente questo fatto. Oggi non ho tempo né voglia di arrampicarmi sugli scaffali, ma glielo do per certo: interventisti. Anche in tal caso però bisogna contestualizzare e comprenderne i motivi. Non c'è nulla di male se avevano quelle posizioni, sicuramente lontane da quelle di Lenin, per esempio.

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  2. La ringrazio per la sua disponibilità.

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  3. Merci beaucoup Madame, per i suoi articoli, ben argomentati e puntuti, ma soprattutto per la sua onestà intellettuale, merce rara di questi tempi.

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  4. Avrai sentito della micidiale arma segreta usata dai russi (ma va'?) a Cuba?
    Pietro

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