La questione dei “diritti umani” viene comunemente vista a senso unico. Ci preoccupiamo del cosiddetto “genocidio culturale degli uiguri”, dei quali sappiamo tutto in dettaglio, ma penso siano pochissimi a sapere che cosa comporta effettivamente, cioè ai fini pratici, l’applicazione del famigerato art. 41 bis nelle carceri italiche.
Sappiamo che quelle misure sono applicate, per anni e anni, a mafiosi e terroristi, i quali è giusto che paghino per le loro malefatte. Tanto per rimanere nell’alveo del “diritto” vorrà pur dire qualcosa che due sentenze della Corte europea dei diritti umani, confermate da un rapporto del Consiglio d’Europa, abbiano stabilito che il 41 bis vìola l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo a riguardo della tortura, le punizioni e i trattamenti inumani e degradanti. “Con la mafia nessuna pietà”, disse a proposito di una delle due sentenze il garantista Luigi Di Maio; e Salvini, allora ministro dell’Interno, riguardo l’altra sentenza commentò da par suo: “follia”.
Pochi sanno che alla base di numerosi rifiuti di diversi Stati a riguardo dell’estradizione di cittadini italiani condannati a pene detentive, non di rado è stata adotta la motivazione che il regime del 41-bis “costituisce una tortura”. Non solo la Francia o il Brasile (altro bel posto), ma anche un tribunale degli Stati Uniti ha motivato in tal senso nel 2007.
Stati Uniti che, a riguardo della tortura e del rispetto dei diritti umani, non possono impartire lezioni a nessuno (la più grande popolazione carceraria del mondo, sia in senso assoluto e sia in rapporto alla popolazione). Da ultimo, per ciò che trapela a riguardo dei gulag statunitensi, i casi di Lashawn Thompson e Joshua McLemore, rappresentativi delle migliaia di casi di abusi, torture e veri e propri omicidi nelle carceri statunitensi ogni anno. I cadaveri emaciati di McLemore e Thompson, lasciati a marcire in celle deplorevoli e disumane, non sono aberrazioni, ma la realtà quotidiana del gulag americano (non solo Guantanamo e Abu Ghraib).
Su questo tema, quello sulle carceri americane, in varie occasioni nel corso degli anni ho scritto nel blog (su quelle russe basti aver letto il Limonov di Emmanuel Carrère). Non solo gli adulti muoiono nelle carceri statunitensi, ma anche i bambini (non solo quelli sparati per strada).
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«Separati da un muro, perché potessero sentirsi ma non vedersi, ci sono Volinia e la Arcangeli. Li sta interrogando Fioriolli. Il nostro capo, Improta, segue tutto da vicino. La ragazza è legata, nuda, la maltrattano, le tirano i capezzoli con una pinza, le infilano un manganello nella vagina, la ragazza urla, il suo compagno la sente e viene picchiato duramente, colpito allo stomaco, alle gambe. Ha paura per sé ma soprattutto per la sua compagna. I due sono molto uniti, costruiranno poi la loro vita insieme, avranno due figlie. È uno dei momenti più vergognosi di quei giorni, uno dei momenti in cui dovrei arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece carico insieme a loro Volinia su una macchina, lo portiamo alla villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato al tavolaccio subisce l’acqua e sale».
La testimonianza è dell’ex commissario della Digos e poi questore Salvatore Genova, allora a capo di una squadra di torturatori detta dell’Ave Maria, che si occupava di interrogare e, secondo la confessione di Genova stesso, torturare i brigatisti e sospetti tali. Facevano un “uso massiccio di waterboarding, ma anche di violenze sessuali, pestaggi e abusi psicologici”.
Italiani brava gente ?
RispondiEliminaSiamo come tutti gli altri. Peggio forse no ma c'è poco da gioire
Hoi l'impressione che i miei commenti su questo argomento (la lotta armata, non la tortura) non siano troppo graditi. Cercherò di essere breve.
RispondiEliminaSe si pensa che fosse guerra allo Stato, allora non può sorprendere che lo Stato ricambi con la guerra. Come disse La Malfa.
Si può obiettare che fu guerra spuria, che verso la fine generò il sospetto che lo scopo fosse il riconoscimento, più che la vittoria della rivoluzione. E che cos'è il riconoscimento se non il posto fisso, nella sudaticcia tradizione italica?
Non sapevo che Mara Cagol, Fabrizio Pelli o Walter Alasia si proponessero per un posto fisso, in tal caso si poteva indire un concorso ad hoc.
EliminaQuella del posto fisso era ironia. Se l'ironia non va a segno, l'autore deve prendersene intera la responsabilità. Invece, sul "riconoscimento", mantengo il punto. E' ovvio che ciò non riguarda tutti, e in particolare chi morì nei primi anni della lotta armata. Se fossi in Senzani e Moretti, scriverei un libretto.
EliminaNon ho potuto nemmeno leggere per intero le descrizioni delle torture..... sarà sicuramente un problema mio...
RispondiEliminaMi chiedo come possa la mente umana arrivare a compiere tali azioni verso un proprio simile....talvolta penso che gli esecutori vengano drogati......