I compagni del Fondo Monetario Internazionale, in occasione dell’incontro primaverile FMI-Banca Mondiale a Washington, hanno pubblicato questa settimana il Global Financial Stability Report. Alla maggior parte delle persone non può fregare di meno prese come sono dai loro quotidiani assilli via smartphone, tipo twitter, facebook, youtube, eccetera.
Salvo poi, come mi raccontava ieri mattina un bancario, correre in banca spaventati quando hanno sentito, un mese fa, che qualche banchetta, tipo Credit Suisse, è stata liquidata in un’acquisizione forzata. Che rottura di palle, concludeva il bancario. Poi mi ha raccontato un altro fatterello che qui non posso esporre in dettaglio, ossia su come un imbecille abbia perso in un colpo solo 175 mila euro per guadagnarne 16 mila in un anno (non invento nulla, purtroppo).
La lettura del report del FMI è particolarmente interessante perché riconosce che il programma di allentamento quantitativo delle banche centrali, guidato dalla Fed statunitense dopo il 2008 e poi accelerato dopo la crisi di marzo 2020, ha creato le condizioni in cui una serie di istituzioni finanziarie, comprese le banche, sarebbero state vulnerabili alla rapida ascesa dei tassi di interesse nell’ultimo anno.
In primo luogo, le misure intraprese dalle banche centrali per scongiurare una crisi immettendo denaro nel sistema finanziario creano solo le condizioni per la sua esplosione in un altro momento. In secondo luogo, le autorità responsabili del sistema non hanno una reale idea del funzionamento del mostro finanziario che hanno contribuito a creare, tanto meno un piano coerente per la sua regolamentazione (cosa che comunque non scongiurerebbe le crisi).
Lo so, questo secondo fatto sembra incredibile, ma leggendo il report, l’incredibile diventa assai credibile: la fiducia della Fed nell’efficacia delle sue politiche era tale che, mentre escogitava una serie di stress test per misurare la tenuta delle banche, non includeva la loro capacità di far fronte a un forte e rapido aumento dei tassi d’interesse (per cui gli imbecilli, pur avvertiti, perdono 175 mila euro).
Inoltre e in particolare nel secondo capitolo del report, dedicato alla nascita delle istituzioni finanziarie non bancarie, emerge con particolare chiarezza che questi intermediari finanziari sono arrivati a svolgere un ruolo sempre più importante e pericoloso nel funzionamento di tutti i mercati finanziari.
Il capitolo inizia così: “La finanza non bancaria basata sul mercato ha registrato una crescita spettacolare dopo la crisi finanziaria globale [2008]. Durante questo periodo, la quota di attività finanziarie globali detenute da intermediari finanziari non bancari (NBFI) è cresciuta da circa il 40 a quasi il 50% del totale”.
Questo rapido aumento è stato in parte dovuto alle normative introdotte dopo il 2008 per cercare di controllare alcune delle attività più speculative delle banche che hanno portato al crollo finanziario. Secondo il rapporto, mentre questi regolamenti hanno reso il sistema bancario “più resiliente”, “hanno effettivamente spinto le attività verso altre parti del sistema finanziario”.
Mentre noi attendavamo con impazienza il crollo del sistema finanziario cinese e poi delle banche russe, il capitale finanziario mondiale ha trovato il modo di continuare le stesse attività speculative che hanno portato al crollo.
Il rapporto rileva che gli NBFI sono giunti a svolgere un ruolo chiave nei principali mercati finanziari, nelle obbligazioni governative e societarie, e sono un motore cruciale dei flussi di capitale verso i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo.
“Allo stesso tempo, in alcuni segmenti dell’ecosistema NBFI si sono accumulate vulnerabilità legate alla leva finanziaria, alla liquidità e all’interconnessione. Particolarmente pericolosa è l’interazione tra scarsa liquidità e leva finanziaria”. Tutto ciò si sapeva, ma i compagni del FMI hanno preferito metterlo nero su bianco (p. 64).
In altre parole, gli NBFI hanno raccolto ingenti somme di denaro, in gran parte attraverso il debito, spesso a breve termine, che viene investito in attività rischiose, che diventano impossibili da scaricare (illiquide) durante un periodo di turbolenza finanziaria, il che significa che c’è difficoltà a rimborsare investitori e prestatori quando cercano di ritirare i loro soldi.
La caratteristica più sorprendente del capitolo è che le autorità finanziarie sono totalmente all’oscuro di molte aree del sistema che dovrebbero controllare. Questo è detto in tutto il report. I casi di ignoranza sono troppo numerosi per essere qui elencati per intero, ma ne cito uno che può illuminare il quadro generale.
Le autorità finanziarie non hanno una reale idea dell’interconnessione degli NBFI con il sistema finanziario più ampio. Sebbene ci siano alcuni dati, “rimangono ampi divari” circa le vulnerabilità di liquidità degli investimenti, del mercato monetario e degli hedge fund, con “circa la metà delle fonti di finanziamento interne NBFI aggregate non contabilizzate”, e ciò può inibire la capacità delle autorità di regolamentazione di monitorare i rischi sistemici (p. 68).
Ora, non spaventatevi, non correte domani mattina dal vostro amico bancario a chiedere quale ruolo abbia avuto nel 2021 Bill Hwang, ossia la family office Archegos Capital, nella parabola del Credit Suisse conclusasi nel 2023. Come se il caso del Long Term Capital Management, per dire di una supercazzola prematurata al 40%, non avesse insegnato niente.
Non è semplicemente il sistema finanziario a creare “bolle”, ma è l’intero sistema capitalistico di accumulazione, per sua legge immanente, una gigantesca bolla.
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