giovedì 6 aprile 2023

Dixi et salvavi animam meam


Sul fronte della guerra e del riarmo, martedì è stato lanciato un appello promosso dallo storico Peter Brandt, figlio dell’ex cancelliere Willy Brandt, e dall’ex presidente della Confederazione sindacale tedesca (DGB) Reiner Hoffmann, firmato, tra molti altri, dall’ex presidente del Bundestag Wolfgang Thierse, dagli ex ministri federali Hans Eichel e Herta Däubler-Gmelin, dall’ex commissario europeo Günter Verheugen, dall’ex presidente dell’SPD Norbert-Walter Borjans, dall’ex leader sindacale Detlef Hensche (IG Druck) e Franz Steinkühler (IG Metall).

L’appello, pubblicato sulla Frankfurter Rundschau e sulla Berliner Zeitung, è rivolto al cancelliere Olaf Scholz perché si occupi di mediare per un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina: “La cosa più importante è fare di tutto per un rapido cessate il fuoco, fermare la guerra di aggressione russa e trovare la via dei negoziati”.

Come si vede, anche in questi appelli alla pace, non si vuole cogliere la realtà delle cose: la guerra in Ucraina riguarda il presente e il futuro dell’ordine mondiale, è un tratto della lotta di potere globale che vede contrapposta l’alleanza transatlantica e del Pacifico, guidata dagli Stati Uniti, e la Cina e la Russia, che si contrappongono a questa egemonia e anzi vogliono spezzarla.

Le principali nazioni del Sud del mondo, come l’India, il Brasile e il Sudafrica, ma anche gli Stati del Golfo Persico, per il momento non prendono una chiara posizione di parte e si stanno comportando secondo i loro interessi nazionali, ma ben presto dovranno fare una scelta di campo.

La dissoluzione dell’Unione Sovietica non si tradusse, come aveva predetto Francis Fukuyama, nella “fine della storia”. L’analista della Rand Corporation definì la fine della guerra fredda “il punto finale dell’evoluzione ideologica dell’umanità e l’universalizzazione della democrazia liberale occidentale come forma finale del governo umano”.

Né la Russia post-sovietica né i paesi a capitalismo avanzato si sono conformati allo schema di Fukuyama. In Russia, invece che la prosperità, si è avuta per molti anni la svendita dei beni statali agli ex burocrati sovietici e a elementi criminali, provocando povertà di massa e livelli di disuguaglianza sociale inediti, e il nuovo Stato russo assunse rapidamente la forma di un regime oligarchico. Né del resto la Russia è stata accolta dai suoi nuovi partner occidentali per essere integrata pacificamente tra le nazioni capitaliste.

È sua la necessità di acquisire e mantenere la propria egemonia nelle ex repubbliche oggi indipendenti, nel garantire la  sicurezza ai propri confini, nello stabilire proficui rapporti economici con l’Europa ed espanderli con altri Paesi, quindi ristabilire il proprio ruolo di potenza non semplicemente regionale. 

Gli Stati Uniti si presentano come l’icona del liberalismo democratico, supremi rappresentanti dei diritti umani e perfino della moralità internazionale, ma la loro lotta per l’egemonia si traduce nel modo più completo, più aperto e più spietato nella guerra. Che lo facciano a spese dell’Iraq, della Siria o della Libia, e ora dell’Ucraina e dell’Europa intera, è un fatto storico oggettivo.

Pertanto, la strategia politica delle invasioni, annessioni e conquiste era ed è radicata non nella follia dei singoli leader, ma nella disperata necessità di controllare l’accesso alle risorse e giocare un ruolo importante, se non dominante, sul mercato mondiale.

Quanto all’ascesa economica e geopolitica della Cina, la nuova situazione ha messo in chiaro le contraddizioni che muovono il capitalismo come sistema mondiale, ed esse devono inevitabilmente fondersi in una conflagrazione di dimensioni mondiali, così come l’esperienza storica ha mostrato più di una volta.

Solo partendo da questa lettura del processo storico e degli avvenimenti recenti, senza mascheramenti e reticenze, con un’onesta comprensione della situazione mondiale e dunque chiamando le cose per ciò che sono, chiarendo l’incompatibilità del sistema di Stati- nazione capitalisti con lo sviluppo pacifico, paritetico e cooperativo tra i popoli, gli appelli “alla pace” possono avere un senso.

1 commento:

  1. Una tesi che caratterizza le posizioni di una parte delle forze che si oppongono alla guerra in Ucraina è quella secondo cui sia gli Stati Uniti d'America (e i loro alleati) sia la Russia, in quanto Stati capitalistici, sono ugualmente responsabili e l'attuale conflitto è semplicemente un caso di contraddizione e rivalità interimperialistica. Benché alcuni aspetti di questa tesi siano validi, questo giudizio non risulta sufficientemente fondato o particolarmente utile, soprattutto in questa congiuntura critica. La realtà che rimane centrale e fondamentale, e che quindi bisogna porre in risalto, è semmai che gli Stati Uniti restano la potenza imperialistica più potente e aggressiva che esista oggi sulla terra e, come tale, il principale pericolo per l'umanità e per la causa della pace. Inoltre, il fatto stesso che il loro potere sia in relativo declino è ciò che rende l'imperialismo statunitense ancor più pericoloso nella congiuntura attuale. Infine, per quanto riguarda specificamente la guerra in Ucraina, non vi è dubbio che gli Stati Uniti, insieme alla NATO e ad altri alleati, siano le forze principali che guidano l''escalation' e impediscono qualsiasi cessazione del fuoco e soluzione politica negoziata del conflitto.

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