martedì 4 aprile 2023

Un governo attento alle parole (degli altri)

 

Comprendo la facile ilarità suscitata dal disegno di legge, di cui è primo firmatario Fabio Rampelli, a riguardo del divieto di usare la lingua inglese (o altra lingua in vece dell’italiano). L’inglese è lingua franca, internazionale, a partire almeno della seconda parte del Novecento. Prese il posto del francese che dal XVII secolo era diventata la lingua d’uso internazionale, tant’è vero che nel mentre Napoleone invadeva la Russia, la corte zarista e la nobiltà russa continuarono ad esprimersi correntemente nella lingua di Racine e Voltaire. Oggi dei fascisti mascherati da patrioti vogliono proibire il russo in Ucraina, ma questo è un altro discorso.

È normale e anche necessario fare uso di termini e locuzioni inglesi, specie in certe materie o espressioni tecniche, come fu a suo tempo per l’italiano in economia, nella musica, nell’arte ecc.. Anche se si assiste a un uso stereotipato dell’inglese, non bisogna nemmeno cadere nel comico vietandone per legge l’impiego nelle relazioni pubbliche e finanche private. Si dovrebbe usare con più parsimonia quando si parla o si scrive per un largo pubblico, che l’inglese lo bazzica poco o per nulla, salvo sfoggiare privacy come i cowboy e non come i londinesi.

Ci si esprime in inglese in ambito scientifico e tecnico, in quello economico e diplomatico, è la lingua del turista anche quando non valica i propri confini, e molto altro ancora. C’è un proverbio inglese (spero non vogliano vietare anche questi) che dice che conoscere due lingue equivale ad avere due anime. Ogni idioma corrisponde ad una mentalità. Noi ragioniamo come parliamo, e viceversa. La lingua, così come la usiamo, corrisponde alla nostra stessa facoltà d’intendere e giudicare. Se la lingua in cui parliamo è sciatta e poco precisa, sarà sciatto e confuso anche il nostro pensiero. Concetto questo che ahimè non fa presa in molti nostri connazionali e in specie in non pochi miei corregionali.

Conoscere le lingue, essere poliglotti come il cardinale Giuseppe Gasparo Mezzofanti, non significa però essere ipso facto persone superiori. Tant’è vero che in quel cardinale le straordinarie facoltà linguistiche pare si siano sviluppate a scapito di altre qualità. D’altro canto, se conoscere molte lingue fosse prova di grande e solida cultura, le persone più colte sarebbero certi portieri d’albergo (*).

Leggo che al cardinale Mezzofanti solo il cinese diede filo da torcere: “impiegò quattro mesi prima di padroneggiare la lingua”. Si stenta a credere poiché la lingua cinese, che assunse un modello standard solo nel 1932, non è solo difficile, ma è faccenda complicatissima per quanto riguarda la fonetica: una stessa parola cambia anche totalmente di significato in base alla modulazione tonale; nel cinese ufficiale odierno, quello standard, tale modulazione è basata principalmente su tre registri di voce (acuto, medio, grave).

Com’è noto, la lingua scritta cinese consta di ideogrammi stilizzati (sinogrammi), cioè di “caratteri” che rappresentano un’idea, un concetto, senza che vi sia una fonetica che vi corrisponda esattamente. Questo avviene anche fra noi, limitatamente alle cifre: i numeri 1, 2, 3, 10, 50 si pronunciano diversamente in diverse lingue ed il loro significato può essere compreso, come il significato di un disegno, da persone di diversa nazionalità, che le pronunciano ciascuno a modo suo. Anche il cinese non standard corrisponde a diversi dialetti non intelligibili tra loro, ma rappresentati da un unico sistema ideografico, cosicché l’assenza di una stretta relazione tra pronuncia e scrittura dei caratteri consente di leggerli in qualunque lingua, basta sapere a quali significati essi corrispondono.

Se si va ad analizzare, nei caratteri cinesi, l’immagine che corrisponde all’idea, ci si trova una profonda filosofia. Per esempio: una donna sotto un tetto significa “pace”; due donne sotto un tetto significano litigio; tre donne pettegolezzo. Chissà come la prenderebbero al riguardo certe femministe (quelle che vogliono che della donna non rimanga più niente), per non dire di quei gruppi di potere che si sono assegnati il ruolo di giudice morale valido per tutti, da un capo all’altro del pianeta (**).

C’è poi una parola cinese che si pronuncia nho usata come saluto o come espressione di ammirazione e di compiacimento. Ad essa corrisponde un ideogramma stilizzato che rappresenta una madre con un figlio. Ma attenzione a non pronunciare niào, che non è proprio un saluto o un compiacimento.

Anche per i motivi sopradetti è molto improbabile che un giorno il cinese, pur essendo la lingua col maggior numero di parlanti e una delle sei lingue ufficiali dell’ONU, diventi la lingua internazionale e soppianti l’inglese. Più probabile che un giorno ciò che resterà dell’umanità, se resterà qualcosa, torni ad esprimersi con dei suoni gutturali e dei gesti sul tipo: “mi piace” o “non mi piace”.

(*) Di tenore completamente diverso la vicenda umana e professionale di Guido Amedeo Vitale, che meriterebbe di essere raccontata in una biografia.

(**) Se uno scrive una propria opinione, c’è qualcuno di invisibile che gli dirà questo lo puoi dire o non lo puoi dire. È come se la società avesse un criterio di autoregolamentazione nella quale le differenze e il principio di individuazione sono completamente smussati fino alla negazione. Il fatto, per esempio, di avere un fenotipo diverso da quello di un altro, di essere caucasici o cinesi o africani, non è visto come un valore proprio perché individuato; esiste come qualcosa che dobbiamo ricomporre all’interno di una medietà generale che corrisponde all’ottundimento delle facoltà intellettive. Non è più possibile dire: “non sono d’accordo con te”.

4 commenti:

  1. Il cardinale Mezzofanti is full of shit, ossia le spara grosse. D'altra parte, era il suo mestiere di cardinale

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  2. https://bit.ly/43518an

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  3. O. T: Sophie Binet è stata eletta nuovo segretario generale del sindacato CGT, la Cgil francese, succede a Philippe Martinez.
    Nel suo primo intervento da segretario generale ha indirizzato al Presidente della Repubblica
    francese un messaggio sotto forma di canzone: "Emmanuel Macron, se continui farà buio a casa tua". La canzone fa riferimento alla pratica degli elettricisti e degli operai del settore energetico della CGT che in queste settimane di protesta hanno letteralmente staccato
    l'elettricità presso le abitazioni di membri del governo e presso le permanenze parlamentari
    dei deputati che hanno votato contro la mozione di sfiducia al governo.

    Immaginate i leader dei sindacati confederali italiani fare lo stesso?
    P. S: non mi è stato possibile caricare il vd a supporto dello scritto, purtroppo!

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    1. patetica la farsa di Mélenchon che ieri voleva marciare sull'eliseo. anche per quanto riguarda il sindacato, non facciamoci ingannare. quanto all'italia, non abbiamo bisogno di una svolta autoritaria, ci arrangiamo da soli.

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