mercoledì 12 aprile 2023

A chi serve l'inflazione

 

Chi ha visto aumentare il proprio reddito del 30%? I dirigenti delle società quotate in borsa (e anche di quelle non quotate). I professionisti che possono rifarsi (alla grande) dell’inflazione aumentando prezzi e parcelle. Inflazione all’8-10%? Ma li hanno visti i prezzi quanto sono aumentati? Frutta, verdura, pesce, ma anche la carta igienica, per dire. Non parliamo poi delle bollette.

Di fronte a questo, gli Stati stanno agendo: in Portogallo è stata abolita l’Iva sui prodotti alimentari di base, sono aumentati gli aiuti sociali e ai dipendenti pubblici è stato concesso un aumento “straordinario” dell’1% dei loro stipendi. Anche in Spagna è finita l’Iva sui generi alimentari di base, e le famiglie che guadagnano meno di 27.000 euro all’anno hanno ricevuto un assegnino di 200 euro. Muchísimas gracias.

E in Italia, che cosa dovrebbe essere fatto? Aumentare gli stipendi, ovviamente, che sono bassissimi. È stato dimostrato dai compagni del FMI che il “loop prezzi-salari” non esiste: è quindi possibile alzare i salari senza spingere al rialzo i prezzi. Il governo, dopo aver regalato soldi a destra e a manca, pensa di elargire 10 o forse 30 euro al mese (lordi) ai redditi più bassi. Ma taglierà 10 miliardi in tre anni alle pensioni (dixit Giorgetti).

Qualche settimana fa, le geniali teste all’uovo della Banca Centrale Europea, anch’esse in lotta per gli aumenti salariali, hanno dimostrato che il recente aumento dei prezzi nell’eurozona è dovuto in primo luogo all’aumento dei profitti. Si tratta dunque di vedere chi paga realmente il conto dell’inflazione.

Chi dove pagare per l’aumento dei prezzi? La classe possidente, rinunciando ai suoi redditi e profitti? O le classi sfruttate, riducendo il proprio potere d’acquisto? Questa è la questione.

È sbagliato presumere che i salari determinino i prezzi. Sono i prezzi dei beni necessari alla sopravvivenza e alla riproduzione che determinano i salari. I salari quindi seguono in primo luogo i prezzi. Inoltre, con un ritardo, poiché le persone che vivono di salario perdono sempre potere d’acquisto quando i prezzi aumentano.

Inoltre, ci sono molti altri fattori che influenzano i prezzi che non sono correlati ai salari. Questi fattori includono la quantità prodotta: se c’è carenza, i prezzi salgono a causa del meccanismo della domanda e dell’offerta. Crescita della produttività: l’innovazione porta a prezzi progressivamente più bassi. Il ciclo industriale: in tempi di prosperità la domanda è forte e i prezzi salgono, mentre in tempi di crisi i prezzi tendono a scendere. Cambiamenti nei mercati internazionali. E altro ancora.

In molti settori, la produzione è dominata da una manciata di multinazionali. Il mercato europeo dell’energia è diviso tra sette multinazionali, il mercato alimentare è dominato da alcuni gruppi multinazionali, le Big 10 del food, tipo Nestlé, Danone, Mondelez International (la ex Kraft), Mars, Heinz, Coca Cola, Unilever, che producono praticamente tutti i prodotti a marchio conosciuti. Queste multinazionali non hanno bisogno di abbassare i prezzi a causa della concorrenza.

Il controllo è in realtà concentrato nelle mani di poche centinaia di aziende a livello globale. Queste aziende riescono a raccogliere profitti sproporzionati grazie al potere che esercitano sia economicamente, acquistando o competendo con giocatori più piccoli, sia politicamente, attraverso lobbismo e altri mezzi.

Queste corporazioni superstar realizzano i loro profitti non solo a spese della classe lavoratrice, ma anche a spese dei margini di profitto di altre società. Ad esempio, mettendo in concorrenza tra loro i fornitori per ridurre i costi di approvvigionamento o imponendo prezzi elevati per i loro prodotti, cosa quest’ultima che ha naturalmente anche l’effetto di spingere verso l’alto l’inflazione. I gruppi monopolistici impongono prezzi più alti ai lavoratori, ma anche a quelle PMI che non possono permettersi lo stesso aumento di prezzo a causa dell’aumento della pressione competitiva (*).

È quindi sbagliato opporre salari e prezzi. Ciò che veramente conta è il contrasto tra salari e prezzi, da un lato, e i profitti dei capitalisti e altri approfittatori, dall’altro. La forza lavoro è una merce, ha un prezzo come le altre merci, e tenerlo bloccato è lo scopo principale dei padroni. Tuttavia non basta, come in passato, rivendicare contratti con salari più alti, ma sarebbe necessario fare i conti, davvero, con un sistema economico che più iniquo e illiberale (sì, illiberale) non si potrebbe immaginare.

Le autorità monetarie per scemare l’inflazione che fanno? Dopo aver elargito per moltissimi anni a speculatori di ogni risma denaro praticamente gratis, hanno pensato di alzare i tassi in modo massiccio e repentino, in tal modo distruggendo la domanda. La domanda anzitutto dei redditi più bassi. Gli alti tassi di interesse delle banche centrali stanno facendo aumentare il costo dei debiti pubblici e privati. Le conseguenze includono fallimenti, famiglie incapaci di rimborsare i loro prestiti e governi costretti a fare tagli di bilancio. Quindi che cosa possiamo aspettarci a breve?

Cercano di provocare una recessione che aumenti la disoccupazione. Ai loro occhi, ciò ridurrebbe il reddito disponibile dei lavoratori, la domanda di prodotti e, quindi, l’inflazione. Esiste una strategia più rozza di questa? Ma è efficace: lo shock sui prezzi, l’aumento di precarietà e disoccupazione e sono desiderabili per tenere sotto pressione le classi sfruttate. Mai mollare l’osso.

Ovviamente c’è la solita pletora di ineffabili sapienti che sostiene che non ci sarebbe altra alternativa. Di modo che l’inflazione deve addossarsi il dovere di spiegare tutte le assurdità degli economisti, mentre al contrario sono gli economisti che dovrebbero spiegare l’inflazione.

L’inflazione non è sempre e ovunque un fenomeno monetario e non è vero che l’unica politica utile per combattere l’inflazione sia quella di limitare la quantità di denaro in circolazione aumentando i tassi d’interesse (**). Un’alternativa invece c’è: è la lotta di classe che determina chi paga l’inflazione. Limitarsi alle scaramucce elettorali e alle effimere polemiche mediatiche ad hoc contro gli effetti del regime esistente invece di rovesciarne la dittatura, non paga.

Ma lor signori possono stare tranquilli, l’istupidimento scientifico delle masse ha raggiunto un livello e una perfezione che temo siano irreversibili.

(*) Nel terzo volume de Il Capitale, cap. 50, appropriatamente intitolato “L’apparenza della concorrenza”, Marx spiega che il prezzo del monopolio è pagato da una riduzione del salario reale e da una riduzione del profitto degli altri capitalisti. Pur scrivendo più di 150 anni fa, quando la lotta dei monopoli sul fronte dei prezzi non era ancora un fenomeno rilevante, aveva già visto chiaro.

(**) In totale, dalla grande recessione del 2008 e poi con il covid, la quantità di denaro nel bilancio della Banca centrale europea è passata da 2.000 miliardi a 8.000 miliardi di euro, il che rappresenta un’espansione considerevole. Tuttavia, la maggior parte di questo denaro non è mai entrata nell’economia produttiva.

3 commenti:

  1. "Lotta di classe": come al solito il problema sta nel determinare le classi, di realizzare a quale classe si appartiene veramente e agire di conseguenza. E se ormai il "sogno americano" si è esteso a tutto il pianeta, se tutti pensiamo di essere dei potenziali Musk ( e se non lo diventi è colpa tua, incapace!) la vedo dura.
    Pietro

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  2. Parzialmente in tema. La più recente moda manageriale negli Stati Uniti si chiama scaling, e vuol dire crescita esponenziale, ossia forte crescita a risorse costanti. Non occorre dire che la semplice crescita avviene espandendo sia le risorse (costi) che le vendite (ricavi). Lascio a te le considerazioni in termini di plusvalore; dico soltanto che questa "moda" si innesta nel solco della sostituzione massiva macchina/uomo. Può essere anche interessante notare che 3/4 delle aziende che ottengono lo scaling vanno rapidamente in bancarotta. Ma intanto gli azionisti si sono assicurati un futuro da ricchi. Morale: le bolle non sono solo finanziarie.

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