lunedì 21 marzo 2022

Transizione economica e dei consumi alimentari

 

Gli insetti sono considerati gli animali più numerosi del pianeta (1,3 milioni di specie registrate e forse 6 milioni da scoprire) e si dice che potrebbero far parte del potenziale alimentare del futuro.

Per convincerci della bontà di quel cibo i paleontologi ci raccontano che è tutta una questione di cultura. Il consumo d’insetti è radicato nella storia dell’umanità, molto prima che apparissero gli strumenti necessari per la caccia e l’agricoltura. Personalmente non ho dubbi, anche divorare i propri genitori defunti è questione di cultura, ma penso che prima a monte vi sia un motivo di carenza di certe proteine.

Comunque sia, l’entomofagia pare non sarà una moda passeggera, e non pesca solo nell’antichità più remota, ma ne parla anche il Corano e la Bibbia (e ciò in genere non depone a favore). Aristotele si sofferma sulle femmine delle cicale particolarmente apprezzate dai greci, mentre i romani, dice Plinio il Vecchio, apprezzavano dei grossi vermi. Del resto consideravano il garum una leccornìa al pari del nostro caviale russo (sotto sanzioni).

In epoca illuministica, ossia quando andava di moda persino adornarsi con degli insetti, questi trovavano posto in farmacologia per combattere la rabbia e la gotta, e non mancava, come in ogni epoca, gente eccentrica e grigliate di spiedini d’insetti.

Oggi, più di 2.000 specie diverse sono consumate in tutto il mondo da circa 3.000 diversi gruppi etnici, che rappresentano quasi 4 miliardi di consumatori. I coleotteri arrivano primi nel menù, con un consumo del 31%, poi le farfalle sotto forma di larve, quindi gli imenotteri con le larve di api, vespe e formiche. Il cameriere consiglia anche cavallette, locuste e grilli. Gli insetti acquatici s’invitano a tavola da soli.

In Malawi, le torte di mosche sono popolari; nella Repubblica Democratica del Congo sono presenti nel menù 65 specie d’insetti; in Madagascar le larve di vespa si mangiano con burro, aglio e prezzemolo. Nell’isola della Riunione sono popolari le larve delle vespe muratrici (che solo a vederle si può diventare anoressici), e anche i loro nidi. In Uganda, la cavalletta è diventata una risposta al deficit alimentare. In Messico, l’assaggio di larve di formiche servite con tortillas o nel cioccolato pare sia un lusso di pochi e in Thailandia gli scarafaggi sono venduti nei mercati e supermercati.

Poteva mancare il Giappone? Lì si preferiscono le larve di vespa bollite (?!) accompagnate da qualche bicchierino di sakè (immagino molto sakè). In Australia gli aborigeni banchettano con le formiche che hanno conservato la melata nell’addome (vedi Wikipedia). I volumi di consumo variano secondo il territorio.

Ad ogni modo, pare che la vera “star” degli insetti a tavola sia il baco da seta all’americana, insieme alle farfalle delle palme dalla Guyana francese, fritte e condite, fino agli “aperinsetti”.

Questa moda poteva non giungere anche in Europa? Nel maggio 2021 l’Unione Europea, non avendo di meglio di cui occuparsi, ha dissipato l’incertezza giuridica autorizzando la commercializzazione degli insetti come cibo. Sollievo e profitti per le aziende che hanno scommesso su questo tipo merceologico.

Attualmente i prodotti a base di insetti non sono destinati al consumo umano diretto, ma vengono utilizzati per produrre farine per l’alimentazione animale, per nutrire pesci d’allevamento, polli o maiali, tre grandi consumatori di farine di quel tipo. In Europa un piatto di spaghetti o di wurstel è ancora preferito alle cavallette, ma con la riconversione alimentare tutto è possibile ancora.

La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) riassume la situazione come segue: “Con 100 chili di cibo produciamo 4 chili di carne bovina corrispondenti a 1 chilo di proteine da consumare in 21 giorni. Ben diverso per gli insetti: con 100 chili di cibo si producono 38 chili di insetti che forniscono 6 chili di proteine soddisfacendo un consumo di 151 giorni”.

Chiaro che non c’è confronto. Solo un paio di domande ai signori della FAO: prescindendo dal volume nel piatto di 100 grammi di mosche o di larve rispetto a 100 grammi di bistecca di manzo, e pure trascurando il tema della sicurezza sanitaria, ma davvero mangiate 70 chili di carne bovina all’anno e non vi sembrano un po’ pochi 39,7 grammi di proteine il giorno ricavate da insetti?

M’impegno di parlarne seriamente in famiglia, domenica prossima subito prima di pranzo, presenti prole e nipoti. Aprirò il discorso così: «dobbiamo cambiare davvero modello economico e dei consumi: dal capitalismo, che mercifica ogni cosa, alle economie “umane”, solidali e trasformative, che permettono di prendersi cura di sé, degli altri, del pianeta». L’ho letta da qualche parte.

3 commenti:

  1. Non è il mio campo di conoscenza.
    Tuttavia, l'indubbia parentela fra insetti e crostacei mi fa ipotizzare che le ragioni alimentari abbiano un senso.
    (Magari le mosche no)

    RispondiElimina
  2. Concordo. Tra le tante che hai nominato la torta di mosche è la più orripilante. Brrrr....

    RispondiElimina
  3. Bannatwmi eh... :) Ma io non ci vedo nulla di strano. Alla fine di sicuro soffrono meno, l'impatto ecologico è nettamente inferiore, ecc ecc.
    Ciò detto,io sono per le bistecche "coltivate" dalle staminali. Speriamo ci si arrivi. La tecnologia c'è, è dura riuscire a renderle economiche.
    Vedremo

    RispondiElimina