mercoledì 6 gennaio 2021

Napoleone e la sua amica inglese

 

Quando Napoleone, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della morte, abdicò a favore del figlio nel 1815, il governo di Londra non mantenne gli impegni assunti quando l’imperatore sconfitto decise di arrendersi agli inglesi, e senza essere stato sentito né giudicato fu separato dalla moglie e dal figlio per essere inchiodato su un pezzo di carbone vulcanico nel mezzo dell’Atlantico.

Il carcere di legno, la HMS Bellerophon, approdò a Sant’Elena il 15 ottobre, domenica, dopo 70 giorni di mare aperto e 110 dalla partenza da Parigi dell’imperatore e del suo seguito. La capitale dell’isola era un villaggio, un prolungamento di case lungo una via stretta, incassato tra ciclopiche rocce aride e nude. Ogni piazzola, ogni apertura della costa, ogni sommità era guarnita di cannoni.

Oltre al forte contingente di truppe di terra, due vascelli di guerra erano continuamente in crociera, uno sopravvento e l’altro sottovento: i luoghi elevati dell’isola davano loro il segnale all’avvicinarsi di un naviglio. Non solo, gli inglesi avevano posto un altro contingente di terra sulla “vicina” isola di Ascensione, a 1.000 chilometri. Quell’uomo, che l’anno prima da solo aveva riconquistato la Francia, faceva ancora molta paura.

Tuttavia erano ormai definitivamente tramontati i tempi in cui regnava onnipotente in Europa, quando a Napoleone bastava uno solo dei suoi decreti per rovesciare troni e creare sovrani; quando alle Tuileries i suoi ministri potevano avvicinarlo con rispetto profondo e intimidito imbarazzo; quando ancora i re, i principi e gli ambasciatori mostravano timore e ansia autentici nell’essere ricevuti.

La prima notte sull’isola Napoleone la trascorse in un tugurio, una stanzetta di poco più di due metri quadrati, un letto e nemmeno una sedia, la finestrella con i vetri rotti. Ad ogni modo si mostrò di buon umore, tanto che poco prima di coricarsi fischiettava un’arietta di vaudeville. I suoi due camerieri e il suo ex ciambellano dormirono per terra avvolti nei loro mantelli.

Non è dunque il caso di parlare di “esilio”, poiché da quell’isola il prigioniero non poteva allontanarsi, ovviamente, e posto che i suoi spostamenti erano circoscritti, interdetti e vigilati, né poteva parlare con chi incontrava per strada. Che la sua fosse una condizione più dura del previsto e ben diversa dal suo soggiorno all’Elba lo sperimentava da sé.

«In quest’isola maledetta, disse Napoleone, io non vedo né il sole né la luna per una gran parte dell’anno. Noi non abbiamo qui che piogge e nebbie. Io credo questo luogo più orribile di Capri». «Conoscete Capri?» Egli rispose affermativamente: «La almeno si possono avere di quando in quando le cose del continente che sono necessarie alla vita».

Che Napoleone nella sua prigionia lamentasse carenze di vettovaglie, quali il caffè, è noto, tanto che in delirio sul letto di morte ancora ne agognava. Mai nella sua vita aveva sofferto tante privazioni. Quanto serviva ai suoi bisogni e a quelli del suo seguito arrivava scarso e di rado, e spesso fu confiscato dal suo carceriere Hudson Lowe. È noto che questi se non era un boia, ne aveva l’aria; uno di quegli avanzi di caserma, di quei fetenti che trovano piacere a far male a chi è loro sottoposto.

Perciò Napoleone talvolta fu costretto a vendere la sua argenteria per acquistare qualche bene. Per esempio vendette argento al signor William Balcombe per meno di 240 sterline. Balcome era il padre di Lucia Elizabeth (detta Betsy), una ragazzetta di 13 anni con la quale l’imperatore strinse una vera amicizia. L’unica che poteva chiamarlo “Boney”.

Ma questa è un’altra storia.


4 commenti:

  1. Sant'Elena... è piuttosto inquietante anche vederla oggi, sollevata in parte dagli agi della modernità
    https://youtu.be/CCPXLQt_bOI
    https://youtu.be/70pRc-004Kw

    RispondiElimina
    Risposte
    1. allora era un posto orribile, però mai quanto lo fu la caienna ;)

      Elimina
  2. ...storia della quale attendiamo il seguito :-)
    maurix

    RispondiElimina