Anche in Italia, in occasione del 250esimo anniversario beethoveniano, e dopo che è stato dato dalla tv tedesca (con sottotitoli in inglese), anche Sky ha trasmesso il film biografico sul compositore: Louis van Beethoven.
Il film, scritto e diretto da Niki Stein, pur sollevando molti dei temi centrali della vita e dell’epoca di Beethoven, alla fine non riesce ad offrire al pubblico il pieno significato di Beethoven sia come genio musicale e anche come serio pensatore politico. Sono messi in scena due Beethoven, uno giovane e un compositore anziano e prossimo alla morte (interpretato da un ottimo Tobias Moretti). Un continuo flash-back tra questi due periodi della vita di Beethoven può infastidire e disorientare lo spettatore.
Figlio di un musicista poco talentuoso di Bonn, piccola città vicino ai confini belga e francese, il futuro compositore viene forzato giorno e notte dal padre, autoritario e forte bevitore, che spera di trasformarlo in un secondo precoce Mozart (il giovanissimo Beethoven è interpretato da Colin Pütz, uno dei più promettenti pianisti oggi in Germania.) In termini di posizione sociale della famiglia e di accrescimento musicale di Beethoven, quasi tutto dipende dalla buona volontà della corte dell’arciduca Maximilian Franz d’Asburgo- Lorena, ultimo principe-elettore di Colonia.
Segue il 17enne Beethoven (Anselm Bresgott) che rinuncia al suo unico amore genuino per proseguire la sua educazione musicale a Vienna con Mozart (in realtà con Hayden). Tuttavia, non è certo che la ragazza di cui Beethoven fosse innamorato all’epoca fosse, come suggerisce il film di Stein, l’”amata immortale” alla quale in seguito indirizzò una famosa lettera, né è possibile che Beethoven, giunto a Vienna nel novembre 1792, incontrasse Mozart, deceduto nel 1791.
Mozart (Manuel Rubey) appare nel film come poco più di un dandy, un giocatore d’azzardo cinico e lunatico che compone il Don Giovanni tra una partita di biliardo e altri passatempi. Non è una rappresentazione credibile (forse risente dell’Amadeus di Miloš Forman) di un genio musicale che, proprio come Beethoven, compose alcune delle sue più grandi opere, come ad esempio Il flauto magico e Le nozze di Figaro (su un dramma di Beaumarchis, sostenitore della rivoluzione americana e delle prime fasi della Rivoluzione francese), nello spirito dell’Illuminismo e di un intenso impegno intellettuale e culturale nel primo periodo del grande sconvolgimento francese.
In questo clima, Beethoven sviluppa presto idee progressiste, un’idiosicrasia per il feudalesimo e la dipendenza degli artisti dal benvolere dei maggiorenti. Tuttavia questi temi vengono solo accennati nel film e in nessun caso elaborati. Anzi, si passa inaspettatamente dal 1787 al 1826, il quarantennio della maturità decisivo nella vita di chiunque, figuriamoci per la biografia di tale gigante. Insomma, il regista e sceneggiatore ha scelto di saltare a piè pari il periodo della Rivoluzione francese e dell’ascesa e caduta di Napoleone (in un primo tempo B. gli dedicherà la 3° sinfonia, l’Eroica), vale a dire il periodo più proficuo ed interessante della vita del compositore.
In una delle scene più forti, il compositore e direttore Christian Gottlob Neefe (1748-98) esorta il giovane Beethoven, scoraggiato dopo il suo ritorno da Vienna, a ricominciare a comporre. “Il mondo ha il diritto di ascoltare la tua musica”, insiste. Louis (è chiamato così in casa e dagli amici, o lingua olandese Lodewijk) risponde: “Il mondo, quale mondo? Quello dei principi, dei nobili, dell’alta società? Stronzi che sanno tanto di musica quanto tu di agricoltura. Anche Mozart deve strisciare davanti a questa marmaglia”. Neefe: “I tempi stanno cambiando. Le cose stanno ribollendo da tutte le parti. La voce della libertà non può più essere ignorata”. A questo punto la scena si sposta sul passaggio di carrozze!
Il film si concentra molto di più sui problemi personali e le esperienze amorose di Beethoven, a scapito non solo del contesto storico ma perfino della musica del compositore, comprese le sue famose sinfonie e molte delle sue più grandi sonate e concerti.
Il salto dalla giovinezza alla vecchiaia (1826) conduce lo spettatore al periodo in cui un Beethoven ben diverso vive con suo fratello minore, sua cognata e suo nipote, Karl, adottato dal compositore dopo la morte di un altro fratello minore. Il rapporto con Karl è il punto di partenza per la solita interpretazione in chiave psicoanalitica, e però può anche starci come ritratto abbastanza equilibrato e giusto di quella fase.
Beethoven sta ora lavorando ai suoi ultimi quartetti d’archi, pietre miliari nello sviluppo della musica classica e dell’espressione musicale più in generale. Tuttavia, il suo stile allontana sempre più i suoi amici e ammiratori più stretti e i pagamenti sono scarsi. Nonostante la sua reputazione a livello internazionale, riesce a malapena a sopravvivere. La sordità complica ovviamente la sua composizione musicale e i suoi rapporti personali. Una delle scene più commoventi lo mostra mentre ascolta un quartetto che suona (non proprio con passione) la sua ultima composizione. A causa della sua ipoacusia può sentire solo i toni più alti, i più bassi gli appaiono come un semplice graffio. In questa scena si rivelano le notevoli capacità di Moretti, che interpreta bene il vecchio Beethoven, ma non gli viene offerta la possibilità di sviluppare il suo personaggio come sarebbe stato auspicabile.
Il film si avvia alla conclusione con una scena in cui un Beethoven, profondamente disilluso, afferma che “ci saranno sempre servi e padroni”. Avulsa dal contesto storico e persino biografico, questa scena è fuorviante. Indubbiamente verso la fine della sua vita Beethoven era isolato e sentiva una crescente disillusione politica, ma questo era soprattutto un effetto del clima di reazione che prevalse in Europa dopo il Congresso di Vienna con la Restaurazione. Ci sarebbero voluti altri decenni di lotte e rivoluzioni, l’impetuoso sviluppo del capitalismo e della società borghese, per mettere fine al feudalesimo in Europa.
Un’occasione, quella del film (che risente troppo, a mio parere, del clima politico e ideologico odierno), che poteva essere valorizzata molto meglio.
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Sull’impagabile Classica HD (Sky), sono state rese disponibili tutte le sinfonie con le migliori orchestre, poi la “ruvida” sonata op. 10 n. 1, le sonate Kreutzer e Hammerklavier, ecc.. E sulla Rai? Dal 14 al 18 dicembre concerti per pianoforte e orchestra eseguiti da “cinque affermate pianiste italiane”. Giusto, diamo spazio alle giovani pianiste, ma un pizzichino di Grigory Sokolov e Pollini arricchiva sicuramente. Riproposto il Fidelio della Scala in versione scaligera (2014-2015) con la direzione musicale di Daniel Barenboim (che non mi fa impazzire: de gustibus non est sputazzellam), quindi il classico Claudio Abbado alla guida dei Berliner Philharmoniker, per la Nona. Infine, come dessert, le sonate per pianoforte e violino con Tamás Vásáry e Uto Ughi. Canone assolto.
Sono abbonato a Sky, ma solo per il calcio. Capisco che non è granché come premessa, ma è per dire che non farò l'upgrade dell'abbonamento per vedere questo film sulla vita di Beethoven. Ciò però non dipende dal mio disinteresse per Beethoven. Anche se qui la cosa non è mai emersa, sono un appassionato di musica. Nella mia opinione, la selezione della RAI, che ho in parte visto/ascoltato, non è felice. A parte le "affermate" pianiste, il Fidelio di Baremboim l'ho visto nel 2014, e conservo gli appunti che presi. Non voglio neanche parlarne. Non bene neanche la Nona di Abbado, e me ne dispiace, perché lui non era come Baremboim. Se ti interessa vado avanti a dire cosa avrei mandato in onda io, ma solo se interessa.
RispondiEliminaspero non vi sia stato fraintendimento, il film merita cmq di essere visto, visto che non c'è scelta.
Eliminaquanto all'abb. Sky fai come credi, ma Classica HD, Sky Arte, LaF, ecc. meritano cmq la spesa per un soggetto curioso come sei.
fai il tuo elenco di proposte, cinque o sei. vedrò se coincidono con le mie.
Potrei andare avanti per ore su questo argomento, ma, cogliendo un tuo alzare di sopracciglio, mi limiterò alle sinfonie.
EliminaSe fosse possibile, tutte e nove con Carlos Kleiber. Ma non è possibile. Quindi, la Quarta, la Quinta e la Settima. La Prima e la Nona con Furtwaengler (la Nona di Bayreuth, naturalmente). La Terza, la Sesta e l'Ottava con Karajan (1963). Resta la Seconda. Davvero difficile scegliere. La vogliamo assegnare a Toscanini?
(Ah, visto che hai citato la Hammerklavier, prova questa esecuzione, che magari non conosci https://youtu.be/bp0IDgCEH6I )
per fermarmi alle sinfonie, prediligo la sesta, anche per motivi miei
Eliminaconoscevo Nat solo di nome, l'ho ascoltato, ma la Hammerklavier di Sokolov, permettimi, è un'altra cosa
Ognuno ha in mente la sua versione di riferimento.
Elimina...e comunque transitare dal suo blog è sempre un accrescimento, una continua miriade di stimoli, grazie...
RispondiEliminamaurix
Grazie per l'apprezzamento
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