Il celeberrimo film di Sergio Leone apre con un omicidio, quello di una giovane donna. Segue subito un pestaggio e poi un altro omicidio, quello dell’uomo che aveva assassinato la giovane donna. Racconta la storia di una delle tante gang dedite ad attività illegali, che infine si specializza nel contrabbando degli alcolici, il cui commercio la puritana America proibì fino a quando non scoprì quanto facessero agio per le finanze pubbliche le imposte sulla produzione di quelle bevande (il XXI emendamento, che aboliva il XVIII, vietava l’importazione).
Che si tratti di C’era una volta il West o di C’era una volta in America, questi film documentano come la violenza fosse (e resti) uno dei tratti dominanti della società americana. Ci sono molti altri film che fotografano gli aspetti violenti della realtà storica americana, per esempio I cancelli del cielo, un lavoro che ricevette recensioni negative e scosse la reputazione di Michael Cimino: va bene la critica al sistema nella finzione cinematografica, ma non bisogna esagerare con il realismo, come sapeva bene il sottosegretario Andreotti.
Prendiamo il caso di Wilmington, la città della Carolina del Nord (da non confondere con l’omonima città del Delaware, feudo di Biden). Verso la fine del XIX secolo, Wilmington era la più grande e prospera città dello Stato a maggioranza nera, ben integrata. Nel 1894, una coalizione, formata da “popolari” e dai Repubblicani in una cosiddetta lista “fusionista”, vinse le elezioni eleggendo il sindaco e riuscendo a piazzare i propri uomini in altre posizioni chiave dell’amministrazione cittadina. Anche i neri svolsero un ruolo di primo piano. In quel periodo, Wilmington fu descritta come “la città dell’America più libera per un negro”.
Nel 1898, i Democratici, facendo leva sulla demagogia della supremazia bianca, riuscirono a mobilitare anche i bianchi che non avevano mai votato e a scatenare il terrore contro gli elettori neri. Vinsero le elezioni nello Stato e sulla scia della vittoria elettorale solo due giorni dopo si sono mossi per rovesciare il governo multirazziale di Wilmington (*).
L’assalto alla città, da parte di circa 2.000 uomini bianchi armati, ebbe luogo il 10 novembre 1898, dapprima con l’incendio dell’edificio del Daily Recor, un influente quotidiano il cui direttore, nero, era già fuggito dalla città per evitare il linciaggio. Per il resto della giornata, folle di razzisti attaccarono la popolazione nera, distruggendo le proprietà e le attività, provocando la morte di centinaia di persone e costringendo intere famiglie a fuggire nelle paludi vicine.
Wikipedia dà notizia sull’origine di quei fatti: «Sebbene la stampa bianca di Wilmington abbia originariamente descritto l’evento come una rivolta razziale causata dai neri, man mano che più fatti sono stati pubblicizzati nel tempo, è stato visto come un colpo di stato, il rovesciamento violento di un governo regolarmente eletto da parte di un gruppo di suprematisti bianchi».
Ciò che politicamente è più significativo, Wikipedia lo riporta così: « È stato descritto come l’unico incidente del suo genere nella storia americana, perché altri episodi di violenza della tarda Era della Ricostruzione non hanno portato alla rimozione e alla sostituzione diretta di funzionari eletti con individui non eletti».
Dunque, non si è trattato dell’unico episodio (basterebbe citare a tale riguardo la Wihisky Ribellion).
La cosa che non dice Wikipedia: i principali suprematisti bianchi responsabili del golpe includevano Josephus Daniels, l’editore del News and Observer; il colonnello Alfred Waddell, ex ufficiale confederato ed ex sindaco di Wilmington; il presidente democratico di stato Furnifold Simmons e altre figure di spicco del mondo economico e militare. Alcuni avrebbero fatto carriere politiche per i decenni in cui i Democratici meridionali razzisti esercitarono un’enorme influenza all’interno del Partito Democratico. Simmons per 30 anni sedette al Senato degli Stati Uniti e Daniels fu nominato Segretario della Marina da Woodrow Wilson nel 1913 e ambasciatore in Messico nel 1933 da Franklin D. Roosevelt.
Quando i leader politici statunitensi (e europei) hanno sostenuto che gli eventi di mercoledì scorso non fanno parte della tradizione democratica americana, chi conosce un po’ di storia non ne è così convinto. Anche perché la guerra civile del 1861-65 non fu un episodio marginale.
(*) Un esempio di chi aveva diritto di voto in alcuni Stati: tutti gli elettori dovevano dimostrare di essere alfabetizzati, ma coloro i cui padri o nonni avevano votato potevano votare anche se analfabeti. Questo significava che mentre la maggior parte dei bianchi analfabeti avrebbe potuto votare, i neri no, perché i loro padri e nonni erano stati schiavi.
Nel 1915, la Corte Suprema invalidò tale legge ma a quel punto i razzisti bianchi avevano già realizzato ciò che si erano proposti di fare, e del resto escogitarono altri sistemi per negare il diritto di voto ai neri, ma anche molti bianchi poveri rimasero effettivamente privi dei diritti civili.
Infatti sono gridolini di orrore da demi-vierges. (Più che gridolini, tweet).
RispondiEliminademi-vierges Dietlinde?
EliminaBeh, era metaforico. Ricordo, comunque, che tanti anni fa si autodefinì "la più telescopabile", ipotizzando attività autoerotiche dei telespettatori mentre lei leggeva il telegiornale. Magari non è mai arrivata a lacerare l'imene del teleschermo.
EliminaAh, l'imene, pensavo altro
EliminaAnch'io, anch'io.
EliminaAnche i "disordini" razziali di Tulsa di un secolo fa non sfigurano come esempio
RispondiEliminahttps://it.wikipedia.org/wiki/Disordini_razziali_di_Tulsa
Elenco lungo
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