martedì 14 gennaio 2020

È buio dentro


Federico Faggin è un personaggio meno noto ai più di tale Federico Lucia, ma tuttavia merita di essere considerato se non altro perché è stato, tra l’altro, il principale artefice, come responsabile del progetto, dello sviluppo del microchip (*), segnatamente della tecnologia MOS con gate di silicio, che permise la fabbricazione dei primi microprocessori e delle memorie, cioè gli elementi essenziali per il processamento di dati espressi in forma di segnali elettrici. Prima di Faggin, la Silicon Valley era semplicemente una valle nota per la produzione di frutta e orchidee.

Domenica 5 gennaio, Federico Faggin ha rilasciato un’intervista a Debora Rosciani su Il Sole 24 ore, p. 7, che ritengo sia di grande interessante e che meriti attenta riflessione. Tra l’altro Faggin sostiene:

«Le persone sono stupite che io stia parlando di consapevolezza, di coscienza, di natura della realtà, argomenti che non erano nel menù di qualcuno come me che ha sviluppato prodotti di tecnologia d’avanguardia e che non hanno niente a che fare con queste tematiche. Quando si parla di macchine che saranno coscienti tra 20 o 30 anni, si capisce che sono diventati temi di attualità, ma io li studio da quando erano oscuri e di poco interesse.

[…] sarà possibile fare un computer consapevole? Fare una macchina a somiglianza d’uomo è sempre stato il sogno dell’umanità. Ora questo sogno si è trasformato in possibilità, ma emergono forti dubbi che una macchina posso diventare davvero intelligente. Negli ultimi anni ho cercato di articolare meglio questo concetto.  Il computer può solo meccanizzare, fare cose che sono meccaniche per noi e imitare gli aspetti mentali meccanici, perché noi eseguiamo molte funzioni meccanicamente. Ma come misuriamo le emozioni? Quanto è il mio amore per qualcosa o il mio odio per qualcuno? La creatività, che sembra uscire addirittura dalla capacità del pensiero razionale? Questo parte da presupposti logici accettati senza prova. Poi fa un percorso razionale di ragionamento, usando regole di logica e arrivando a conclusioni. Ma i presupposti sono basati sulla comprensione, che va al di là dell’algoritmo. La comprensione e ciò che assicura che un assioma o un postulato è più valido di un altro senza poterlo provare: una capacità umana che va al di là della macchina. Il computer amplifica (a volte di misura enorme) le nostre capacità meccaniche […]. Passando poi alla natura dei sentimenti e delle sensazioni non si sa neanche dove cominciare per dare questa capacità alla macchina, che è solo fatta di simboli e segnali elettrici che producono altri segnali. Siamo noi a dare significato dei simboli della macchina. La macchina non sa di sapere e di non sapere: semplicemente è un insieme di azioni e reazioni. Come scrivo nel mio libro “è buio dentro la macchina”, che è persino un’affermazione poetica perché nella macchina non c’è un dentro: emozioni, pensieri, vita interiore, spiritualità. Possiamo dire che abbiamo luce dentro, mentre la macchina non ha neanche un dentro».

In altri termini, Federico Faggin avrebbe potuto dire: la caratteristica essenziale che ci distingue da una qualsiasi macchina, presente e futura e per quanto “intelligente”, è che noi siamo degli esseri sociali. Le macchine sono in grado di elaborare risposte e risolvere problemi complessi ma la funzione interna del pensiero, il linguaggio per sé stessi, non sarà mai presente in una macchina. È attraverso la comunicazione sociale, forma specifica dell’attività umana, che l’esterno si trasferisce all’interno e diventa il fondamento della struttura sociale della persona (**). Perciò Faggin fa bene ad insistere sull’assenza di un “interno” nella macchina. Non ci sarà mai nessun HAL 9001, nessuna macchina capace di pensare sé stessa: si tratta di un mito creato dalla fantasia umana.

L’attività creativa è quella che rende l’uomo un essere rivolto al futuro, capace di dare forma a quest’ultimo e di mutare il proprio presente. Si fonda sull’immaginazione, ovvero su quella facoltà peculiare del nostro cervello che ci mette in grado, tutti senza eccezione, di compiere sempre nuove combinazioni e correlazioni, e riorganizzare, secondo nuovi legami, materiali attinti dalla realtà.

Si tratti di favole, miti, leggende, sogni, modelli scientifici, è sempre possibile rintracciare alla fin fine gli elementi della realtà dai quali sono partiti i loro creatori. Come osservava Lev Vygotskij, “una costruzione della fantasia può costruire qualcosa di effettivamente nuovo, qualcosa che non è mai esistito anteriormente nella esperienza di un uomo, e che non corrisponde a nessun oggetto realmente esistente: eppure una volta realizzata all’esterno, una volta concretizzata, questa immagine cristallizzata, diventa una cosa fra le altre, comincia realmente a sussistere nel mondo, ad agire sulle altre cose […] diviene realtà” (***).

Bisogna fare molta attenzione quando si parla d’intelligenza artificiale, poiché in tal caso il termine “intelligenza” è molto ambiguo, anche se su innovative reti “neuronali” (altro termine ambiguo). Giustamente osserva Faggin nel corso della stessa intervista:

« […] io posso fare una moltiplicazione in tre minuti se è di otto cifre, ma il computer più potente ne fa milioni di miliardi. Il computer che ho in tasca ne fa dieci miliardi. Cosa vuol dire: che il computer è meglio di me?».

Tuttavia c’è chi vede (sono in molti a raccogliere lupini su tale terreno) una grande differenza tra la nostra calcolatrice tascabile e i più sofisticati computer. Solo perché questi ultimi oltre alle moltiplicazioni sanno, per esempio, vincere a scacchi o comporre musica, ma soprattutto sostituire forza-lavoro. Nell’essenziale non vedo alcuna differenza tra calcolatrice tascabile e i più sofisticati computer, sono entrambi delle macchine internamente “vuote” (****).

Altro discorso per quanto riguarda la “sorveglianza”, effettuata su ogni aspetto della nostra vita attraverso le macchine; il controllo non solo è impersonale, ma anche misterioso e recondito, poiché avviene chissà dove ed è effettuato da chissà chi, ma risponde certamente a una gerarchia superiore. Si chiama esercizio del potere e si nasconde dietro la foglia di fico della cosiddetta privacy, mai tanto violata come oggi.

(*) Il microchip si basa su una serie di sottilissimi substrati di silicio nei quale vengono litografati, attraverso maschere diverse e un fascio di luce speciale concentrata, dei circuiti elettronici connessi tra loro (integrati), zeppi di microtransistori (il processo di produzione è ovviamente più complesso, ma ciò basti a rendere l’idea). Questa tecnica presenta un limite fisico, vale a dire un limite di concentrazione dei circuiti oltre il quale non si può andare. Oggi si è giunti con successo a una tecnica di stampa miniaturizzata che già dal nome dice qualcosa: litografia ultravioletta estrema.

(**) Il comportamento umano non può essere spiegato sulla semplice base biologica, perché ciò spiega il comportamento secondo un criterio naturalistico, non storico. L’aspetto biologico è una premessa, ma niente di più. Il comportamento è il risultato di un’attività sociale trasformatrice, vale a dire il risultato del lavoro, e cioè di un’attività collettiva finalizzata a scopi determinati è mediata da strumenti diversi, quali possono essere appunto le macchine semplici o molto complesse.

(***) Immaginazione e creatività nell’età infantile, Editori Riunti, 1973, p. 37. Naturalmente non tutte le costruzioni fantastiche, che pur si fondono in ultima istanza sulla realtà, costituiscono un riflesso adeguato del loro oggetto. Ci sono anche le fantasticherie inconcludenti che stabiliscono tra gli elementi connessioni impossibili nella realtà oggettiva.

(****) Il genio satirico di Samuel Butler, noto a suo tempo per una disputa non di carattere scientifico con Darwin, colpiva le imposture e le ipocrisie del suo tempo. Nel suo libro Erewbon, pubblicato nel 1872, scrisse un capitolo sulle macchine in cui sviluppava e dimostrava per assurdo (le parole sono sue) che le macchine sono sul punto di soppiantare la razza umana e svilupparsi in una forma superiore di vita.

3 commenti:

  1. Post magnifico. Penso a P.K.Dick (amore di gioventù) problematico visionario che ha scitto sopra sotto e dentro le righe di questa sconvolgente contemporaneità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie. il lavoro per scrivere questo post ricompensato da almeno un commento, peraltro intelligente e gentile

      Elimina
  2. https://www.laciviltacattolica.it/rassegna/levangelizzazione-dei-robot-una-nuova-sfida-per-la-chiesa/

    RispondiElimina