Il famoso ratto delle Sabine, tra molta leggenda
e un po’ di storia, dimostra che l’aspetto demografico gioca storicamente un
ruolo importante, tanto più se si risale indietro nel tempo e quanto più la
tecnologia fosse poco sviluppata. Tuttavia, anche in seguito, l’antica Roma, pur
divenendo al suo apice la città più popolosa dell’impero, poteva vantare un
numero di abitanti marginale in rapporto all’insieme delle popolazioni sotto il
suo dominio. Stesso discorso vale per l’Atene classica rispetto alla sua area
d’influenza. Anche il più vasto impero della storia premoderna, quello mongolo,
prese il via da una sparuta popolazione tribale per nulla coesa.
L’espansione europea dei secoli XV e XVI
ebbe per protagoniste le nazioni iberiche, povere e scarsamente popolate.
L’impero britannico nella madrepatria poteva contare su poche decine di milioni
gli abitanti. Gli Stati Uniti d’America hanno dominato quasi tutto il mondo per
gran parte del XX secolo potendo contare su una popolazione relativamente
modesta. L’Europa attuale, pur potendo contare solo su 500 milioni di abitanti,
vale a dire un tredicesimo di quella mondiale e poco più di un terzo di quella
cinese o indiana, è e resta l’area economicamente più importante e sviluppata
del pianeta (sotto l’egemonia economica e politica tedesca).
Pertanto, senza voler sottovalutare
l’importanza dell’aspetto demografico, e anche se le analogie storiche sono per
loro natura sempre approssimative, ciò dimostra che non necessariamente una
popolazione numerosa è condizione del successo di un popolo o di una nazione, e
che per comprendere la chiave delle maree della storia, soprattutto nella fase
attuale, la demografia di per sé non basta.
Anche per quanto riguarda la Cina
neoconfuciana, dopo il fallimento dell’utopia maoista, il fatto che essa sia
forte di una popolazione di oltre 1,3 miliardi, non deve essere motivo di
eccessiva preoccupazione. Infatti, Pechino nel definire le sue nuove
opportunità strategiche, sempre che la sua ascesa pacifica possa continuare, deve
tener conto che dovrà misurarsi a breve con una delle popolazioni in più rapido
invecchiamento del mondo, e che il picco della sua popolazione attiva è già
stato raggiunto (*).
L’invecchiamento della popolazione in
rapporto a quella attiva, l’insostenibilità del welfare stante il meccanismo di
accumulazione capitalistico e l’aumento dei debiti statali, la riduzione della
forza-lavoro necessaria nella sfera economica della produzione, il gioco
demenziale della finanza, l’aggravarsi accelerato dei problemi climatici,
segnano ineluttabilmente la crisi dell’attuale sistema. E tutto ciò in un mondo
dove ognuno va per conto suo.
(*) “[…] un numero sempre più
esiguo di cittadini cinesi di età compresa tra i 15 e 64 anni dovrà mantenere
una popolazione anziana sempre più numerosa. I cambiamenti demografici saranno
notevoli: si valuta che nel 2030 i lavoratori agricoli che età compresa tra i
20 e i 29 anni saranno la metà di quelli attuali. Nel 2050 la metà della
popolazione cinese avrà dai 45 anni in su, e un quarto, circa l’equivalente
dell’intera popolazione attuale degli Stati Uniti, ne avrà più di 65” (H.
Kissinger, Cina, pp. 468-69).
Perché, qualche volta diciottobrumaio ha invitato all'unione chichessia o gruppi di persone?
RispondiEliminaAh,ah!
per evitare che tra gli invitati si intrufoli certa gente
Elimina''un numero sempre più esiguo di cittadini cinesi di età compresa tra i 15 e 64 anni dovrà mantenere una popolazione anziana sempre più numerosa''
RispondiEliminali pero son stati furbi...praticamente in cina esiste solo la pensione minima....