Federico Faggin è un personaggio meno noto
ai più di tale Federico Lucia, ma tuttavia merita di essere
considerato se non altro perché è stato, tra l’altro, il principale artefice, come
responsabile del progetto, dello sviluppo del microchip (*), segnatamente della
tecnologia MOS con gate di silicio,
che permise la fabbricazione dei primi microprocessori e delle memorie, cioè gli
elementi essenziali per il processamento di dati espressi in forma di segnali
elettrici. Prima di Faggin, la Silicon Valley era semplicemente una valle nota
per la produzione di frutta e orchidee.
Domenica 5 gennaio, Federico Faggin ha
rilasciato un’intervista a Debora Rosciani su Il Sole 24 ore, p. 7, che
ritengo sia di grande interessante e che meriti attenta riflessione. Tra
l’altro Faggin sostiene:
«Le persone sono stupite che
io stia parlando di consapevolezza, di coscienza, di natura della realtà,
argomenti che non erano nel menù di qualcuno come me che ha sviluppato prodotti
di tecnologia d’avanguardia e che non hanno niente a che fare con queste
tematiche. Quando si parla di macchine che saranno coscienti tra 20 o 30 anni,
si capisce che sono diventati temi di attualità, ma io li studio da quando
erano oscuri e di poco interesse.
[…] sarà
possibile fare un computer consapevole? Fare una macchina a somiglianza d’uomo è sempre stato il sogno dell’umanità. Ora questo sogno si è trasformato in
possibilità, ma emergono forti dubbi che una macchina posso diventare davvero
intelligente. Negli ultimi anni ho cercato di articolare meglio questo
concetto. Il computer può solo
meccanizzare, fare cose che sono meccaniche per noi e imitare gli aspetti
mentali meccanici, perché noi eseguiamo molte funzioni meccanicamente. Ma come
misuriamo le emozioni? Quanto è il mio amore per qualcosa o il mio odio per
qualcuno? La creatività, che sembra uscire addirittura dalla capacità del
pensiero razionale? Questo parte da presupposti logici accettati senza prova.
Poi fa un percorso razionale di ragionamento, usando regole di logica e arrivando
a conclusioni. Ma i presupposti sono basati sulla comprensione, che va al di là
dell’algoritmo. La comprensione e ciò che assicura che un assioma o un
postulato è più valido di un altro senza poterlo provare: una capacità umana
che va al di là della macchina. Il computer amplifica (a volte di misura
enorme) le nostre capacità meccaniche […]. Passando
poi alla natura dei sentimenti e delle sensazioni non si sa neanche dove
cominciare per dare questa capacità alla macchina, che è solo fatta di simboli
e segnali elettrici che producono altri segnali. Siamo noi a dare significato
dei simboli della macchina. La macchina non sa di sapere e di non sapere:
semplicemente è un insieme di azioni e reazioni. Come scrivo nel mio libro “è
buio dentro la macchina”, che è persino un’affermazione poetica perché nella
macchina non c’è un dentro: emozioni, pensieri, vita interiore, spiritualità.
Possiamo dire che abbiamo luce dentro, mentre la macchina non ha neanche un dentro».
In altri termini, Federico Faggin avrebbe
potuto dire: la caratteristica essenziale che ci distingue da una qualsiasi
macchina, presente e futura e per quanto “intelligente”, è che noi siamo degli esseri sociali. Le macchine sono in grado di elaborare risposte e
risolvere problemi complessi ma la funzione interna del pensiero, il linguaggio per sé stessi, non sarà
mai presente in una macchina. È attraverso la comunicazione sociale, forma
specifica dell’attività umana, che l’esterno si trasferisce all’interno e
diventa il fondamento della struttura sociale della persona (**). Perciò Faggin
fa bene ad insistere sull’assenza di un “interno” nella macchina. Non ci sarà mai nessun HAL 9001, nessuna macchina
capace di pensare sé stessa: si tratta di un mito creato dalla fantasia umana.
L’attività creativa è quella che rende
l’uomo un essere rivolto al futuro, capace di dare forma a quest’ultimo e di
mutare il proprio presente. Si fonda sull’immaginazione, ovvero su quella
facoltà peculiare del nostro cervello che ci mette in grado, tutti senza
eccezione, di compiere sempre nuove combinazioni e correlazioni, e
riorganizzare, secondo nuovi legami, materiali attinti dalla realtà.
Si tratti di favole, miti, leggende, sogni,
modelli scientifici, è sempre possibile rintracciare alla fin fine gli elementi
della realtà dai quali sono partiti i loro creatori. Come osservava Lev Vygotskij,
“una costruzione della fantasia può costruire qualcosa di effettivamente nuovo,
qualcosa che non è mai esistito anteriormente nella esperienza di un uomo, e
che non corrisponde a nessun oggetto realmente esistente: eppure una volta
realizzata all’esterno, una volta concretizzata, questa immagine
cristallizzata, diventa una cosa fra le altre, comincia realmente a sussistere
nel mondo, ad agire sulle altre cose […] diviene realtà” (***).
Bisogna fare molta attenzione quando si
parla d’intelligenza artificiale, poiché in tal caso il termine “intelligenza”
è molto ambiguo, anche se su innovative reti “neuronali” (altro termine
ambiguo). Giustamente osserva Faggin nel corso della stessa intervista:
« […] io posso
fare una moltiplicazione in tre minuti se è di otto cifre, ma il computer più
potente ne fa milioni di miliardi. Il computer che ho in tasca ne fa dieci
miliardi. Cosa vuol dire: che il computer è meglio di me?».
Tuttavia c’è chi vede (sono in molti a
raccogliere lupini su tale terreno) una grande differenza tra la nostra calcolatrice
tascabile e i più sofisticati computer. Solo perché questi ultimi oltre alle
moltiplicazioni sanno, per esempio, vincere a scacchi o comporre musica, ma
soprattutto sostituire forza-lavoro. Nell’essenziale non vedo alcuna differenza
tra calcolatrice tascabile e i più sofisticati computer, sono entrambi delle
macchine internamente “vuote” (****).
Altro discorso per quanto riguarda la “sorveglianza”,
effettuata su ogni aspetto della nostra vita attraverso le macchine; il
controllo non solo è impersonale, ma anche misterioso e recondito, poiché
avviene chissà dove ed è effettuato da chissà chi, ma risponde certamente a una
gerarchia superiore. Si chiama esercizio del potere e si nasconde dietro la foglia
di fico della cosiddetta privacy, mai tanto violata come oggi.
(*) Il microchip si basa su una serie di
sottilissimi substrati di silicio nei quale vengono litografati, attraverso
maschere diverse e un fascio di luce speciale concentrata, dei circuiti
elettronici connessi tra loro (integrati), zeppi di microtransistori (il
processo di produzione è ovviamente più complesso, ma ciò basti a rendere
l’idea). Questa tecnica presenta un limite fisico, vale a dire un limite di
concentrazione dei circuiti oltre il quale non si può andare. Oggi si è giunti
con successo a una tecnica di stampa miniaturizzata che già dal nome dice
qualcosa: litografia ultravioletta
estrema.
(**) Il comportamento umano non può essere
spiegato sulla semplice base biologica, perché ciò spiega il comportamento
secondo un criterio naturalistico, non
storico. L’aspetto biologico è una premessa, ma niente di più. Il
comportamento è il risultato di un’attività sociale trasformatrice, vale a dire
il risultato del lavoro, e cioè di un’attività collettiva finalizzata a scopi
determinati è mediata da strumenti diversi, quali possono essere appunto le
macchine semplici o molto complesse.
(***) Immaginazione
e creatività nell’età infantile, Editori Riunti, 1973, p. 37. Naturalmente
non tutte le costruzioni fantastiche, che pur si fondono in ultima istanza
sulla realtà, costituiscono un riflesso adeguato del loro oggetto. Ci sono anche
le fantasticherie inconcludenti che stabiliscono tra gli elementi connessioni
impossibili nella realtà oggettiva.
(****) Il genio satirico di Samuel Butler, noto
a suo tempo per una disputa non di carattere scientifico con Darwin, colpiva le
imposture e le ipocrisie del suo tempo. Nel suo libro Erewbon, pubblicato nel 1872, scrisse un capitolo sulle macchine in
cui sviluppava e dimostrava per assurdo (le parole sono sue) che le macchine
sono sul punto di soppiantare la razza umana e svilupparsi in una forma
superiore di vita.
Post magnifico. Penso a P.K.Dick (amore di gioventù) problematico visionario che ha scitto sopra sotto e dentro le righe di questa sconvolgente contemporaneità.
RispondiEliminagrazie. il lavoro per scrivere questo post ricompensato da almeno un commento, peraltro intelligente e gentile
Eliminahttps://www.laciviltacattolica.it/rassegna/levangelizzazione-dei-robot-una-nuova-sfida-per-la-chiesa/
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