martedì 12 novembre 2019

L’odio


L'odio è un sentimento primordiale, genuino, fatto di pochi ingredienti. Non deve essere confuso con l'invidia, ovviamente, ma questa è spesso una componente sottaciuta. Può essere odio quello dei tifosi di una squadra per quelli della compagine avversaria, per esempio, oppure odio razziale, religioso, di classe (*). L’odio è un sentimento indegno solo se promana dagli altri e per interessi opposti ai nostri. Ma è anche qualcosa di più complicato.

Quello ideologicamente più strutturato è l'odio per chi ha idee politiche diverse dalle nostre. Del resto, chi, quantomeno, non aborre il comunismo? La tragica maschera dell’utopica uguaglianza dietro la quale si nasconde il Male! In certi ambienti essere comunista è molto peggio che essere juventini, il che è tutto dire. Ma anche per quelli che ritengono di nutrire cristallini sentimenti democratici il passo dall'idiosincrasia all’odio può essere breve. È vero, l’estremismo di massa, l’intolleranza, il desiderio disperato di un cambiamento radicale sono difficile da suscitare. Tuttavia giunge il momento culminante, che in genere fa seguito a un picco di crisi e incertezza economica, in cui il film si ripete. Cambiano gli attori, i protagonisti e le comparse, ma la sceneggiatura nei suoi refrain resta sostanzialmente immutata. Anche laddove non nasca l’odio vero e proprio, viene a regnare l’indifferenza per ciò che accade agli “altri”.

(*) Un tempo vigeva il reato d’incitamento all’odio di classe. L’articolo in questione fu dichiarato incostituzionale con sent. 23 aprile 1978, n. 108; tuttavia fu trovato subito un escamotage: tale sentenza modificava il reato in questione, trasformandolo in un reato di pericolo concreto, nel senso che l'istigazione all'odio fra le classi sociali doveva essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità. Infatti, pur non determinando la commissione di un reato specifico, sobillare alla disobbedienza e alla rivolta inquieta chi ti sfrutta, e dunque tale comportamento va punito a norma di legge. Quando si dice la legge uguale per tutti. Perciò i giudici continuarono ad impacchettare, nei “mandati di cattura” (si chiamavano così),  il reato d’incitamento all’odio di classe assieme ad altre eclatanti imputazioni. Quello dei magistrati era invece rubricato come un sano odio di classe e di casta.

Scriveva l’11 gennaio 1972 Luigi Pintor: «Spesso ossuti e avvizziti, più spesso obesi e flaccidi, col viso marcato dalle nefandezze del loro mestiere, ogni anno ci appaiono vestiti da pagliacci, come non osano neppure gli alti prelati. Chi sono? Sono gli alti magistrati che inaugurano l'anno giudiziario, per dirci che bisogna mettere più gente in galera e tenercela, e quale gente e perché. Leggete altrove l'elenco minuto dei morti ammazzati in un’industria […]. Questi sono omicidi di cui è intessuto il progresso nazionale. Sono delitti di classe, dietro cui c'è lo sfruttamento quotidiano di milioni di uomini […]».

5 commenti:

  1. vidi un film intitolato così
    peccato che era francese
    epperò, seppur giocato sul piano etnico
    qualcosa diceva

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  2. "Questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con sè stessa, si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente ad eliminare. Ma perchè questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto, non distruggano sè stessi e la società in una sterile rotta,sorge la necessità di una potenza che sia in appparenza al disopra della società, che attenui il conflitto, lo mantenga neil limiti dell'"ordine"; e questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di essa e che si estranea sempre più da essa, è lo Stato". Engels

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