L'odio è un sentimento primordiale, genuino, fatto
di pochi ingredienti. Non deve essere confuso con l'invidia, ovviamente, ma questa è spesso una componente sottaciuta. Può essere odio quello dei tifosi di una squadra per
quelli della compagine avversaria, per esempio, oppure odio razziale,
religioso, di classe (*). L’odio è un sentimento indegno solo
se promana dagli altri e per interessi opposti ai nostri. Ma è anche qualcosa di più complicato.
Quello ideologicamente più strutturato è l'odio per chi ha idee politiche diverse dalle nostre. Del resto, chi,
quantomeno, non aborre il comunismo? La tragica maschera dell’utopica
uguaglianza dietro la quale si nasconde il Male! In certi ambienti essere comunista è molto peggio che essere juventini, il che è tutto dire. Ma anche per quelli che ritengono
di nutrire cristallini sentimenti democratici il passo dall'idiosincrasia all’odio può essere breve. È
vero, l’estremismo di massa, l’intolleranza, il desiderio disperato di un cambiamento
radicale sono difficile da suscitare. Tuttavia giunge il momento culminante,
che in genere fa seguito a un picco di crisi e incertezza economica, in cui il
film si ripete. Cambiano gli attori, i protagonisti e le comparse, ma la
sceneggiatura nei suoi refrain resta sostanzialmente immutata. Anche laddove non nasca l’odio
vero e proprio, viene a regnare l’indifferenza per ciò che accade agli “altri”.
(*) Un tempo vigeva il reato d’incitamento
all’odio di classe. L’articolo in questione fu dichiarato incostituzionale con
sent. 23 aprile 1978, n. 108; tuttavia fu trovato subito un escamotage: tale
sentenza modificava il reato in questione, trasformandolo in un reato di
pericolo concreto, nel senso che l'istigazione all'odio fra le classi sociali
doveva essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità. Infatti,
pur non determinando la commissione di un reato specifico, sobillare alla
disobbedienza e alla rivolta inquieta chi ti sfrutta, e dunque tale
comportamento va punito a norma di legge. Quando si dice la legge uguale per
tutti. Perciò i giudici continuarono ad impacchettare, nei “mandati di cattura”
(si chiamavano così), il reato d’incitamento
all’odio di classe assieme ad altre eclatanti imputazioni. Quello dei
magistrati era invece rubricato come un sano odio di
classe e di casta.
Scriveva l’11 gennaio 1972 Luigi Pintor: «Spesso
ossuti e avvizziti, più spesso obesi e flaccidi, col viso marcato dalle
nefandezze del loro mestiere, ogni anno ci appaiono vestiti da pagliacci, come
non osano neppure gli alti prelati. Chi sono? Sono gli alti magistrati che
inaugurano l'anno giudiziario, per dirci che bisogna mettere più gente in
galera e tenercela, e quale gente e perché. Leggete altrove l'elenco minuto dei
morti ammazzati in un’industria […]. Questi sono omicidi di cui è intessuto il
progresso nazionale. Sono delitti di classe, dietro cui c'è lo sfruttamento
quotidiano di milioni di uomini […]».
vidi un film intitolato così
RispondiEliminapeccato che era francese
epperò, seppur giocato sul piano etnico
qualcosa diceva
peccato che era francese?
Eliminasicuro del titolo?
sì sì pieno di tipacci con la erre arrotatata
EliminaGrande Luigi Pintor!
RispondiElimina"Questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con sè stessa, si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente ad eliminare. Ma perchè questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto, non distruggano sè stessi e la società in una sterile rotta,sorge la necessità di una potenza che sia in appparenza al disopra della società, che attenui il conflitto, lo mantenga neil limiti dell'"ordine"; e questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di essa e che si estranea sempre più da essa, è lo Stato". Engels
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