lunedì 18 novembre 2019

L'esperto di capitalismo immateriale


Stefano Quintarelli, Capitalismo immateriale. Le tecnologie digitali e nuovo conflitto sociale, Bollati Boringhieri 2019, euro 16.

«Internet è una cosa molto reale. Nel XXI secolo è la sede della dimensione immateriale del mondo che è la maggiore base delle relazioni sociali ed economiche delle persone e delle aziende».

Si può iniziare a scrivere un libro anche peggio di così, ma bisogna impegnarsi. Più che con il computer, il libro sembra scritto da un computer. Un libro denso di truismi che si rincorrono l’un l’altro, del tipo:

«Resta tuttavia indubbio le società sono plasmate dalla tecnologia».

D’accordo, ma un qualunque chierico borghese potrebbe obiettare che in tal modo si avvilisce la vita umana al rango di una mera rappresentazione materiale, pertanto sarebbe da evitare di assumere apoditticamente che tutti i mutamenti sociali siano i sottoprodotti automatici dello sviluppo tecnologico, altrimenti ripiombiamo nel materialismo feuerbachiano: l’uomo è ciò che mangia.

Come possiamo credere che l’antica società egizia sia stata plasmata dalla tecnologia più ancora che dalle condizioni naturali? E quella romana antica lo fu sicuramente molto di più dalle conquiste territoriali, dal costituirsi della grande proprietà fondiaria e dalla disponibilità di schiavi. Quindi l’enorme impatto che ebbe l’espansione europea dei secc. XV-XVI. Inoltre e senza nulla togliere al ruolo centrale svolto dalla scienza e dalla tecnologia nello sviluppo dell’economia moderna, non va sottaciuto il cambiamento apportato nella storia mondiale dalle grandi rivoluzioni come quella americana, francese, russa e cinese.

Scienza e tecnologia, e dunque l’attività umana quale fattore materiale fondamentale di trasformazione, sono indubbiamente il motore dello sviluppo economico moderno, ma in tal senso non va trascurato che ancor oggi la scelta degli oggetti e degli obiettivi della scienza e più ancora della tecnologia ha un netto carattere di classe, tanto è vero che il progresso delle tecniche capitalistiche di produzione non ha lo stesso significato per la classe lavoratrice e i suoi sfruttatori.

Scienza e tecnologia non godono quindi di un particolare statuto di neutralità rispetto ai rapporti sociali. Gli ideologi borghesi vogliono eludere il carattere di classe del loro punto di vista, e farci adottare il loro significato di progresso sociale, ma in tal modo i salariati possono assumere il punto di vista borghese a condizione di negarsi in quanto negazione vivente del capitale.

Scrive ancora l’autore: «Non si può sfuggire al futuro. Qualsiasi esso sia». “Qualsiasi” vale finché ci comporteremo come una colonia di topi. Cent’anni fa l’umanità sapeva che il passato conteneva Gengis Kahn, ma non sapeva ancora che il futuro contemplava un Hitler. Mettendoci un po’ d’impegno poteva evitarlo.

È quello di Quintarelli un libro che in realtà non parla del capitalismo se non in senso lato (il titolo serve per “acchiappare”), ma in compenso abbonda di fuffa. Da questo lato si potrebbero scegliere molti esempi, mi limiterò a questo:

«Nella dimensione materiale del mondo produrre costa. Sia che dobbiamo produrre pomodori o automobili, abbiamo bisogno di materie prime, energia, lavoro e capitali». Lo stile, come detto, è quello che è. Per contro l’autore dice: «Nella dimensione immateriale produrre costa, ma costa generalmente meno dell’analogo fisico».

Va da sé, che nella dimensione immateriale non si producono né automobili né pomodoro. Dunque i “costi” dipendono da molti fattori, anzitutto da che cosa e come si produce. E ciò vale anche per la riproduzione, l’archiviazione (stoccaggio) e il trasferimento di tutti gli oggetti materiali dei quali è costituita la nostra vita quotidiana. Su questo fatto non ci piove e l’autore ammette con incomparabile arguzia immateriale che “la larghezza non è alternativa alla lunghezza”.

Soggiungo che ciò vale per ogni epoca: come tutti sanno un tempo per mandare un messaggio da una località ad un’altra era necessario il servizio postale o simili, magari occorrevano giorni a cavallo o anche mesi di navigazione per far giungere una lettera a destinazione. Con il telegrafo le comunicazioni divennero enormemente più veloci, meno materiali e più immateriali. E ciò in assenza di internet, la nuova tecnologia che ha reso le comunicazioni istantanee in qualunque luogo ci si trovi.

Scrive Quintarelli a pagina 31: «Esistono beni che sono solamente immateriali senza dimensione materiale o viceversa». Questa distinzione “dimensionale” percorre tutto il libro come tesi fondamentale: «un prodotto non è solo la sua istanza materiale, ma anche il complesso di beni e servizi che costituiscono parte integrante di quel prodotto: una camera d’albergo è in larga misura di servizio di commercializzazione prenotazione, oltre che la camera insieme in sé, il servizio di portierato e la colazione. […] Discorso identico per i materassi, che inoltre aiuteranno dormire meglio e a controllare alcuni aspetti della salute grazie miriadi di sensori e agevolazioni intelligenti della temperatura».

Anche in un’epoca in cui c’era il telefono a gettoni, si potevano prenotare le camere d’albergo a distanza e in tempo reale; anche allora una merce o un servizio non erano solo rappresentati dalla loro “istanza materiale”. Un materasso a molle è sicuramente meglio di un giaciglio di sola paglia, a prescindere dai sensori e dai regolatori della temperatura che costituiscono altrettanti progressi tecnologici. Pertanto tutte queste distinzioni tra materiale e immateriale ci ricordano ciò che è abbondantemente risaputo, ossia che le tecnologie migliorano la nostra vita e velocizzano l’informazione. Dalle navi a vela a quelle a vapore il passo è stato enorme; dal cavallo al treno, sconvolgente.

Ma prima ancora di avere un impatto, non solo positivo, sulle nostre vite, la scienza e la tecnologia, interiorizzandosi nel capitale, operano secondo le leggi di quest’ultimo: operano per la produzione di plusvalore, ossia per la massima valorizzazione del capitale.

Ma tale “cambiamento è drastico – osserva l’autore – perché procede in tempi velocissimi, lo sviluppo dell’economia immateriale è stato repentino” (p. 186). D’accordo, ma già alle nuove generazioni tale cambiamento sembra meno repentino che a quelle più anziane, perciò già oggi si dà per scontato l’uso del cellulare per un sacco d’impicci.

Certo, internet costituisce una rivoluzione epocale, non meno della stampa a caratteri mobili, e quest’ultima ha rappresentato un’evoluzione necessaria, senza la quale internet non sarebbe mai comparso. Insomma, grande rivoluzione, ma non enfatizziamo. Nuovi problemi vanno a sommarsi a quelli più vecchi e antichi, così come le contraddizioni alla base dell’economia capitalistica sono tutt’altro che scomparse, i loro effetti si fanno anzi sempre più evidenti e destabilizzanti, tanto che vedo ciò che ci aspetta come la pira funebre della società borghese.

Bisognerebbe invece chiedersi se, spazzate via con le nuove tecnologie le radici storiche di una cultura, a quali conseguenze andiamo incontro. Quando non si porti con sé una misura sufficiente del passato, quindi laddove solo il presente diventi importante, si preparano nuove tragedie (e già lo vediamo con il nichilismo antistorico montante). Chi conosce solo il presente, o crede di conoscerlo, non sa nulla di ciò che sta realmente accadendo adesso e ciò che sta per succedere.

6 commenti:

  1. Grazie Olympe,per farci stare sempre sul pezzo.

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  2. “Il sistema capitalistico si presenta come una continua produzione di bisogni, i quali non sono naturali, ma prodotti socialmente, poiché il consumo è mediato dall’oggetto, dalla sua vista, che genera un bisogno.
    In un contesto in cui la realizzazione di sé viene a coincidere con il consumo, l’unica identità è lo scambio e la valorizzazione economica, il successo e la competizione. E nasce una cultura che non ha più valori e che per la costruzione del legame sociale punta solo sullo scambio dei beni e del consumo, una cultura in cui tutto può essere negoziato perché niente è veramente importante. Il consumo come “way of life”.
    Se l’emancipazione consiste nell’accesso al consumo, questo ideale può essere conseguito all’interno del sistema capitalistico, e non implica pertanto alcuna politica antagonista e alcun soggetto collettivo: implica la fine della politica, se politica significa l’accadere di eventi di trasformazione dell’esistenza collettiva”
    Da Consumo e Potere di Vincenzo Costa

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    1. Matteo 4, 4
      ad ogni modo ne riparliamo quando i nodi verranno al pettine

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  3. Efficacissima sintesi nell'ultimo paragrafo
    Forse perchè la Storia tende a ripetere sè stessa?
    Un caro saluto
    Roberto

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