Nel momento in cui la Federal Reserve
americana e la Banca centrale europea continuano a regalare moneta ai mercati
finanziari (ci si scandalizza giustamente per gli aiuti e aiutini di Stato, e
però …) che cosa sta succedendo nell’economia reale?
Per citare degli esempi: l'acquisizione, con
uno scambio di azioni del valore di 26 miliardi di dollari, da parte della
società d’intermediazione bancaria e azionaria Charles Schwab del suo rivale TD
Ameritrade, ciò che consentirà la gestione patrimoniale di oltre 5 trilioni di
dollari di attività della clientela (*); la decisione della Tiffany di essere
acquistata per 16,2 miliardi di dollari dalla società francese di articoli di
lusso LVMH, proprietaria del marchio Louis Vuitton (**); il conglomerato
giapponese Mitsubishi acquista la società di servizi olandese Eneco, produttore
e fornitore di gas naturale, elettricità e calore nei Paesi Bassi; l'acquisto
da parte della Novartis per 9,7mld della società biotecnologica The Medicines
Company.
Tutto ciò fa seguito a una delle maggiori
fusioni che coinvolgono le società con sede negli Stati Uniti, quella tra la
telefonia mobile e le società di telecomunicazioni T-Mobile e Sprint, ossia la
fusione tra il terzo e il quarto maggiore operatore di rete mobile degli stati
Uniti. Con un accordo stimato in 26 miliardi (127 milioni di abbonati). Gli
azionisti di maggioranza Deutsche Telekom (che ha il 62% di T-Mobile Us) e la
giapponese Softbank (83% di Sprint), avranno rispettivamente il 42% e
il 27% della nuova società, il cui valore congiunto è di circa 150 miliardi di
dollari.
Il mese scorso la Federal Communications
Commission ha dato il via libera all'accordo. Le due società hanno ottenuto
l'approvazione solo dopo aver promesso una serie di concessioni, tra cui il non
aumentare i prezzi per tre anni, migliorare i loro servizi a banda larga nelle
aree rurali e accelerare la diffusione della rete 5G. Quisquilie, poiché questa
fusione, oltre a comportare la perdita di migliaia di posti di lavoro,
stabilirà un mercato di tre giganteschi gestori wireless (gli altri due player
giganti sono Verizon e At&t) con tutti gli incentivi per dividersi i
mercati, aumentare i prezzi e competere solo per i clienti più redditizi.
A tale proposito è in corso un’azione
legale, il dibattimento in aula è previsto per il 9 dicembre (con scarse
possibilità di vittoria per i ricorrenti), avviata da tredici procuratori
generali. Letitia James, procuratore generale di New York, a capo dell’azione
legale, ha affermato che la fusione causerà “danni irreparabili” a milioni di
abbonati tagliando l’accesso a servizi convenienti e affidabili e
influenzerebbe in particolare le comunità a basso reddito di New York e nelle
aree urbane di tutta Paese.
E c’è gente che continua a decantare i
vantaggi della proprietà privata (quali, l’alloggio dove abitate o per Bernard Arnault?) e le virtù
del libero mercato (quello rionale o quello degli azionisti di Deutsche Telekom?).
(*) Wall Street ha ruggito all'accordo, con
le azioni Schwab aumentate dell'8% e le azioni di TD Ameritrade del 16%. Quando
l'accordo sarà finalmente completato, gli attuali azionisti di Schwab
deterranno il 69 per cento della nuova società, il 18 per cento di TD
Ameritrade, con la canadese Toronto Dominion Bank, che detiene il 43 per cento
di TD Ameritrade, deterrà il 13 per cento.
(**) L'accordo permette a Tiffany's di
unirsi agli oltre 70 marchi di lusso di proprietà di LVMH, tra cui Bulgari, Dom
Pérignon, Christian Dior e Givenchy. Bernard Arnault, il proprietario del
marchio Louis Vuitton, ha visto subito aumentare le sue azioni di 2,85 miliardi
di dollari. Questo “incremento” di ricchezza lo ha reso brevemente il secondo
uomo più ricco del mondo, con una ricchezza totale di oltre 107 miliardi di
dollari, prima di ricadere al terzo posto dietro Bill Gates, 107,5 miliardi, e
il capo Amazon Amazon, Jeff Bezos, 111,7 miliardi.
mutatis mutandis:
RispondiEliminaEcco perché sono scomparsi gli abitanti dell’Isola di Pasqua
9 gennaio 2015 -
Hanno lasciato come ricordo della loro civiltà delle enormi teste di pietra chiamate Moai. Altrimenti, di loro non è rimasta alcuna traccia.
I Rapa Nui, gli abitanti dell’Isola di Pasqua, un piccolo lembo di terra nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico meridionale a più di 3.000 chilometri dalle coste del Cile, che hanno vissuto per secoli sull’isola, a un certo punto sarebbero letteralmente morti di fame. E’ quanto sostenevano gli storici finora. Le risorse naturali, già scarse, sarebbero state sfruttate fin troppo, tanto da non lasciare più nulla per la loro sopravvivenza.
Tuttavia, un articolo appena pubblicato suggerisce che la vera causa del declino dei Rapa Nui sia molto più complessa e che, più che la mancanza di cibo, a causare la scomparsa degli abitanti dall’Isola di Pasqua siano state le malattie portate dai primi colonizzatori europei.
I Rapa Nui erano una popolazione di origine polinesiana insediatasi sull’isola intorno al 1200. Nei secoli passati sull’isola, prima dell’arrivo degli europei nel 1722, hanno disboscato la zona settentrionale dell’isola modificandone così il clima. Proprio i cambiamenti climatici li hanno costretti a migrare da un’area a un’altra dell’isola.
Un team di ricercatori provenienti da Stati Uniti, Cile e Nuova Zelanda ha analizzato i reperti su tutta l’isola, utilizzando una tecnica chiamata Obsidian hydration dating, un metodo per determinare l’età degli oggetti in cui è presente l’ossidiana, un vetro vulcanico che i Rapa Nui usavano per realizzare i loro manufatti. Sono state così scoperte le aree in cui la popolazione era più attiva.
Dagli studi effettuati è emerso che il calo demografico è avvenuto in maniera disomogenea. Nella zona a Nord est dell’isola, grazie a condizioni climatiche favorevoli e al terreno fertile, i Rapa Nui hanno prosperato dal 1600 al 1800, ben oltre i primi incontri con gli esploratori europei.
Lo studio dimostra quindi che gli abitanti dell’Isola di Pasqua, quando arrivarono i primi europei, non erano sul punto di scomparire. La loro scomparsa definitiva sarebbe stata determinata dall’arrivo di malattie come il vaiolo e la sifilide, portate proprio dagli esploratori, contro cui i Rapa Nui non possedevano alcuna difesa immunitaria.
https://antibiotic.ecdc.europa.eu/it/cosa-dovete-sapereschede-informative/scheda-informativa-esperti
L'isola di Pasqua ha una superficie di circa 160 Km quadrati (per intenderci, circa il doppio di Pantelleria) e una altitudine massima di 500 metri (per intenderci, Stromboli, sei volte più piccola, è sopra i 900). La lunghezza totale è di circa 24 Km. E sta nel bel mezzo dell'oceano.
EliminaHo premesso alcuni dati fattuali, sebbene ciò possa apparire sacrilego in vicinanza delle parole magiche "cambiamento climatico". Niente, vorrei testimoniare il mio scetticismo sulla capacità dell'uomo, specie con la tecnologia a disposizione nei secoli dal XIII al XVIII, di "modificare il clima" dell'Isola di Pasqua. Pronto a beccarmi del "negazionista": me lo sono meritato.
Flora
RispondiEliminaPaesaggio nella zona meridionale dell'isola
Con le sue sole 48 specie vegetali native, l'Isola di Pasqua è una tra le isole più povere di specie vegetali in tutta l'area del Sud Pacifico. L'isola, infatti, è situata in una zona lontana dalla costa e in tutta la sua storia geologica non ha mai goduto di un collegamento con la terraferma, mentre la maggior parte delle correnti oceaniche che interessano l'isola provengono da occidente e non portano pertanto semi dalla terraferma. Anche il contributo da parte delle specie di uccelli migratori che popolano l'isola è stato modesto.[6]
Si ritiene, perciò, che la maggior parte delle piante attualmente presenti sull'Isola di Pasqua sia stata importata dall'uomo. Tale teoria trova inoltre conferma sia nella leggenda locale di Hotu Matu'a (Grande Genitore), secondo la quale furono gli uomini a portare le piante, sia nei diari dei primi europei che visitarono tale isola, secondo i quali la popolazione locale disponeva al momento del loro arrivo già di proprie coltivazioni che venivano usate per il sostentamento umano e come fonte di mangime animale.
Isola di Pasqua al tramonto
Le ricerche dei botanici sui pollini presenti nei sedimenti delle paludi (palinologia) e sui frammenti di legno bruciati ritrovati nei forni e nei cumuli di rifiuti più antichi hanno dimostrato che la vegetazione attuale è il risultato di una serie di radicali modifiche apportate direttamente e indirettamente dall'uomo nel corso dei secoli. Secondo queste analisi, l'isola era coperta fino a qualche secolo fa da una fitta vegetazione composta da diverse specie di piante ad alto fusto[7], tra cui una palma gigante (simile alla specie Jubaea chilensis), probabilmente la più grande al mondo, raggiungendo un diametro del tronco di due metri, e altre affini a specie presenti nella polinesia orientale tra cui l'Alphitonia, Elaeocarpus (entrambe usate per costruire canoe), il palissandro oceanico (Thespesia populnea), e altre oggi non più presenti sull'isola[8]. Dal 1010 in poi l'isola subì una progressiva deforestazione durante la quale, secondo alcune stime, oltre 10 milioni di palme giganti vennero abbattute, favorendo di conseguenza sia l'erosione dello strato fertile di terreno che ricopre l'isola, sia la desertificazione di ampie zone, esponendo il terreno al vento e alle intemperie. Tale evento potrebbe essere stato anche causa di una drastica riduzione della popolazione sull'isola[9].
A testimonianza delle ampie foreste che una volta ricoprivano l'isola sarebbe rimasto solo lo Scirpus californicus, una specie di canna che cresce esclusivamente all'interno del cratere di Rano-Kao usata anticamente dalla popolazione indigena per ricoprire le capanne. Per quanto riguarda invece la specie d'albero, il Sophora toromiro, che una volta ricopriva l'intera isola, questa può essere ritenuta estinta, dal momento che esistono solo pochi esemplari al mondo coltivati all'interno di giardini botanici.
L'isola di Motu Nui
Le specie di felci sull'isola sono quindici, di cui quattro endemiche[10].
Tra le piante indigene esistenti sull'Isola di Pasqua spicca anche la Triumfetta semitriloba, un arbusto dalle piccole dimensioni che appartiene alla famiglia delle Tiliaceae. Questa è probabilmente, in accordo con alcuni studi, una delle prime piante che circa 35.000 anni fa popolò l'isola. In passato questa pianta veniva utilizzata per tessere le reti dei pescatori.
mi levi una curiosità che non mi dà pace da due giorni, che cosa c'entra il copia incolla da wikipedia sull'Isola di Pasqua con il mio post?
Eliminala corsa all'arrichimento e all'esibizione senza rendersi conto del depauperamento sociale ed ecologico.
RispondiEliminaOstrega, anche loro avevano BIll Gates
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