Pier Paolo Pasolini si doleva della
scomparsa delle lucciole. Dispiace a tutti di quella e di altre estinzioni
causate dall’industrializzazione e dall’urbanesimo. In quegli anni da noi scompariva
anche e in gran parte l’antica miseria, che alcuni dicono avesse una sua
dignità, considerazione di chi non ha visto bene in faccia quella realtà che a
sé tutto piegava e avvolgeva.
Oggi siamo alle prese con le cosiddette “nuove
povertà”, assolute e relative, vere o solo percepite. Le statistiche ci parlano
di un milione di bambini che vivono condizioni di povertà in Italia. Una
situazione gravissima e che dovrebbe quantomeno imbarazzare chi farnetica di
etica meritocratica e vanta la costruzione di nuovi bastioni di Orione. Ma
tant’è.
*
Pasolini denunciava il “genocidio culturale”
quale si profilava con la fine della vecchia società, anzitutto col disgregarsi
definitivo delle comunità contadine, il sapere antico delle cose concrete. La
cui condizione era sancita, tra l’altro, dalle leggi del 1931 e del 1939, che
sanzionava il domicilio coatto per i lavoratori e le famiglie coloniche, per cui
ai mezzadri era proibito muoversi dai loro paesi in cerca di lavoro, facendo
rinascere così dalle ceneri del medioevo l’istituto della servitù della gleba
(*).
Vero è che quel “genocidio culturale” oggi è
un fatto ampiamente compiuto e riconosciuto. Del modo di essere e di
rapportarsi delle vecchie classi sociali non rimane più nulla, nemmeno di
quelle padronali, se non in segmenti sempre più marginali. Soprattutto le
giovani generazioni non sono in grado di capire quello che accade intorno e
sopra a loro. Sono confuse e inquiete, instupidite. Sono cloni di quella che
Debord definì società dello spettacolo. Spiace dirlo, e del resto noi vecchi
non siamo messi meglio.
L’idea del comunismo è stata per generazioni
l’idea del paradiso. L’utopia, si sa, vive di sogni. E tuttavia finché ci
saranno padroni e schiavi, sfruttatori e sfruttati, diseguaglianze sociali
intollerabili, l’idea di una società libera dal bisogno e uguale nelle
diversità, non morirà.
(*) Tali leggi furono abrogate con la legge
del 10 febbraio 1961, n. 5, e solo dopo che i pretori di Bitonto, Napoli, Roma,
con loro ordinanze si erano rivolti alla corte costituzionale per il giudizio
di legittimità. La sinistra parlamentare aveva altre cose di cui occuparsi.
il concetto principale che Pasolini espresse ,negli ultimi anni in particolare - fu quello del "furto del sacro", il furto da parte del potere neo(?)capitalista della sacralità del sacro
RispondiEliminaquello che Pasolini penso volesse esprimere con questo concetto ha a che fare con l'organicità della natura storica dell' uomo con la sua componente naturale, organicità che vedeva, lungimirante, estinguersi nella scomparsa del proletariato rurale e urbano
coerentemente finì per rivolgere la sua preghiera a sottoproletari del pignone e ai marchettari di termini
a parer mio calcò troppo la mano su risposte a-storiche e resistenziali, parzialmente osannato quanto emarginato proprio a causa del clima dell' epoca che a sinistra godeva -a volte poco convintamente, ma senza giungere alla dovuta profondità critica- di analisi viziate dalla ingombrante presenza ideologica stalinista e dei suoi accoliti europei. in definitiva un' epoca che cercò ma non riuscì a chiamare le cose con il proprio nome
aveva capito che produrre nuova storia significava rivoluzionarla ma poco capì quanto non ci fosse scelta nel attraversare la più spinta alienazione capitalistica
fece giustamente della neo(?)borghesia oggetto di studio -e così della mutazione antropologica che lacerava completamente il tempo ciclico e senza storia della campagna friulana che lui vide riversarsi nel sogno di una cosa delle lotte dei braccianti per i beni necessari- ma questo studio per me risulta offuscato da una protesta fondamentalmente umanista che oggi mostra i segni dell'usura
ed è per quello che ne hanno fatto un santino sempreverde mentre era una forza del passato che, in quanto tale, deve scomparire perchè dia molto frutto
protesta fondamentalmente umanista
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Riguardo alle giovani generazioni, quello che altresì preoccupa, è che non abbiano, in linea di massima, alcuna velleità di contrasto e/o lotta con le generazioni di cui sono figlie, ma ne cerchino una scoraggiante scimmiottatura.
RispondiEliminaForse il riferimento è alla “solidarietà” tra poveri, in contrapposizione alla società individualista che porta, invece, alla guerra tra poveri.
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