A
Hong Kong dal giugno scorso hanno luogo grandi manifestazioni,
nate a causa dei tentativi da parte dell'amministrazione locale di
approvare una legislazione per consentire l'estradizione nella Cina
continentale. Si temeva che questa nuove norme sarebbero state sfruttate da
Pechino per arrestare o intimidire critici e oppositori. In realtà, oltre alle
preoccupazioni sui metodi antidemocratici del regime del cosiddetto Partito
comunista cinese (PCC) e dei suoi tirapiedi politici nell'amministrazione di
Hong Kong, alla base di queste proteste di massa vi è il deterioramento delle
condizioni economiche e sociali che devono affrontare i lavoratori e i giovani
(*).
Le
elezioni distrettuali di Hong Kong di domenica scorsa hanno registrato una schiacciante
vittoria del cosiddetto gruppo pandemocratico che forma l'opposizione politica conservatrice della città. Malgrado tale
risultato elettorale e ciò che affermano i media occidentali, il movimento di
protesta ha raggiunto uno stallo: l'amministrazione di Hong Kong non ha fatto
concessioni significative alle richieste dei manifestanti e sta intensificando
la repressione, mentre le tattiche dei militanti, prevalentemente studenti, stanno
portando al loro isolamento.
Va
ricordato che i pandemocratici a causa della loro timidezza verso l'amministrazione
filo-pechinese si erano alienati il consenso di molte persone, in particolare i
giovani, e furono largamente messi da parte nelle proteste. I pandemocratici avevano
ottenuto successo anche nelle elezioni per il consiglio distrettuale nel 2003,
vincendo circa la metà dei seggi. Tale successo è durato poco e già con le
elezioni del 2007 e le successive del consiglio distrettuale, il loro risultato
elettorale è peggiorato.
La
sfiducia tra i giovani per i pandemocratici era già evidente nelle proteste di
massa scoppiate nel 2012 contro i tentativi di Pechino di imporre un “corso di
educazione patriottica”, e di nuovo nel 2014 nel cosiddetto movimento degli
ombrelli (che non è nuovo), chiedendo elezioni libere e aperte per la carica di
Amministratore Delegato del territorio. Nel 2014, mentre i pandemocratici hanno
manovrato nel Consiglio legislativo per concessioni minori, i giovani sono
scesi in strada, sebbene intimiditi dalla polizia.
Tuttavia,
in assenza di una reale alternativa politica, questi partiti sono stati ora
favoriti della diffusa ostilità verso Pechino espressa dagli elettori con un
voto di protesta contro i metodi e la violenza della polizia a Hong Kong.
Complessivamente domenica i pandemocratici hanno conquistato 347 dei 452 seggi
del consiglio distrettuale e ora controllano 17 dei 18 consigli, manifestando
in tal modo un netto rifiuto per i partiti pro-Pechino che hanno dominato tutti
i consigli prima delle elezioni.
Il
Partito Democratico e il Partito Civico – le più forti componenti del gruppo
pan-democratico – rappresentano strati delle élite di Hong Kong preoccupati per
l'intromissione di Pechino nei loro interessi commerciali. Sono ostili a
qualsiasi movimento dal basso e guardano a Washington e Londra per fare
pressione sul regime cinese per proteggere la loro posizione. Pechino sfrutterà
senza dubbio le accuse di interferenze straniere per giustificare qualsiasi
repressione militare e per avvelenare l'opinione pubblica interna contro le
proteste di Hong Kong. Il pericolo è che il movimento di protesta, senza una
chiara alternativa politica, sia guidato in tale direzione.
L'imperialismo
USA non ha la minima preoccupazione per i diritti democratici a Hong Kong, o in
qualsiasi altra parte del mondo. Ha una lunga storia di utilizzo selettivo dei
“diritti umani” come pretesto per operazioni di cambio di regime e guerre
neo-coloniali al fine di promuovere i propri interessi economici e strategici
predatori. La campagna ipocrita di Washington sulla repressione cinese degli
uiguri nella provincia occidentale dello Xinjiang fa parte della sua strategia
d’indebolimento e subordinazione della Cina, che considera la principale
minaccia al dominio globale degli Stati Uniti.
(*)
L'organizzatore delle proteste è stato il Fronte dei diritti umani e civili: un
gruppo di circa 48 ONG, diversi partiti democratici e altri gruppi politici,
organizzazioni studentesche e sindacati, tra cui la Confederazione dei
sindacati di Hong Kong. Il Fronte non ha avanzato alcuna richiesta per far
fronte al peggioramento della crisi sociale che affligge lavoratori e giovani,
ma ha chiesto il ritiro della legge di estradizione, un'indagine indipendente
sulla violenza della polizia, l'abbandono delle accuse contro i manifestanti e
elezioni libere e aperte basate sul pieno suffragio.
Il carattere limitato di queste
richieste riflette il carattere conservatore dell'organizzazione. Fino a quando questo tipo di movimenti resteranno
sul terreno delle rivendicazioni dei diritti democratici, i loro successi non
potranno essere che scarsi e di momento. Ciò non significa che essi non debbano
lottare per tali diritti, ma
tale lotta deve accompagnarsi a quella per il cambiamento reale del sistema sociale vigente, con azioni di rottura sul piano culturale
e programmatico, politico e organizzativo, per un ripensamento radicale di ogni
aspetto della società e della vita di ognuno. Vale per Hong Kong e per
qualsiasi altra situazione.
da là fa un bel lavoro di report Radicioni per radio radicale
RispondiEliminaho ascoltato:
Eliminahttps://www.radioradicale.it/scheda/591285/le-elezioni-distrettuali-di-hong-kong-collegamento-con-francesco-radicioni-sui-primi
per una volta non sono d'accordo con te:
è il solito resoconto del punto di vista borghese, dei radicali e di tanti altri
il mio, modestamente, è più interessante perché è un punto di vista marxista
AT&T sempre sul pezzo.
RispondiEliminahttp://www.altrenotizie.org/rubriche/editoriali/8138-la-lezione-cilena-45-anni-dopo.html
https://www.ilpost.it/2015/08/16/nsa-snowden-att/
Il controllo del Potere è troppo capillare per lasciare campo libero a qualcosa di più delle Ribellioni.