martedì 19 novembre 2019

La pancia piena e il capitalismo ubriaco



Non esiste nulla senza contraddizione e nessuna società è o sarà senza conflitto. Proprio per questo non verrà mai meno la lotta per una società migliore. Anche il carattere assiomatico dell’odierna società, intesa come male minore, presto andrà a farsi friggere.

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Se molti secoli or sono, un qualche riformatore sociale avesse lanciato questo messaggio: “bisogna cambiare il feudalesimo”, ebbene avrebbe riso tutta l’Europa. Se, ancor prima, Cicerone o Seneca avessero detto: “bisogna abolire la schiavitù”, ebbene le matrone romane li avrebbero rincorsi con un grosso bastone e poi costretti a spicciare domestiche faccende (*).

Errore esiziale è stato credere che mutando la forma giuridica dei rapporti economici, ossia procedendo al mero passaggio dalla proprietà privata a quella statale dei mezzi di produzione, ipso facto venissero a modificarsi i presupposti essenziali del rapporto tra capitale e lavoro, così come altri tipi di rapporti economici e sociali. E oggi noi vediamo chiaramente quali effetti sociali, istituzionali e politici produce la concentrazione della proprietà privata in poche mani private, che di fatto l’abolisce. Quanti ondeggiamenti su torrenti d’inchiostro nell’epoca nostra per dire che si vuole cambiare il capitalismo però mantenendo inalterati i suoi rapporti sociali essenziali.

Tutte le trasformazioni avvenute nei modi di produzione precedenti non hanno mutato sostanzialmente i rapporti di produzione, limitandosi a sostituire una forma di proprietà ad un’altra, una forma di sfruttamento con un’altra: dalla proprietà schiavista, alla proprietà feudale, alla proprietà borghese, alla proprietà di Stato; dallo sfruttamento degli schiavi, degli affittuari regi, dei coloni, allo sfruttamento dei servi della gleba, allo sfruttamento del lavoro salariato nelle forme della produzione moderna (**).

«Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione» (Per la critica dell'economia, 1859).

(*) La rivolta degli schiavi guidata da Spartaco ha fatto epoca, però non sarebbe sensato pensare che essa potesse realmente mutare i rapporti di produzione allora vigenti e prevalenti. Viceversa Abramo Lincon poté legiferare per l’abrogazione della schiavitù poiché il mantenimento di tale forma di sfruttamento non era più conveniente come un tempo e riguardava una dimensione marginale dell’economia, ancorché localmente importante.

(**) Non fu il cristianesimo a mettere in crisi l’impero romano e con esso la schiavitù antica; fu bensì la crisi degli istituti economici, politici, religiosi a favorire la manumissio in ecclesia. Già se ne ebbero i prodromi molto tempo prima quando nell'atrium libertatis avvenivano le cerimonie di manomissione degli schiavi. Vi fu dunque un lento processo di trasformazione sociale ed economica, che, a un dato momento, divenne impetuoso e inarrestabile. Quella trasformazione, non potendo per varie ragioni assumere i connotati di un processo a guida politica quale lo intendiamo modernamente, assunse quelli di una contesa religiosa.

Gli schiavi non hanno decretato la fine del sistema schiavile, né i servi della gleba hanno creato la società borghese, né saranno i soli operai di fabbrica a dare la spallata definitiva al capitalismo.

6 commenti:

  1. La spallata la daranno i Cittadini. Quando ci saranno.

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  2. ''Se, ancor prima, Cicerone o Seneca avessero detto: “bisogna abolire la schiavitù”, ebbene le matrone romane li avrebbero rincorsi con un grosso bastone''
    uhm cerco proprio di immaginarmelo il signor Cicerone a dire queste cose, ma non ci riesco.
    Le legnate però se le presero i Gracchi , e per molto meno.

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    1. vero, ma io devo tener conto che Cicerone e Seneca sono domesticamente più noti dei Gracchi

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    2. e come al solito ha ragione

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