mercoledì 3 luglio 2019

Regressi


La massa dei proletari può sopravvivere e riprodursi solo lavorando in cambio di un salario, oppure non lavorando e mantenendosi con sussidi statali o con espedienti illegali di vario genere.

L’avvento delle nuove tecnologie e il perfezionamento delle tecniche di produzione, ossia l’aumentata produttività del lavoro, comporta una riduzione massiccia della domanda di forza-lavoro in quasi tutti i settori della produzione e in seguito anche nei più diversi settori dei servizi. Non si assiste solo a un incremento del tradizionale esercito industriale di riserva, ma il fenomeno riguarda una disoccupazione cronica di massa che solo certe misure, quali la riduzione dell’orario di lavoro, riescono a mitigare temporaneamente.

Per quanto riguarda i sussidi statali e altre forme di welfare, essi vanno a gravare sempre più sul debito pubblico statale e tendono a erodere, attraverso l’imposizione fiscale, quote sempre maggiori di plusvalore, a danno soprattutto degli operatori economici più piccoli e che meno si possono difendere da tali “attacchi” trasferendo le proprie sedi fiscali nei “paradisi”, oppure rincarando il prezzo delle proprie merci e servizi.


Si potrebbe ipotizzare una più equa distribuzione della ricchezza prodotta socialmente, ma ciò è fuori discussione in un sistema capitalista laddove la grande borghesia detiene le leve del potere economico e politico (*). 

Pertanto aumenta la povertà e la precarietà, vale a dire che le persone meno lavorano e peggio vivono. Diversamente dal passato, in questa fase storica dello sviluppo economico, specie nei paesi nelle aree di più antica tradizione industriale, povertà e precarietà non si traducono in un aumento assoluto della popolazione autoctona, ma anzi in un netto e progressivo regresso dettato dalle mutate condizioni e aspettative di vita.

Avviene ciò che del resto era già accaduto in altre epoche, per esempio nel tardo antico, laddove la crisi di sistema tendeva a produrre un persistente calo demografico della popolazione autoctona, sostituita man mano da immigrati. Se nel periodo dell’anarchia militare (III sec.) si assiste a una depressione demografica nella Roma imperiale, nel IV secolo l’indice di urbanesimo torna a livelli augustei (mentre una nuova depressione della popolazione si registra nel V sec. dopo il sacco di Alarico: 44% circa della precedente). Ciò dà la misura del fatto che la popolazione diminuisce a causa della crisi del III secolo e aumenta in seguito in forza di massicce immigrazioni.

Anche se gli schiavi – ma solo una parte degli immigrati erano schiavi – e i cosiddetti “peregrini” erano esclusi dalle distribuzioni gratuite di frumentum (e dunque dalle succedanee tardo-imperiali di panis) e dell’ancora più onerosa distribuzione di caro porcina (carne di maiale), resta che queste masse enormi di popolazione dell’impero dovevano pur essere in qualche modo nutrite (**).

L’immigrazione di genti provenienti dal nord e dall’est Europa, dal nord Africa e dal Vicino Oriente, portarono nuove braccia all’impero, ma anche altre bocche da sfamare nel momento in cui lo Stato romano entrava in una crisi fiscale irreversibile e perdeva potere “contrattuale” con le province, e in cui le curie venivano colpite da gravi difficoltà economiche e le corporazioni dal peso del loro munus (il dovere a “provvedere”).

(*) In un sistema a capitalismo di stato, come si è visto nel corso del Novecento, e cioè in un sistema economico nel quale la produttività del lavoro fosse scarsamente sviluppata, ciò favorirebbe da un lato la classe di burocrati, con un reddito in base alla posizione occupata nella gerarchia di potere, e dall’altro spalmerebbe la povertà sul resto della popolazione.

(**) Basta leggere Ammiano e Symmacho, per accorgersi di quanto grande doveva essere il loro numero; per questo motivo, ogni giorno nei teatri la plebe insisteva per la loro espulsione; e per questo essi spesso venivano espulsi. Ciò ci fa intendere come si temesse che le derrate in commercio a Roma non fossero sufficienti ai rifornimenti, e che la presenza di questi peregrini, facendo salire la domanda, facesse anche salire corrispondentemente i prezzi.


4 commenti:

  1. Acc!!dunque nulla di nuovo sotto il cielo di Roma.
    Prima gli ittaliani .

    caino

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  2. Ma dai governi Berlusconi in poi..passando per Monti etc..quanto tempo abbiamo perduto e sprecato in Italia?
    E nel presente in cui stiamo vivendo un'ininterrotta campagna elettorale a colpi di inutili rilanci ad effetto su Facebook quanto altro tempo ancora possiamo permetterci di perdere?
    Ma chi lo ha inventato questo gioco al massacro?

    Oggi mi sento sfiduciato...molto..non so lei...
    Un caro saluto

    Roberto

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  3. “L’avvento delle nuove tecnologie e il perfezionamento delle tecniche di produzione, ossia l’aumentata produttività del lavoro, comporta una riduzione massiccia della domanda di forza-lavoro in quasi tutti i settori della produzione e in seguito anche nei più diversi settori dei servizi. Non si assiste solo a un incremento del tradizionale esercito industriale di riserva, ma il fenomeno riguarda una disoccupazione cronica di massa che solo certe misure, quali la riduzione dell’orario di lavoro, riescono a mitigare temporaneamente”.
    Un popolo di…. Rivoluzionari! Avveleniamo i pozzi, evitando di proletare.

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