Può sembrare paradossale, ma lo sdoganamento della
destra nazional-populista deve di più alla crisi del riformismo e a quella di
una certa “sinistra” che non all’avvento del berlusconismo, poiché data, per
quanto riguarda l’Italia, ancor prima della famosa “discesa in campo”. Del
resto come non ricordare, per citare un esempio molto noto, l’Eugenio Scalfari
che faceva “la barba al profeta”, dando una mano non certo involontaria al trionfante
craxismo? E che il craxismo sia stato per molti motivi l’antesignano del
berlusconismo non è cosa nuova a sapersi, e non solo perché tolse falce e
martello dal proprio simbolo e si fece promotore del “socialismo tricolore”.
Non vi fu in quegli anni esponente politico di primo piano più anticomunista di
Craxi, al quale successe appunto Berlusconi. Così come non vi fu corrente
culturale più antimarxista di quella proveniente da certa nuova sinistra
sessantottina e postmoderna che giudicava totalitario Marx e apriva a
Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein, Carl Schmitt, Ernst Jünger e persino a
Evola (come riescano a leggerlo resterà per me un mistero).
Scrive a tale riguardo Matteo Luca Andriola in un suo
studio pubblicato dalla rivista PaginaUno:
«È il caso del dibattito tenutosi il 27
novembre 1982 a Firenze tra il filosofo Massimo Cacciari, all’epoca deputato
del Pci, il cattolico di sinistra e firma de Il manifesto, Giovanni Tassani, e
numerosi esponenti della neonata corrente neodestrista italiana come [Marco] Tarchi
e Giuseppe Del Ninno, moderati dal repubblicano di destra (ed ex missino di
sinistra, poi teorico della destra sociale di An), Giano Accame. Tema
dell’incontro: “Sinistra e nuova destra. Appunti per un dibattito”. È
organizzato da Diorama letterario e pubblicato nei numeri 56-57 del
febbraio-marzo 1983, anche se un primo confronto era già avvenuto un anno
prima, nella primavera del 1982, con un dibatti
to dal tema “La tolleranza
della cultura”, a cui avevano partecipato Massimo Cacciari, Gennaro Malgieri,
Giampiero Mughini (ex direttore di Lotta Continua, poi craxiano) e Marcello
Veneziani, moderati da Gianfranco De Turris, e i cui atti furono pubblicati
nella rivista Omnibus, diretta da Veneziani.
[…] Dal convegno
fiorentino l’interesse si sviluppa anche fra altri intellettuali di sinistra, e
coinvolge personalità come Giacomo Marramao, Ferruccio Masini, Alexander
Langer, Salvatore Sechi, Dino Cofrancesco, Giorgio Galli, Sabino Acquaviva,
Costanzo Preve e molti altri, al punto che una parte di loro partecipa ai
successivi seminari di quell’area intellettuale, a partire da due convegni
veneziani con la presenza dello stesso Cacciari […].
[L’interesse è tale] per
cui l’Istituto Gramsci del Pci organizza convegni, impensabili fino a qualche
anno prima, su Fiederich Nietzsche, Carl Schmitt o Ernst Jünger; fino ad
arrivare alla redazione di Pagina, rivista gestita da un gruppo di giovani
intellettuali vicini al craxismo abbeveratisi alle acque libertarie del ’68 e dell’operaismo –
Ernesto Galli della Loggia, Massimo Fini, Pierluigi Battista, Paolo Mieli e
Aldo Canale – le cui pagine costituiranno uno dei luoghi privilegiati del
dialogo con le nuove espressioni della cultura di destra».
Aperture di credito da parte socialista nei confronti
della “nuova destra” e di quella missina, con «il
Comune di Milano, guidato dal socialista Carlo Tognoli, che allestisce a
Palazzo Reale, dal 27 gennaio al 30 aprile 1982, la mostra “Anni ’30. Arte e
cultura in Italia”, curata da Giordano Bruno Guerri, primo tentativo di
cancellare la diatriba fascismo/antifascismo storicizzando il Ventennio sui
fasti dell’opera revisionista di Renzo De Felice; una mostra inconcepibile
pochi anni prima.»
In definitiva i nomi che ricircolano sono sempre
quelli, il Cacciari “dell’emergere pieno, costruttivo, rifondativo e non
distruttivo del pensiero negativo” [*], il Paolo Mieli che quotidianamente rivaluta
sulla Rai il fascismo “buono”, quello per esempio dei Balbo e dei Bottai, degli
architetti di regime, ecc.; il Giordano Guerri, che s’industria di riabilitare
D’Annunzio, chiamando a presentare la sua agiografia dannunziana Fabrizio
Tatarella, un nome garanzia; il Mughini dei comizi in divisa su Dagospia, cioè
lo stesso che su Rai 2 nel dicembre 1980 curava “Nero è bello”! E poi le
vecchie volpi della destra-destra come Marcello Veneziani, Marco Tarchi (quello
secondo cui Salvini “non è di destra”), del craxismo come Pierluigi Battista, Massimo
Fini, eccetera, eccetera.
[*] “C’era poi Nietzsche. Questo energumeno non
ancora sottratto all’ideologia fascista. Colli e Montanari erano ancora
lontani, trionfava un Nietzsche che la sorella, e poi Spengler e altri, avevano
imprigionato nella ideologia del fascismo: come tenere buono il vitalismo?” (Toni
Negri, Storia di un comunista, a cura
di Girolamo de Michele, Ponte alle Grazie, p. 159). Cacciari, giovanissimo,
appare solo a p. 208. È peraltro istruttivo, per quanto riguarda la formazione
intellettuale di quei giovani d’allora, leggere l’autobiografia di Negri, il
quale diventa socialista nei primi anni Cinquanta, quindi comunista, legge e
traduce Hegel (non quello della Logica),
partecipa alle riunioni di Quaderni Rossi,
ma solo dopo, negli anni Sessanta, si prende la briga di “cominciare a leggere
Marx e a leggere libri di economia politica e stampa economica” (211).
Negri molti anni dopo vedrà, in sintonia con la
crescita di un “movimento soggettivo di classe e di massa”, farsi strada la
possibilità di “una teoria rivoluzionaria che vada oltre la teoria del valore”
(Il comunismo e la guerra,
Feltrinelli, 1980, p. 39). Il capitale, per garantire il proseguimento della
funzione della circolazione, della realizzazione del profitto, sottopone “alla
determinazione economica della circolazione una determinazione politica”. In
questo modo esso tenta di governare il processo e di “trarre valore dalla
circolazione, tenta un salto in avanti verso il recupero del valore produttivo
della circolazione stessa” (ibidem, pp. 43-44). Ecco a cosa serviva andare oltre Marx!
Con questo caldo i neuroni non circolano.
RispondiEliminaprova con del ghiaccio
EliminaQuanta bella gente profumata da "après nous, le déluge"!
RispondiEliminatu guarda quanti sinceri liberal democratici (e cattolici) fecero parte del primo governo mussolini, e poi quanti degli stessi arricchirono dei loro bei nomi il famoso "listone" (1924)
EliminaIo non mi vergogno mica a ammetterlo: non ho mai capito una fava di quello che diceva Toni Negri. D'altra parte, anche Maria Rosa...
RispondiEliminaNon ho condiviso le posizioni ma non è dubbio che si tratti di un fine intellettuale
EliminaHa letto molti libri e fa citazioni senza le virgolette, con l'aggravante che spesso le citazioni sono ironiche. Così faceva James Joyce. Però che fatica.
Eliminanemmeno la metà di quelli che vorrei :)
Eliminaconfido nei lettori migliori !
Naturalmente io so che ne hai letti moltissimi, e anche ben scelti. Però mi riferivo a Toni Negri. Così ti sgravo della critica sulle virgolette mancanti. È ovvio che cade anche l'accostamento a James Joyce, che di per sé sarebbe lusinghiero. Però nella fattispecie non lo è, perché Joyce lo faceva per pregnanza, T. N. per egocentrismo.
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