venerdì 19 giugno 2015

Ma de che?


Non c’è più il giornalismo di una volta, quelle belle inchieste che scavavano in profondità di fatti e misfatti. Eh già, madama la marchesa. Poi si pubblicano in due giorni quattro paginoni dedicati alla folcloristica situazione romana, ed ecco che ci si duole perché i giornalisti prima di rovistare in quell'immondizia non hanno guardato in casa loro. A Milano – si ribatte – hanno problemi con le fogne, in centro città debbono chiamare spesso lo spurgo. Come se questo genere di problemi fosse minimamente raffrontabile con il gigantesco sistema parassitario e camorristico regnate nella capitale e descritto da Stella e Rizzo sul Corriere.

Vero è che città di milioni di abitanti non possono vivere solo di turismo e servizi, e che l’espulsione della popolazione residente ha snaturato i centri storici di città come Roma, Firenze, Venezia. Ma altresì in nessun’altra capitale dell’occidente accadono cose come a Roma. C’è poi da considerare che in alcune realtà urbane un numero molto grande d’individui non è mai arrivato a integrarsi con la civiltà moderna, e dall’altro non c’è una classe dirigente che meriti considerazione. Perciò si vedono cose che gli altri umani stentano a credere.


Prendersela con il sindaco Marino è diventato ormai uno sport nazionale, non gli viene risparmiato alcun insulto o sberleffo. Evidentemente ha pestato i piedi a troppa gente che vuol continuare a fare la sua camorra. L’unica cosa che posso a mia volta rimproverare a Marino è di averci creduto, di essere un romantico, di ritenere riformabili quelle strutture amministrative in una città geologica come Roma. È come se si fosse creduto riformabile l’ancien régime in Francia senza colpo ferire. Chiunque siederà al suo posto dopo di lui non solo non farà di meglio, ma probabilmente eviterà di rompere il gioco parassitario per ottenerne il consenso.

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