A
un mio vecchio conoscente, d’idee politiche molto diverse dalle mie (nel senso
che non gli frega d’averne), ogni tanto dicevo quale scherzosa provocazione: tu
un giorno per necessità diventerai comunista. Si scherniva, rideva, rispondeva:
no, impossibile, comunista mai. Recentemente, l’ultima volta che gli ho
ripetuto la cosa, lui non ha riso ed è rimasto in silenzio, con gli occhi
bassi. La crisi picchia duro, e lui dice ultimamente delle cose molto radicali
contro il sistema; ma comunista non lo sarà mai, né per necessità e tanto meno
per convinzione. Ciò che dice è radicale, ma in senso reazionario. Comprendo il
suo stato d’animo, perciò taccio, ma non lo giustifico. Quelle parole, dette da
lui, persona mite e gentile, onesta e riflessiva, vorrei dire buona, feriscono
molto di più di quelle che si sentono pronunciate da certi personaggi in
televisione, dai quali, del resto, non ci aspettiamo variazioni sul tema.
*
La crisi si può esprimere in pochi numeri, quelli davvero importanti: i senza lavoro sono passati da 1.506.000 del 2007 ai 3.236.000 di settembre scorso, ossia 1.730.000 disoccupati in più, duecentottantaseimila in più in confronto all’anno scorso e ben novantamila da settembre ad ottobre del 2014. L’Istat ha certificato altresì che sono tremilioniquattrocentomila in totale i senza lavoro italiani. Le persone coinvolte direttamente o indirettamente in questa situazione si stima siano nove milioni, cioè circa il 15% della popolazione. Un milione e mezzo di giovani lavorano all’estero.
Si
tratta di una tendenza in aumento che nessuna
misura di politica economica può, non dico invertire, ma nemmeno arrestare. Nemmeno,
sia ben chiaro, misure economiche di
tipo keynesiano. Quando ieri scrivevo che il movimento che segna la crisi
storica del modo di produzione capitalistico sta nella legge stessa del suo
sviluppo, ossia nella imprescindibile e costante necessità del capitale di sostituire il lavoro vivo con
quello morto, a ciò mi riferivo.
Senza
dire che vi sono in essere quantomeno centinaia di migliaia di posti di lavoro
(ma vorrei dire milioni), soprattutto nella pubblica amministrazione, resi
obsoleti dalle nuove tecnologie e le connesse nuove e diverse procedure. Le
stesse banche si preparano per l’anno prossimo a una nuova ondata di
licenziamenti. Molte aziende non attendono nemmeno il cosiddetto job act, e ho
contezza che stanno già spedendo lettere di licenziamento a manetta adducendo i
più vari motivi. Del resto la pressione fiscale per garantire stipendi,
pensioni e sprechi, non può aumentare all’infinito. Bruxelles può mandare tutti
i miliardi che vuole, ma creeranno pochi posti di lavoro, soprattutto
temporanei e fittizi, e sempre in numero inferiore di quelli che si cancellano.
Quando,
l’ultima volta ieri, scrivo che il capitalismo è, nelle sue forme precipue,
il modo di produzione più dinamico e rivoluzionario della storia, a ciò mi
riferivo. Quando vedo i giovani manifestare, come nella foto qui sopra, penso a
quanto scrivevo, da ultimo, ieri: la lotta ideologica è una determinazione essenziale
della lotta di classe, senza di essa non c’è teoria, e senza teoria e sviluppo
della stessa non c’è organizzazione pratica. È anche lotta contro l’ignoranza, poiché
si propone nel contempo il superamento dell’influenza borghese e di creare la
base necessaria di conoscenze per rendere effettivamente possibile organizzare
la lotta su un piano di realismo critico-pratico.
Che
cosa significa “Job act contro la ricerca”? Di quale "ricerca" vaneggiano? Quella legata al profitto e che taglia i posti di lavoro. Non
esiste una scienza e una ricerca neutrale nel mondo capitalistico, un sistema
che va contestato e contrastato in radice. Molti di quei giovani con lo
striscione con ogni probabilità vanno a votare (non importa per
quale partito) per eleggere il Pappamento, dove si approvano le “riforme”.
Quelle stesse riforme del lavoro, delle pensioni, della scala mobile, del
welfare, dell'istruzione, che da trent’anni in qua hanno fatto da sponda agli interessi del
grande capitale.
Le
parole e gli atteggiamenti di questi giovani, con l’inasprirsi della crisi e
delle contraddizioni dell’ordine capitalista, assumono forme sempre più
radicali, ma si rivelano a conti fatti sterili e inefficaci, specie quando parole
e atteggiamenti sono immancabilmente sfruttati a scopi mediatici (l’intuizione
grilliana di non partecipare alle sceneggiate televisive è giusta, se non fosse
inficiata dal fatto che lo stesso movimento si pone alla mercé del più grande
show politico, ossia nello spettacolo parlamentare).
Perché
comincino a diventare davvero efficaci, nei riguardi dei padroni del mondo, le loro
parole e i loro atteggiamenti debbono coniugarsi con la lotta ideologica e legarsi ad atti
di rifiuto radicale di questo sistema, contrapponendosi realmente alla
vecchia società morente, alle sue misure economiche e al suo delirio politico.
Se
non siete solo degli opportunisti, degli interclassisti che vogliono “fare
ricerca” in attesa di una buona sistemazione, in sostanza dei reazionari, cominciate
col dire: non vogliamo i vostri sussidi, le vostre elemosine, vogliamo la vostra condanna a morte,
non come individui ma come classe. Se allora i padroni del mondo, gli “eroi della nostra epoca” come li evoca il
loro amico Renzi Matteo, e i loro servi di ogni risma, cambieranno
atteggiamento nei vostri confronti, vorrà dire che avrete finalmente trovata e
imboccata la strada giusta.
Gentile Olympe,
RispondiEliminacome atto di rifiuto, che si contrappone a questa società, vedo bene rifiutare i sussidi elemosine e quant'altro. Ma quanti effettivamente per la propria sussistenza immediata, rifiuterebbero effettivamente?
E' un cappio al collo! Sono d'accordo altresì, di condannare a morte la classe che ci opprime, ma con quale strumento/i possiamo fare ciò?
In fin dei conti, gli atti di rifiuto sono atti di resistenza, e non di stravolgimento dello status quo.
Sbaglio?
Saluti.
Le osservazioni sono pertinenti e anzi mi offrono l’occasione per precisare.
EliminaAnzitutto, e non a caso, pongo l’accento e insisto sempre su un punto: la lotta ideologica, che è anche lotta contro l’ignoranza (soprattutto politica). Ecco perché dico che la lotta ideologica è una determinazione essenziale della lotta di classe, senza di essa non c’è teoria, e senza teoria e sviluppo della stessa non c’è organizzazione PRATICA. Pertanto l’antagonismo, il rifiuto, il contrasto, la resistenza, non possono non prendere le mosse che dalla lotta ideologica e dalla organizzazione politica che s’accompagna ad essa. Non sono due cose distinte, prima l’una e poi l’altra, sono due aspetti che si costruiscono e crescono insieme, e dio solo sa con quanta fatica e pena, con quanto senso, a volte, d’inutile e di vuoto, di ripensamento e di voglia di mollare tutto.
Se non si forma un’autentica coscienza di classe, un movimento politico di classe, una solidarietà di classe, è molto più difficile rinunciare a certe condizioni di soggiogamento e di sfruttamento. Ecco perché dico e ripeto alla nausea che la lotta ideologica è una determinazione essenziale della lotta di classe. Nessuna parola è neutrale, nessun gesto è senza conseguenze, nessun pasto è gratis. Lo so bene che è facile a dirsi e difficile a farsi, ma non ho mai detto che è facile e mi sorprenderei che lo fosse viste le lusinghe e i compromessi a cui ognuno di noi è invitato, sottoposto, costretto. Facile è andare a votare, mettere una croce sopra una scheda.
Grazie per il commento, ti saluto con molta cordialità.
Noi facciamo fatica a vivere, loro fanno fatica a morire.
RispondiEliminala morte è l'UNICA certezza di questo mondo
EliminaInsieme alla nascita.
EliminaSe posso,
RispondiEliminai dati statistici sono in un certo senso relativi, cioè nel numero dei tremilioniquattrocentomila disoccupati ci sono un certo numero di questi che lavorano al di fuori del mercato ufficiale, esempio classico nella provincia di Napoli, dove c'è una bella percentuale di disoccupati, diversi campano col lavoro nero nelle varie forme possibili, anche direttamente/indirettamente per le agenzie ufficialmente criminali, o c'è chi si mantiene ancora con la pensione/stipendio del papà/mammà.
Sarà banale, ma forse uno dei motivi per cui nonostante i numeri Istat non si muove nulla a livello di movimento/lotta/consapevolezza sociale è la per certi versi sopraffina arte di arrangiarsi, modernamente detta economia sommersa.
Saluti,
Carlo.
va bene Carlo, possiamo fare tutte le tare che vogliamo, ma in pochi anni sono più che raddoppiati. concordo sull'arte di arrangiarsi. ciao
Eliminasi propone nel contempo il superamento dell’influenza borghese
RispondiEliminaquesto problema non e' soltanto una questione di " cultura" o di "modelli" , ma anche di estrazione della classe dirigente . Io infatti credo che una delle cause della disfatta dei " salariati" sia l' avere avuto pressoche' sempre alla propria guida esponenti di origine borghese che INEVITABILMENTE nel tempo non potevano che trasformare il "partito dei lavoratori" in un semplice movimento radicalborghese.
Certo mi si puo' sempre dire che anche lenin veniva dalla alta borghesia come un berlinguer o un napolitano e tanti altri ... ma come dice il proverbio " una rondine non fa primavera" :-)
Ma temo anche che pure qualora un movimento di lavoratori si dotatasse di una elite "proletaria" pure ben istruita , nemmeno allora sarebbe possibile evitarne la sua deriva verso modelli di potere borghese ( vedi la fine dell' URSS ) , per cui la questione a me sembra senza speranza .-(
Ad eccezione di Spartaco e pochi altri, l'intellighenzia più o meno rivoluzionaria e/o riformista, fu composta in molta parte da borghesi istruiti 'pentiti', spesso di religione ebraica. Il complessivo riordino delle assicurazioni sociali in Inghilterra - leggi welfare - p.e. fu affidato da Churchill a Lord Beveridge.
RispondiEliminaA mio vedere il problema essenziale risiede negli strumenti di controllo da parte della massa delle sue elite più o meno proletarie che si pongono o vengono poste come dirigenti. Trovo evidente che più i numeri aumentano, tanto complessa diventa la creazione e l'esercizio di strumenti di controllo adeguati. Se la cosa è risultata difficile, travagliata e fallimentare nei suoi esiti nell'URSS, di fatto in una società diciamo per comodità perequata socialmente, in quella europea odierna il tema non è forse senza speranza ma i tempi di una eventuale realizzazione saranno un 'pò lunghi'.
Le costanti divisioni ideologiche interne fanno il resto.
In effetti non è così facile e immediato il rifiuto di sussidi ed elemosine, leggi anche stipendi, e maggiormente complesso risulta un possibile conseguente passaggio ideologico. Questo presuppone una sufficiente formazione di base perchè oggi la congiuntura economica crea un morto di fame anzichè una coscienza di classe (abbiamo due opinioni alternative sulla 'causa prima'). Indossare il medesimo capo di abbigliamento per molti anni risulta molto meno cogente e più finalizzato rispetto ad un pauperismo di ritorno, perdipiù imposto.
RispondiEliminaIl comunismo risulta ostico nel momento in cui siamo passati dalla semplicità alla comodità, in fondo felici della sponda offerta e in parte o totalmente indifferenti del prezzo che si sta pagando o dovranno pagare in maggiore misura coloro che ci seguiranno. Superata l'ipotesi escatologica
retributiva di qualsiasi natura è rimasto il credito al consumo.
*** (segue)
*** (segue)
RispondiElimina< Facile è andare a votare, mettere una croce sopra una scheda >
Non sufficientemente colto per la Storia, mi soffermo sulla più semplice cronaca :
' Da più giorni s’è riaccesa nei giornali una discussione noiosa anzichenò. In Italia non c’è un vero partito di destra né un vero partito di sinistra. I partiti attuali differiscono nel nome e negli uomini ma non nelle idee. Se si potessero creare due grandi e veri partiti, un partito conservatore, un partito innovatore! Quanto giovamento ne avrebbero le istituzioni! S’avrebbe allora l’altalena, il contrappeso, la forza centripeta, la forza centrifuga e questo, e quest’altro e insomma tutte le belle cose che gli studiosi di dinamica politica dichiarano indispensabili al perfetto funzionamento d’una macchina parlamentare.[…]
( ‘ I partiti ‘ – Corriere della Sera – 20 Novembre 1877 )
'Ah! Se al Paese la Camera tenesse questo linguaggio, e lo invitasse ad aiutarla in questo compito, è molto probabile che il Paese cesserebbe di russare. Ma il Paese vede che la Camera ha tutt’altro pel capo che gli affari che veramente premono. Di qua uno grida che la questione più importante è la questione del Senato elettivo. Là un altro sostiene che il ‘porro unum necessarium’ è l’indennità dei deputati; così se al popolo continuerà a mancare il pane, non mancherà il Bordò alla tavola de suoi rappresentanti. […]
( ‘Le questioni serie’ – Corriere della Sera – 18 Maggio 1878)
'In ogni tempo – scrive il Figaro - la donna ha sostenuto una parte nel retroscena politico-diplomatico. Ogni uomo di Stato ha avuto la sua Egeria, e quelli che presiedono ai nostri destini non hanno saputo sottrarsi a questa buona e galante tradizione.
“La donna di spirito che ha saputo conquistare questa situazione nelle nostre sfere governative ha ultimamente fatto un viaggio in un Paese vicino e amico. Essa vi è stata ricevuta con tutti i riguardi dovuti ad una donna di Stato e con le premure che sempre ispira una donna graziosa e di spirito. Un generale conosciuto tanto a Parigi come a Roma, s’è fatto il suo cavalier servente, l’ha presentata alla Corte ed alla Ambasciata e il primo ministro di questa Potenza ha ritenuto come un onore di offerirle il braccio e presentarla all’ambasciatore della nazione alla quale appartiene l’illustre viaggiatrice. Noi non sapremmo dire se l’Egeria avesse una missione ; ciò che sappiamo si è che essa ha acceso una violenta passione nel cuore del generale, che occupa a Parigi un’alta posizione diplomatica. A Roma, a cui fanno capo tutte le strade, a Parigi dove tutte le nazioni si concentrano, si dice, là ad alta voce qui sommessamente, che Imene deve coronare la fiamma del generale ed unire due cuori fatti per intendersi…. diplomaticamente. Noi non tarderemo a sapere se la notizia è esatta. Queste parole non sono gran fatto misteriose: non si stenta a capire che trattasi della signora Adam, Egeria del Gambetta, e del generale Cialdini. La signora Adam è una bellissima donna, ancor giovane. Quanto al futuro marito, non sappiamo come disimpegnerà la sua missione ….diplomatica : egli è nato il giorno 8 Agosto 1811. Ha dunque 69 anni e anche suonati.”
( ‘Mistero senza velo’ – Corriere della Sera – 22 Agosto 1880)
Attendiamo con speranza il cambiamento dei modelli.
Non e' che per puro caso si debba ricostituire un forte partito internazionalista comunista ?
RispondiEliminaC
http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2014/12/03/news/ken_loach_la_sinistra_deve_ritrovare_la_sua_musica_del_diavolo-102038285/?ref=HRERO-1
EliminaMa te ti dimandi mai, o a vespero o a mattutino, quanti di noi fussino o in facto sono e’ ladri? quanti i lor complici? quanti gli assassini e predoni? quanti i concussori? quanti i bari? quanti i simoniaci e compromettitori, agli uffizî e a le chiese? quanti i maquero, sive parasiti a le poarine? quanti soltanto anche i poltroni, i giuggioloni, i pavoni beati a passeggio in sul Vittorio Emmanuele? quanti i bevitori di bitter? quanti i cik-cik, ma dicano in brache larghe e ’n camicia porpurina d’aver udito sparo a Bezzecca? Dico quanti percentualmente?
RispondiElimina...
E zervinotti di poche castella, e di meno voglia a murarne? E chi gioca, mesto, le dame: e chi scaracchia: e chi si gratta i ginocchi: e chi non dice nulla, e t’isguarda, perché la Sibilla non dice se non dimandata e remunerata ad anticipo, e anco quel poco per ambage. Ed è all’ore di luce e di lavoro: che in sull’opere si batte ferro: e che il capo maestro garrisce i giovani d’in sul palco lassù. E di codeste iscioperate razzumaglie te tu vuo’ rizzar la republica perfetta? O Plato, cùrati.
Credo che valga alla grande anche per l'economia. Il capitalismo, per quanto faccia schifo pure a me, è perfettamente adatto alla razza umana. Chi stava in basso e s'è trovato in alto è stato sempre lestissimo a diventare uno dei vecchi 'padroni'.
non si può auspicare la condanna a morte della classe dominante e al contempo auspicare un cambio di atteggiamento dei padroni nei nostri confronti.
RispondiEliminarilevi che nelle mie parole vi sia una richiesta in tal senso? come battuta però è buona.
EliminaCiao Olympe, condivido la tua analisi ma aggiungo qualche ulteriore elemento di discussione che non sarà propriamente ottimistico.
RispondiEliminaTi chiedi giustamente: "Cosa significa job act contro la ricerca? Perché questi giovani non rispondono alla crisi con atti di rifiuto verso questo sistema? " Perché secondo me sono figli di questo sistema e della sua crisi: non riescono a pensare a qualcosa di diverso dal capitalismo che al massimo vorrebbe "eticamente" corretto oppure "sostenibile". Perché è questo il clima culturale in cui sono immersi. Un riformismo apparentemente radicale interclassista, aconflittuale. Guardiamo anche al fenomeno dei Coworking: ormai ce ne sono anche in città medie, non slo nelle metropoli: io ci parlo con questa gente e il dramma è che pensa di poter vivere e di pensare in modo "diverso". Mi viene voglia di sbattere la testa al muro, magari di sbatterci la loro quando sono di cattivo umore ma questo è quanto. Questo è quello che passa il convento del ceto medio o dell'ex ceto medio che è uscito dall'università o che sta per uscirne.
Penso che da Seattle/Genova in poi abbiamo perso tempo- tanto tempo- e creato dei mostri. Il rifiuto delle categorie marxiste per questi ambienti è naturale, talvolta compiaciuto. E questo è un guaio grosso....
ciao Cristiano, non per ripetermi, ma non a caso nel post precedente a questo, scrivevo:
EliminaSi tratta in buona sostanza, sia dal lato della classe operaia e sia da quello dei suoi rappresentanti politici, interessati solo al potere e alla sua conservazione, di soggetti che per educazione, tradizione, abitudine, riconoscono come leggi naturali ovvie le esigenze del modo di produzione capitalistico, che infine considerano questo sistema, nell’ambito delle sue “libertà”, come la migliore condizione possibile.
sempre un piacere sentirti.
Pensavo praticamente le stesse cose ieri costretto a partecipare da osservatore a una manifestazione contro i pozzi petroliferi in Val d'Agri. Tutti tesi al raggiungimento dello scopo immediato, nessuna o poche domande sull'origine dello stato di cose presenti
RispondiEliminarisolta la grana locale, tutti all'ovile
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