martedì 2 dicembre 2014

Un’attività conforme allo scopo




Se la contraddizione fondamentale del modo di produzione capitalistico è già tutta presente nella forma merce, nel suo essere allo stesso tempo valore d’uso e valore di scambio, il movimento che segna la sua crisi storica è nella legge stessa del suo sviluppo, ossia nella imprescindibile e costante necessità del capitale di sostituire il lavoro vivo con quello morto (*). Il capitalismo è stato, nelle sue forme precipue, il modo di produzione più dinamico e rivoluzionario della storia.

Sul piano pratico, l’appropriazione privata di una produzione resa ogni giorno più sociale dallo sviluppo capitalistico genera una pletora di contraddizioni che nessun sincretismo politico e pratica economica borghese, eludendone il movimento reale, può spiegare nella loro dinamica e superare negli effetti di tendenza.

Nel materialismo dialettico, partendo anzitutto da Marx ed Engels, c’è la possibilità di legare positivamente insieme critica e pratica antagonista. Per quanto ci riguarda, bisogna capire bene che la lotta ideologica è una determinazione essenziale della lotta di classe, senza di essa non c’è teoria, e senza teoria e sviluppo della stessa non c’è organizzazione pratica.

La lotta ideologica è anche lotta contro l’ignoranza, in quanto si propone nel contempo il superamento dell’influenza borghese e di creare la base necessaria di conoscenze per rendere effettivamente possibile organizzare la lotta su un piano di realismo critico-pratico. 

*



Se l’analisi del movimento reale del capitalismo quale formazione economico-sociale costituisce l’imprescindibile e permanente risultato del lavoro e delle scoperte di Marx ed Engels, resta tuttavia sempre aperta, di volta in volta nel mutare delle fasi dello sviluppo del capitalismo, la questione della saldatura della teoria con le lotte sociali.

E ciò registra una difficoltà già in premessa, laddove si consideri che nel modo di produzione capitalistico la divisione tecnica del lavoro si presenta nel rapporto di produzione, in modo molto più netto che nelle formazioni economiche precedenti, come separazione politica tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, che vengono fissati e polarizzati in figure sociali diverse, e contrapposte sul terreno del potere.

Tutti gli sforzi compiuti dalla borghesia, sia sul piano pratico e sia sul piano ideologico, si sono concentrati, specie negli ultimi decenni, nel tentativo, spesso ben riuscito anche grazie a molte complicità, nel contrastare questa saldatura, e dunque anzitutto nello screditare il marxismo scientifico e l’idea stessa della necessità e possibilità di cambiamento, del superamento dello stato di cose presenti (**).

Gli specialisti della borghesia hanno potuto contare per il loro instancabile lavoro sul favore di molti fattori, per esempio sulla vulgata del comunismo di Stato (Marx ebbe a riderne quando lo propose Lassalle, ma queste cose si ignorano o vengono eluse), e sul fatto che nei paesi capitalisticamente più avanzati si sono create le condizioni per l’imborghesimento del proletariato e la costituzione di un’élite politica d’orientamento neoliberale e con una visione crematistica dell’economia.

Si tratta in buona sostanza, sia dal lato della classe operaia e sia da quello dei suoi rappresentanti politici, interessati solo al potere e alla sua conservazione, di soggetti che per educazione, tradizione, abitudine, riconoscono come leggi naturali ovvie le esigenze del modo di produzione capitalistico, che infine considerano questo sistema, nell’ambito delle sue “libertà”, come la migliore condizione possibile.

È nella saldatura del binomio teoria-prassi, così come tra spontaneità e organizzazione politica, che si gioca la partita tra le due parti di umanità che la crisi economica e dei sistemi istituzionali ammalati di cesarismo rende sempre più inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. In questa indecisione e indeterminatezza, che ha motivi sociali oggettivi e viene artatamente alimentata da illusioni elettorali, la borghesia, cioè i padroni del mondo, hanno finora trovato buon gioco.


(*) La legge non descrive il movimento della realtà immediata, ma cerca di coglierne, di là delle forme, la sua necessità. Il fenomeno è sempre più ricco della legge, e ciò è dovuto al fatto che la legge si riferisce solo ai rapporti necessari, generali, stabili, essenziali, tra i lati di un fenomeno o tra fenomeni. Mentre a determinare un fenomeno concorrono sempre, incrociandosi con le sue leggi generali, molte altre leggi particolari. Così come nel caso dei concetti, anche la legge è uno strumento necessario del pensiero per appropriarsi il concreto, per riprodurlo, per dirla con Marx, come suo “concreto di pensiero”. Marx, di conseguenza, nel costruire il modello dinamico del modo di produzione capitalistico non si accontenta di descrivere la genesi, lo sviluppo e la forma più avanzata, a lui contemporanea, di questo modo di produzione (come vanno blaterando gli imbecilli al seguito degli intossicatori specializzati); Marx va bensì a ricercarne le leggi generali e le tendenze necessarie.

(**) La previsione teorica ci indica un possibile, ma il suo completarsi dipende dall’attività sociale degli uomini, dalla lotta di classe. Indicandoci un possibile per noi desiderabile, la previsione teorica influisce sulla nostra coscienza e sul nostro comportamento e sollecita un’attività conforme allo scopo.



Nessun commento:

Posta un commento