Non devono sorprendere le parole
con le quali il presidente del consiglio dei ministri replica alla sorpresa
espressa dal segretario del maggiore sindacato italiano dopo l’incontro con
alcuni ministri che non avevano alcun mandato a trattare: “Se i leader sindacali
vogliono discutere delle leggi, debbono farsi eleggere”. Detto da chi è
diventato presidente del consiglio per nomina e senza passare dalle elezioni,
non è solo iattanza e arroganza, ma il risultato dell’estinzione della sinistra
riformista e della senescenza del sindacato di riferimento.
Tali soggetti politici e sociali
pagano, in generale, lo scotto di una mentalità subalterna non solo alle
politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro
internazionale e interno. Una mentalità che è frutto dello sfarinamento
ideologico, culturale e politico della dirigenza del Pd, ibridata con elementi
provenienti dalle frange più reazionarie del partito cattolico di cui Renzi è
la più chiara espressione.
L’ex sinistra riformista è sempre
stata il migliore alleato della borghesia, dapprima indirettamente col suo
appoggio al socialimperialismo sovietico e poi direttamente con l’adesione
completa al modello americano. Non è casuale che anche grazie a questo appoggio
il maggior successo dell’offensiva propagandistica borghese sia stato quello di
annientare ogni residua coscienza e resistenza di classe, attraverso l’esaltazione esasperata dell’individualismo e l’omologazione
degli stili di vita e di pensiero.
Che sarà mai la coscienza di
classe di questi tempi? Non ho dubbi che qualche sprovveduto in buona fede
possa porsi questa domanda, così come certamente saranno molti i cialtroni ad
irridere questa espressione come qualcosa d’antiquato, d’improbabile e fuori
della storia. E ciò è prova del successo di cui ho detto e della tragica
situazione in cui versiamo.
La “sinistra” ha rimosso e
ripudiato una semplice realtà: che questo mondo è diviso in due parti tra loro
inconciliabili, tra chi sta sotto e chi sta sopra. Gli sfruttati non potranno mai
avere gli stessi obiettivi e interessi dei loro sfruttatori e pertanto lo scopo
strategico fondamentale degli sfruttati non può essere altro che l’eliminazione
delle condizioni dello sfruttamento. E dunque nessuna forma o promessa di
miglioramento momentaneo della condizione degli sfruttati può essere barattata
in cambio della rinuncia a perseguire tale obiettivo strategico, poiché tale
rinuncia porta con sé i germi del tradimento e infine della resa
incondizionata.
Non c'è dubbio, per contro, che l'élite
transnazionale borghese possieda una forte coscienza di classe e una chiara
visione dei propri obiettivi politici. Il risultato pratico raggiunto è dato
dal fatto che miliardi di salariati non hanno consapevolezza della loro forza
potenziale e non riescono ad opporsi efficacemente a poche decine di migliaia
di spocchiosi borghesi che gli succhiano il sangue. L’offensiva a tutto campo
della borghesia, sostenuta in opere ed omissioni dall’oscena “sinistra”
liberista, ha puntato anzitutto a sterilizzare l’idea della possibilità del
cambiamento, ed è perciò che la borghesia s’è affrettata a mettere il proprio
timbro sulla "fine della storia".
Possiamo consolarci con la
partecipazione numerosa a delle manifestazioni di piazza, come quella di sabato
scorso, ma esse non hanno alcuna incidenza pratica sulla linea politica dettata
da Berlino e Bruxelles e posta in pratica in Italia e altrove. Poca cosa potrà
essere anche uno sciopero generale nazionale di qualche ora, posto che esso
raccolga un’ampia partecipazione. Di tutt’altro impatto sarebbero iniziative
coordinate a livello europeo, ma ciò è ancora prematuro. Prima c’è un lungo
percorso da fare, ed è perciò importante partire dalla comunicazione.
La consapevolezza dei propri fini da parte di chi detiene il potere economico e ideologico ha come una delle sue azioni costanti l'accecamento della consapevolezza della massa variegata di persone utilizzate come motore del sistema - deve essere motore cieco, di sé e della condizione tutta in cui è mantenuto - può sfuggire qualche brandello del paesaggio che si sta attraversando e può essere intuita la propria assoluta mancanza di decisionalità sulla destinazione oltre che sulla disposizione e i ruoli dei viaggiatori - allora, strategicamente, contro la coscienza degli sfruttati, che siano classe o altro insieme, il potere usa coltivare la scissione tra conoscenza e affettività, conoscenza e azione, utilizzando l'impegno logorante per la sopravvivenza materiale, l'assillante e statalizzata propaganda religiosa, l'inevitabile pubblicità consumistica di oggetti e modelli di vita, il divertimento fugace, la droga, la paura diffusa e, se non bastasse, il terrore.
RispondiElimina"...ed è perciò importante partire dalla comunicazione."
tre piccole note per spiegare come siamo arrivati fin qui ( e come purtroppo ci resteremo a lungo :-( )
RispondiElimina1) la sconfitta psicologica del movimento dei salariati sta gia' nell' aver accettato di essere inquadrati in " sinistra" , parola che come e' noto nacque per definire l' ala " radicale della borghesia ( e non i loro operai :-) )
2) la sconfitta politica dei salariati origina dall' aver permesso alla propria testa una elite di origine borghese, seppur di "sinistra " . Con queste premesse la trasformazione di un movimento di salariati in un " partito radicalborghese" era solo questione di qualche generazione :-)
3) " l' internazionalismo " del capitale" e' un fatto reale mentre " l' internazionalismo proletario" e' pura speranza . Infatti , i "capitalisti di tutto il mondo" avranno sempre in comune l' interesse a comprimere insieme i proprii salariati, mentre i " proletarii di tutto il mondo " saranno sempre in concorrenza per salvare il proprio salario.
Chi quindi attende l' " internazionalismo proletario" sogna ,niente potra' mai unire l' operaio europeo e quello cinese in quanto i loro , pur ipotetici, termini di relazione resterebbero sempre sotto il controllo delle rispettive boghesie.
E solo quando esse litigheranno fra loro per definire la loro "globale " gerarchia si apriranno " spazii rivoluzionarii"; ma solo all' interno di realta' culturali omogenee come solo e sempre si e' visto nella storia .
NIente speranza quindi per mitiche "rivoluzioni proletarie mondiali", ma solo (poche ) speranze per rare "rivoluzioni in un solo paese".
Che la "cultura" dominante oggi in quel comitato d'affari e macchina scenica che chiamano PD sia la reazione cattolica non è solo una sensazione. E' assolutamente vero. Lo dimostrano alcuni miei conoscenti, renziani sfegatati e clericofascisti nel senso più esistenziale del termine: retrivi baciapile in chiesa, ignoranti di quello che accade fuori dal loro piccolo campanile, violenti contro sindacato e lavoratori e liberisti col culo degli altri, come di regola.
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