Una grande stanchezza emana da
tutto ciò a cui assistiamo, e dunque ci vuole un bel coraggio (chiamiamolo
così, per comodità e con molta approssimazione) ad interessarsi di certe cose e
ancor più scriverle insistentemente in un blog. Della ricchezza e della
povertà, delle disuguaglianze sociali, per esempio, ma anche di tutto ciò che
non rientra nell’immediato chiacchiericcio quotidiano volto al disorientamento.
*
Leggo che la metà dei ricchissimi
è negli Usa, un quarto in Europa, e un quinto in Asia. Sorprenderà, ma il
reddito medio in Italia è tra i più alti del mondo, però va tenuto conto
(altrimenti certe situazioni non si spiegherebbero) che l’Italia, paese in cui
s’annunciano ogni giorno misure di tagli alla spesa sociale e ai redditi più
bassi, è il sesto paese del mondo per numero di superricchi. Va dunque notato,
in riferimento a questi numeri medi, che Trilussa c’entra parecchio e che ormai
in Italia si gestisce prevalentemente il patrimonio acquisito.
Solo delle teste di cazzo possono negare che la
contraddizione economica fra proletariato e borghesia si è sempre storicamente aggravata
nei periodi più prosperi di sviluppo capitalistico, quando l'aumentato del tenore
di vita di certi strati operai, talvolta anche estesi, nascose la diminuita
partecipazione del proletariato al reddito nazionale.
Lo rendo con un esempio: se la
produzione industriale, in un dato periodo, segna un aumento del 50 per cento,
mentre la somma totale pagata in salari sale solo del 20 per cento, nonostante
il relativo miglioramento delle condizioni di vita dei salariati, tale
differenza comporta una diminuzione (o un minor adeguamento, se volete) della
partecipazione operaia al reddito nazionale.
Veniamo al rapporto redatto sul
tema della ricchezza globale da Credit Suisse, la società di servizi finanziari
con sede in Svizzera. Il più ricco un per cento della popolazione mondiale
controlla ora il 48,2 per cento della ricchezza globale, rispetto al 46 per
cento l'anno scorso. Ipoteticamente, se la crescita della disuguaglianza
dovesse procedere al tasso dello scorso anno, il più ricco uno per cento arriverebbe
a controllare tutte le ricchezze del pianeta entro 23 anni.
Lo studio ha rivelato che l’8,6 per cento più ricco della popolazione mondiale, quelli con un patrimonio netto di più di un milione di dollari, controlla l’85 per cento della ricchezza mondiale, mentre il 70 per cento della popolazione, quelli con meno di 10.000 dollari di patrimonio, detiene un misero 2,9 per cento della ricchezza globale.
E, si badi, tutto ciò avviene
mentre si parla e straparla di recessione. È evidente che chi paga gli effetti
della crisi non sono i ricchi e tantomeno gli straricchi, tanto è vero che il
rapporto dice che continua una tendenza che ha visto aumentare la ricchezza
globale ogni anno dal 2008. Se le cose stanno così, cioè se la ricchezza
globale è cresciuta dell’8,3 per cento l'anno scorso, il più alto incremento
mai registrato, e la maggior quota di essa è appannaggio dei più ricchi, ciò
significa che la crisi avvantaggia chi è già ricco ed è dunque funzionale ai
padroni del mondo. Chi paga, dunque, è sempre il lavoro.
Credit Suisse, dice che il capitale si sta ritirando dal settore della produzione per concentrarsi in quello finanziario e del commercio, segno questo – ma si tratta di una mia traduzione – che un’economia esausta si accinge con zelo a racimolare gli ultimi benefici concentrandoli in un circuito speculativo internazionale la cui inutilità è quotata in borsa. Credit Suisse, a tale riguardo, avverte che le politiche attuate nel corso degli ultimi sei anni hanno creato solo le condizioni per un nuovo collasso finanziario, ma sappiamo bene quanto freghi un cazzo a nessuno.
Senza assolutamente contestare il dato che il capitale si stia ritirando dalla produzione per concentrarsi nella finanza e nel commercio, curioso sarebbe sapere quanta "concreta" porzione di mondo esso possiede, in termini di latifondo, immobili e metalli preziosi e altra merce comprata per il prestigio o l'uso. Sapere questo e pubblicarlo nell'eventualità che noi "zombi", quando ci sarà il (o un) collasso finanziario globale, decidessimo di andare ad addentare la lor "ciccia".
RispondiEliminaa noi è sufficiente sapere che detiene e controlla: mezzi di produzione, catene di distribuzione, banche, media ...
Eliminainsomma un po' di verghiana "roba"
C'è chi afferma senza battere ciglio che per la crescita è necessaria la disuguaglianza, così si può distribuire un pò di ricchezza per tutti, che con l'uguaglianza c'è invece solo povertà per tutti, come la Storia ha dimostrato ampiamente (Urss e così via).
RispondiEliminaErgo, secondo queste teste fine numeri come quelli snocciolati dal rapporto di Credit Suisse indicherebbero in realtà che si è in una direzione normale globalmente, al peggio quei valori non indicano un problema.
Nota finale, sentito da un genio di tal calibro, "ma poi vogliamo mettere ad esempio quanti smartphone connessi a Internet ci sono in giro in Italia, ma di che parliamo, ma quale crisi, la crisi è nella testa di inutili sfigati fancazzisti che non sono capaci di mettersi in gioco, questa è la verità, signori miei...".
E buonanotte.
Saluti,
Carlo.
Ciao Olympe.
RispondiEliminaVolevo chiederti, ma la ricchezza globale che è cresciuta dell’8,3 per cento l'anno scorso, (il più alto incremento mai registrato) è sinonimo di crescita, cioè, di quella crescita che latita e di cui i nostri politicanti ogni giorno se ne lamentano?
Ciao da Franco.
giusta osservazione. pare proprio di sì
Eliminaciao
Quello che la Storia ha dimostrato ampiamente è che quando i villaggi umani stanziali diventarono sempre più abitati, popolati e complessi, ebbero origine la STRATIFICAZIONE E LE DISUGUAGLIANZE SOCIALI. L’allevamento, l’ agricoltura ed i beni che ne derivarono, diedero inizio a qualcosa di completamente nuovo nella società umana, ovvero la proprietà privata. Fino ad allora tutto era di tutti, le case erano tutte uguali a testimonianza che non vi fossero lussi e privilegi per nessuno; anzi lo stesso concetto di privilegio era un taboo. Adesso con tanto bestiame, terreni, prodotti della terra, carne, utensili, ceramiche etc., da possedere, gli individui iniziano contese e dispute su chi possieda quanto e cosa. In effetti furono questi i pretesti per la creazione di una sorta di comitato di saggi che giudicasse e risolvesse le questioni del villaggio. Aumentando la popolazione che viveva aggruppata, concetto assolutamente nuovo visto che nel passato da nomadi gli uomini che avevano dispute semplicemente prendevano strade diverse, gli esseri umani dovettero imparare a gestire le crisi, i conflitti e le dispute. Beni che prima non esistevano dovevano adesso venire organizzati e posseduti. Bel problema…
RispondiEliminaSi provò a risolvere il problema con un comitato di anziani, ma pian piano il leader del comitato si trasformò in un reuccio del grande villaggio, utilizzando la religione come pretesto ed iniziando a controllare il commercio e le attività agricole, sociali ed economiche. Come conseguenza, questi reucci iniziarono il prelievo di alcune risorse per loro ed il loro “stato” elitario-aristocratico. In ogni caso la violenza ad uso interno veniva esclusa a priori in questo tipo di società e gli individui versavano questi tributi in modo pressoché spontaneo, convinti del fine religioso.
Da allora non è MAI cambiato niente: I NOSTRI STANDARD DI VITA SONO INCOMPATIBILI CON LA LORO AVIDITA’.
Saluti Olympe