Il poetico Gilioli vuole
sopprimere “il diritto al lavoro”,
rivendicando con ciò la gratuità di beni e servizi primari. Peccato non averci
pensato prima. Osserva che si tratta di distribuire al meglio il lavoro e la
ricchezza prodotta. Vediamo se le due cose stanno insieme oppure fanno a calci
nelle parti basse e a cazzotti sui denti.
Il lavoro, per chi non possiede
mezzi propri di sostentamento e in una società divisa in classi, è anzitutto un
obbligo assoluto, non già un diritto (chiedere
dati all’Istat sulla disoccupazione). Per chi non possiede che le proprie braccia, tale obbligo si
esprime in una sola forma,
mascherata sotto varie denominazioni: lavoro schiavile, servile, subordinato,
salariato, ecc.. Ognuno può scegliere la declinazione che più gli piace fino al
punto di chiamare questa società liberale e democratica, la più adatta a
sviluppare il talento e a garantire le pari opportunità.
Sopprimere il diritto al lavoro,
come chiede Gilioli, significa anzitutto sopprimere
il bisogno su cui regge la società borghese, e dunque il rapporto tra
capitale e lavoro, tra comando e schiavitù (o altrimenti denominato, per
esempio suggerisco: tra imprenditoria e maestranze suona fine, sindacalmente
corretto e mediaticamente aulico).
Ci sarebbe poi da chiarire se il
reddito cui allude Gilioli dovrebbe essere sufficiente a garantire ciò che è
necessario all’operaio per vivere come uomo oppure quel tanto per sopravvivere come
operaio, ossia come un individuo che propaghi l’umanità o invece come elemento stazionario
di quella classe di schiavi che è la classe degli operai. È questo un punto essenziale
più di quanto un borghese creda, e sicuramente sul tema i talk show ritornerebbero
a livelli di share accettabili per i pubblicitari.
E bisognerebbe sancire di buon
proposito, magari dando mandato al prof. Rodotà di scriverne la pecetta da
inserire nei principi fondamentali della Costituzione, che il fine di questa
società è appunto quello di destinare la maggior ricchezza alle sorti
magnifiche e progressive dei salariati, magari sotto forma di stock options, di
modo da attenuare le invidie tra ricchi e poveri. E così scopriremo finalmente
che il proletario non vive solo come lavoratore, ma più o meno in ozio e bevendo
sciampagna a carico dei profitti dei capitalisti. Oh, yes.
Per chi avesse frequentato pur di
sfuggita certe letture, questo tipo di riforma del capitalismo mi ricorda da
vicino quella proposta a suo tempo da un certo Proudhon, molto ammirato da
Scalfari e da Craxi (ricordo una copertina in particolare proprio dell’Espresso).
*
La proprietà dei mezzi di
produzione è data nell’attuale società prevalentemente nel possesso privato di
essi. Dal punto di vista sostanziale e giuridico, tale proprietà va sotto il
nome di capitale. Lo scopo
fondamentale del capitale è la sua valorizzazione. Il capitale esiste in quanto
esiste la forza-lavoro: non esiste
capitale senza il suo antagonista. Il capitale quindi è un rapporto
sociale, di natura dialettica. Ed è da questa dialettica sociale che si genera
il processo di valorizzazione. Chiedere al capitale, oltretutto in una
situazione di depressione e di accentuata tendenza alla caduta del saggio del
profitto, di cedere maggiori quote di plusvalore per mantenere in ozio i
salariati, o comunque per farli lavorare di meno, è una proposta fuori dal mondo,
almeno da quello dominato dalle leggi del profitto. A meno che Gilioli all’uopo
non riesca a raggranellare cospicue risorse facendosele dare dalla Merkel.
Inoltre il capitale ha la necessità
di estendere quanto è possibile lo sfruttamento del lavoro, non può
accontentarsi del plusvalore relativo, punta al plusvalore assoluto per ragioni
che Gilioli certamente ha studiato in gioventù. Che cosa significa in concreto?
Si tratta di tutti i metodi che cercano di espandere, a parità di altre
condizioni, il lavoro assoggettato al capitale. Tra questi il più classico è il
prolungamento della giornata lavorativa, che consente di ampliare le ore di
pluslavoro quando siano date e costanti le ore di lavoro necessarie alla
riproduzione della forza-lavoro (lavoro necessario). Perciò andiamo,
come dimostrano le evidenze quotidiane, dalla parte opposta rispetto a dove
dice di andare Gilioli.
E allora, perché parlare di corda
in casa dell’impiccato? Da che cosa nascono gli equivoci di cui s’ammantano le
belle anime che vogliono sopprimere il carattere duro e puro del capitalismo e
i suoi effetti più sgradevoli?
La borghesia ha tutto l’interesse
a rappresentare il carattere sociale del processo di produzione nella
materialità delle cose, e perciò spostare tutta l’analisi del processo
capitalistico. In tal modo il capitale
non viene analizzato nel rapporto sociale che produce plusvalore, ma nelle
sue forme asettiche di investimento, eccetera, considerate come fonti diverse e autonome di “accrescimento”.
E dunque anche il plusvalore e la sua redistribuzione sociale viene del
pari analizzato nelle mere forme di tale “accrescimento”!
Credo dunque di aver spiegato dal
mio punto di vista i motivi, per nulla inconsci, di certe sparate.
"Da che cosa nascono gli equivoci di cui s’ammantano le belle anime che vogliono sopprimere il carattere duro e puro del capitalismo e i suoi effetti più sgradevoli?"
RispondiElimina“Il capitalismo è il peggiore sistema sociale ad eccezione di tutti gli altri”. Nel peggio c’è però un aspetto che è la sua forza: consente con spassosa ironia, a tanti corifei del moralismo spicciolo e dell’uguaglianza utopica, roba da cui si tirano accuratamente fuori, di viverci sopra, lautamente.
[...] cioè il buttar via la propria esistenza in un ufficio, in una fabbrica, in un cantiere.[...] scrive il dott.Giglioli nell'articolo in rimando.
Bene dott.Giglioli, blogger (sarà un mestiere?), nel prossimo sistema sociale ci sarà una parte che passerà dalla betoniera alla tastiera mentre tu transiterai dalla tastiera alla betoniera.
Caro Presidente Zedong, come avevi ragione.
non serve passare dalla dalla tastiera alla betoniera,si può restare alla tastiera a caricare ordini, fare fatture e stampare statistiche, non c'è tempo per la noia e non butterai via il tuo tempo, soprattutto non lo butterà via il padrone. vogliono abolire il diritto al lavoro, quando basterebbe abolire li potere di comandare sopra il lavoro altrui e con ciò stesso la proprietà privata dei prodotti del lavoro altrui. È il potere d'acquisto del capitale che nessuno può contrastare, ricordando che il capitale non avrebbe nessun interesse ad assumere gli schiavi se dalla vendita dell'opera di costoro non si ripromettesse di ricavare più di quanto spende in salari. Gilioli vuol dividere questo di più tra gli operai per poterli mantenere in ozio o farli lavorare di meno. è una buona idea, ma non può SVILUPPARSI PACIFICAMENTE e non potrà realizzarsi che IN MODO ANIMATO ...
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