venerdì 30 maggio 2014

Non è un complotto, è una convergenza d'interessi


Enormi trasformazioni dei processi produttivi e della distribuzione delle merci stanno cambiando e muteranno sempre più radicalmente la faccia del mondo. Di questo fatto le istituzioni politiche affermano di avere consapevolezza, ma si comportano come se ciò non avesse rilievo sotto il profilo dei rapporti sociali, anzitutto per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, a cominciare dai suoi aspetti normativi, e anzi le “riforme” adottate procedono addirittura in senso contrario a quella logica nuova che invece sarebbe auspicabile e ci si attenderebbe.



Non è dunque casuale che aumenti la disoccupazione, crisi o non crisi, e i salari reali diminuiscano, che il potere economico si concentri ulteriormente e la forbice tra ricchezza e povertà si divarichi sempre più. Non è casuale che la consapevolezza del problema sociale da parte delle istituzioni politiche si traduca in misure temporanee quali i cosiddetti ammortizzatori sociali e simili sussidi. C’è in tutto questo una ragione di natura ideologica dibattuta un po’ da tutti negli ambienti più critici, ma la ragione più profonda riguarda la natura stessa delle leggi che governano il modo di produzione capitalistico, e però di questo non si parla perché la discussione sul tema è tutta orientata verso gli aspetti della circolazione e dei relativi fantasmi.

Gli interessi fortissimi su cui poggia il sistema favoriscono una visione della realtà adeguata a garantirli, e pure laddove la critica economica e politica si esprime nei toni più decisi di denuncia delle distorsioni provocate dal sistema, essa si limita poi a proporre riforme che hanno lo stesso effetto della rugiada nell’arsura, poiché sa bene che l’unico reale rimedio a questo stato di cose riguarda il sovvertimento radicale del sistema capitalistico, compito ritenuto non solo inattuale ma foriero di avventure novecentesche.

A fronte di tutto ciò, e nonostante talune apparenze elettorali, peraltro assai contraddittorie, c’è da aspettarsi un’esasperazione progressiva delle tensioni sociali, ed è appunto per questo, nel processo storico contraddittorio della fase, che frazioni importanti della borghesia spingono verso forzature nazionalistiche e antieuropeistiche indicando falsi obiettivi verso cui indirizzare la protesta sociale. Questa strategia è condotta assai bene e con grande supporto mediatico, coinvolge trasversalmente soggetti di ceti sociali diversi, sollecitando e aggregando interessi eterogenei e a volte perfino opposti e contraddittori.

Non si deve pensare a tutto ciò come a un piano dettagliatamente premeditato, ad un complotto, bensì ad una tendenza oggettiva di ambienti politici ed economici che hanno interesse a sostenere e a promuovere mediaticamente – soprattutto nei momenti in cui è più calda la tensione sociale – gruppi politici che solo apparentemente si pongono contro il sistema, muovono in nome della giustizia sociale e di un buon governo contro le caste politico-affaristiche e gli autocrati della UE, ma in realtà non rappresentano un effettivo antagonismo di classe e dunque un reale pericolo per il sistema capitalistico.

Del resto, come si potrebbe pensare che i fascisti dei Le Pen rappresentino una minaccia per l’ordine economico e sociale francese ed europeo laddove, peraltro, si consideri che il FN alle legislative praticamente non esiste, e alle europee ha bensì raccolto il 25% dei voti, ma sul 40% degli aventi diritto, e dunque rappresenta, nell’insieme del corpo elettorale, qualcosa che non va oltre il 6-7 per cento. L’enfasi per questo risultato è stata posta dai media, e ciò deve appunto far riflettere su quali paure è stimolata e cavalcata la risposta sociale.


Lo stesso discorso vale grossomodo per il M5S, ma è già stato fatto e non vale ripetere.

3 commenti:

  1. Quella che tu chiami “convergenza d'interessi” secondo me è proprio la perfetta descrizione del complotto.
    Un complotto è una strategia attuata da “complici” per perseguire un interesse comune.
    E’ il piano della banda bassotti per la rapina in banca dove poi uno fa il palo, l’altro tiene a bada gli ostaggi mentre gli altri aprono la cassaforte e prendono i soldi. Un “piano” (strategia) studiato per rubare senza farsi acchiappare.
    I politici di bassa lega, parafrasando, sono quelli che mettono la refurtiva nei sacchi; il palo (e chi controlla gli ostaggi) sono i vari capi di governo, ministri, giornalisti, etc. ed il “piano della rapina” viene redatto direttamente dai banchieri. I banchieri, continuando nella parafrasi, sono quelli che anticipano i soldi per le spese, l’auto veloce, la fiamma ossidrica e le pistole. E siccome costoro, a differenza della banda bassotti, non vengono mai smascherati e catturati, di tanto in tanto si riuniscono in qualche lussuoso albergo per festeggiare e progettare nuove avventure.
    Tale complotto, nelle fasi preliminari, prevede proprio di accendere e spegnere (fomentando, finanziando, condizionando) uno o più movimenti (politici e di persone) in cui convogliare la rabbia degli incazzati (il popolo, i derubati, gli schiavi). Senza un buon tiraggio (canna fumaria) il fuoco non prende fuoco. Fare sfogare è la regola base, la fogna che porta i rifiuti al mare. A tal fine si arriva, nel caso, ad organizzare veri e propri gruppi terroristici per dare ai più depressi ed arrabbiati l’illusione di un comunque sempre possibile riscatto. E si scomoda, se serve, anche la mafia (vedi trattativa stato-mafia).
    Uno schema perfetto. E che, finora, ha sempre funzionato alla grande.
    Ciao

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    1. c'è il sole a Napoli? qui diluvia, è autunno da ormai otto mesi
      ciao

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    2. C'è sole e si sta bene. E' l'unica cosa buona che c'è (assieme alle pizze ed al buon cibo ed alle donne che espongono le proprie bellezze). Domenica andrò a mare se tutto va bene (a Positano o a Nerano sulla costiera amalfitana).
      Che arrivi presto il sole anche da te. Ciao

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